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 2024  dicembre 20 Venerdì calendario

Biografia di Emmanuel Macron (Emmanuel Jean-Michel Frédéric M.)

Emmanuel Macron (Emmanuel Jean-Michel Frédéric M.), nato ad Amiens (Somme, Francia) il 21 dicembre 1977 (47 anni). Presidente della Repubblica Francese (dal 14 maggio 2017, rieletto il 24 aprile 2022). Già ministro dell’Economia, dell’Industria e del Digitale (2014-2016). Fondatore (6 aprile 2016) ed ex presidente (2016-2022) de La République En Marche. Dal 2022 presidente onorario di Renaissance.
Titoli di testa «L’obiettivo è quello di ascoltarvi».
Vita Figlio di Jean-Michel Macron, neurologo, e di Françoise Noguès, medico pediatra. Fondamentale nella sua formazione fu la nonna materna, «l’amatissima Manette Noguès, […] il faro e il baricentro della sua vita e cioè la donna che aveva creduto in lui, che l’aveva formato, aveva saputo spronarlo e premiarlo, svezzarlo e educarlo, prof […] ma figlia di un capostazione e di una cameriera analfabeta, col culto della meritocrazia repubblicana. Era un’eccentrica che non aveva tempo di cucinare, e recitava a memoria i versi di Baudelaire e Lautréamont. Per quel nipote prediletto, nato dopo la morte di una sorellina in fasce, rappresentava l’amore senza riserve e la conferma di un destino speciale» [Marina Valensise, Foglio 2017] • Macron ha un fratello, Laurent, del ‘79, radiologo, e una sorella, Estelle, nata nel 1982, nefrologa • A 12 anni, ha chiesto di essere battezzato. • Sognava di diventare attore. Un ex compagno di classe ha persino raccontato a Parisien Magazine che Macron aveva partecipato al casting per un film con protagonista Jean-Pierre Marielle (Le grand Meaulnes). Non venne però scelto • Studiò dapprima ad Amiens in un istituto gestito da gesuiti, quindi a Parigi presso l’esclusivo Lycée Henri-IV, diplomandosi nel frattempo in pianoforte al Conservatorio di Amiens. Dopo aver vanamente tentato per due volte di accedere all’École normale supérieure, frequentò in parallelo l’Istituto di studi politici di Parigi (Sciences Po) e la facoltà di Filosofia dell’Università di Parigi-Nanterre, completando entrambi i percorsi di studio; nel frattempo lavorò come assistente editoriale del filosofo Paul Ricoeur, all’epoca impegnato nella stesura della sua ultima opera, La mémoire, l’histoire, l’oubli. Seguì, tra il 2002 e il 2004, l’elitaria École nationale d’administration (Ena), storica fucina della classe dirigente francese. «Uscito a pieni voti dall’Ena, Macron entra come funzionario nel prestigioso Ispettorato delle finanze, dove incontra Jean-Pierre Jouyet, […] uomo per tutte le stagioni e figura emblematica del potere occulto della Quinta Repubblica. […] Sotto l’ala protettiva di Jouyet, a neanche 30 anni il giovane Macron è nominato dal presidente Sarkozy membro della prestigiosa Commissione Attali, un think-tank che riunisce i grandi imprenditori e uomini di affari francesi […] e che ha lo scopo di formulare le linee di politica economica da suggerire al governo. Qui Macron conosce Serge Weinberg, che lo fa entrare alla Rotschild Bank, dove lavora per quattro anni pilotando una fortunatissima operazione finanziaria da nove miliardi di euro, diventando a sua volta milionario: l’acquisto di una filiale della Pfizer da parte del gruppo Nestlé. “Se fosse rimasto nel settore delle banche private, sarebbe diventato il migliore negoziatore in tutta Europa”, commenta François Henrot, braccio destro di Édouard de Rothschild, quando Macron decide di rientrare in politica. È il 2012, e Jouyet lo vuole come vicesegretario all’Eliseo. Anche Hollande rimane folgorato dall’entusiasmo e dall’iperattivismo di Macron, tanto che nel 2014 lo nomina ministro dell’Economia del governo Valls» [Daniele Zaccaria, Il Dubbio] • In tale veste, «tra i suoi interventi c’è addirittura la legge sul lavoro che porta il nome della ministra El Khomri, il Jobs act alla francese, e che trascinerà nelle piazze centinaia di migliaia di francesi. Lui la difende, e anzi chiede di andare oltre, modificando il limite massimo delle 35 ore settimanali per ciascun dipendente: è il segno che il ragazzo può parlare a un elettorato non solo socialista» [Martina Castigliani, ilpaese.ch] • «Da responsabile del dicastero di Bercy si è anche occupato dello spinoso caso Renault, per risolvere il quale fece salire lo Stato dal 15 al 20% del capitale della casa automobilistica controllata dalla giapponese Nissan» [Giuseppe Baselice, firstonline.info] • «Era il 31 agosto 2016, e il ministro dell’Economia Macron lasciava il governo Valls dopo due anni di lavoro sotto la presidenza di François Hollande. Lui, pupillo dell’ex presidente uscente, aveva creato ad aprile 2016 il movimento “En Marche!” facendo credere a tutti che la sua fosse una specie di formazione giovanile per rilanciare il partito. Aveva altro in testa. La corsa di Macron comincia così sul finire dell’estate, e in pochi mesi il 39enne può ambire alla poltrona della presidenza. A settembre qualcuno ci prova, a implorarlo di restare: “Che partecipi alle primarie”, gli dicono da più parti. Ma questo avrebbe voluto dire sfidare l’ex primo ministro Manuel Valls e logorarsi, secondo la sua ottica, nelle lunghe battaglie politiche interne. Quindi, senza pensarci troppo, e mentre tutti lo accusano tra i drammi di essere un traditore, rinuncia e va per la sua strada. I francesi […] decidono di premiarlo: il solo fatto di aver sbattuto la porta in faccia al partito gli fa ottenere l’etichetta di anti-sistema. La magia a Emmanuel Macron riesce in poche settimane: ex ministro dell’Economia in uno dei periodi più difficili in quanto a tagli e manovre per la presidenza Hollande, ma soprattutto ex banchiere a Rothschild, […] diventa all’improvviso il giovane rampollo che sfida l’establishment. Nemmeno il fatto di aver studiato all’Ena (École nationale d’administration) gli fa perdere consensi. […] In un clima di disaffezione alla politica e rabbia sociale, Macron arriva sulla scena con i modi felpati del vincitore. Rompe gli indugi il 16 novembre mentre è in visita a un centro di formazione per i lavoratori a Bobigny, banlieue di Parigi che mesi dopo sarà protagonista di rivolte per lo stupro di un ragazzo da parte della polizia. “Voglio unire i francesi, non la destra o la sinistra”, dice il neocandidato. È l’inizio di un’operazione per convincere tutti che lui è la soluzione per la Francia. […] La verità è che a Macron viene facile, e lo aiutano tutti […].In tutta la campagna fa un solo passo falso, quando va in visita in Algeria: definisce la colonizzazione un crimine contro l’umanità e si guadagna le critiche di chi lo accusa di voler rinnegare la storia della Francia. La risposta rievoca uno dei suoi modelli, Charles de Gaulle: “Je vous ai compris”, dice chiedendo scusa. Funziona. Come funziona lo stesso tono che usa al grande meeting di Lione a inizio febbraio: “Je vous aime farouchement”, dice con le mani aggrappate al suo leggio, che significa più o meno “vi amo ferocemente” [o fermamente, ndc]. Le frasi sono sempre quelle: “Io sono pronto”, “Sono qui per guidarvi e per proteggervi”. Quasi sussurra ai francesi, e loro ci credono, che andrà tutto bene» [Castigliani, cit.] • Impostosi nell’arco di pochi mesi all’attenzione dell’elettorato grazie alla sua pretesa autonomia dai partiti tradizionali e a un programma sostanzialmente liberaldemocratico e marcatamente europeista che lo contrapponeva ai contendenti «anti-sistema» di destra e di sinistra, il 23 aprile 2017, al primo turno delle elezioni presidenziali (cui partecipò il 77,77% degli aventi diritto), Macron risultò con il 24,01% dei consensi il candidato più votato, superando di misura la candidata del Front national Marine Le Pen (21,30%), a propria volta seguita a breve distanza dal repubblicano François Fillon (20,01%) e dal radicale di sinistra Jean-Luc Mélenchon (19,58%). Assai netta fu invece due settimane dopo, il 7 maggio, la sua vittoria al secondo turno (cui partecipò il 74,56% degli aventi diritto), in cui batté la Le Pen grazie al 66,10% dei consensi, diventando così, a 39 anni, il più giovane presidente francese della storia e il più giovane capo di Stato francese dai tempi di Napoleone. «I voti che Macron riceve al secondo turno delle presidenziali non sono pochi. […] I sondaggi di opinione, però, non rivelano un grande consenso (45%). Sarkozy e persino Hollande avevano iniziato meglio; solo Chirac era meno amato. La primissima fase vede comunque una tenuta dei consensi. Poi cominciano a pesare le Macronades (o, in tono più dispregiativo, le Macroneries): le gaffe del presidente […]. A luglio si assiste anche alla prima crisi istituzionale: Macron rimprovera pubblicamente, senza nominarlo, il capo delle forze armate Pierre de Villiers, che, messo di fronte ai tagli alle spese militari, aveva dichiarato: “Non mi lascerò fottere (baiser, in francese, ndr) così”. Villiers si dimette, scatenando le polemiche. I suoi consensi calano fino al 30% in un sondaggio YouGov di agosto. Poi, da settembre, e inaspettatamente, le quotazioni di Macron aumentano. I sondaggisti sono sorpresi: non è mai accaduta una ripresa così decisa. In questa fase Macron vara le sue prime riforme, e nel discorso della Sorbona a settembre riesce – unico leader del Vecchio Continente – a proiettare il tradizionale nazionalismo del Paese in uno scenario europeo ed europeista. A dicembre, un sondaggio gli accredita un 54%, ma anche il più severo YouGov gli attribuisce un 41%. A gennaio 2018, una nuova inversione di marcia. Scatta l’aumento delle contributions sociales généralisées, imposte destinate a finanziare i servizi sociali. Per i pensionati, in particolare, passano dal 6,6% all’8,3%, con una perdita del potere d’acquisto: è proprio questo il tema dominante nel dibattito pubblico (aumentano pure le accise sui carburanti). Da allora uno scossone dopo l’altro. Si dimettono tre ministri in tre mesi […]. Ad agosto il consenso per Macron scivola fino al 23%, e passa al 21% a fine ottobre» [Riccardo Sorrentino, Sole] • A metà ottobre 2018 aveva iniziato a prendere forma la protesta dei cosiddetti «gilet gialli», «movimento sociale nato spontaneamente sul web per denunciare l’aumento delle tasse sui carburanti. Il 10 dicembre, esasperato dall’assedio sempre più violento dei manifestanti e spaventato dal crollo verticale dei suoi consensi (secondo alcuni sondaggi sarebbe stato superato dalla Le Pen), Macron capitolò. «In un discorso di 13 minuti andato in onda al tg delle 20 e registrato poco prima all’Eliseo, Emmanuel Macron si è finalmente rivolto ai francesi dopo i giorni dei disordini e delle invocazioni al ripristino dello stato di emergenza. Ha detto di comprendere una “collera profonda, che sento come giusta sotto molti aspetti. Può essere la nostra opportunità”. Il presidente ha per prima cosa condannato le violenze promettendo che “non beneficeranno di alcuna indulgenza”. Un preambolo atteso dalla grande maggioranza dei francesi, che non è mai scesa in strada con i gilet gialli. Ma poi, invece delle misure speciali per l’ordine pubblico di cui si è parlato dopo i saccheggi e gli incendi a Parigi e nel resto della Francia, Macron ha decretato simbolicamente uno “stato di emergenza economico e sociale” accogliendo alcune richieste fondamentali dei gilet gialli e mostrando di avere capito il “momento storico”, così lo ha definito, vissuto dal Paese. […] In concreto, il presidente ha annunciato l’aumento di 100 euro dello Smic, il salario minimo (oggi a 1.184 euro netti) percepito da 1,6 milioni di persone, e “senza alcun costo per il datore di lavoro”. A partire dall’inizio del 2019 gli straordinari saranno pagati senza tasse né contributi, i bonus di fine anno saranno defiscalizzati, e soprattutto i pensionati che prendono meno di 2.000 euro al mese non dovranno più pagare l’aumento dell’imposta Csg giudicato odioso dai gilet gialli e riconosciuto come “ingiusto” da Macron. […] Il presidente ha poi annunciato di riflettere a una riforma della legge elettorale. […] Nonostante gli sforzi evidenti, Macron non ha potuto abbandonare quell’aria da giovane tecnocrate che tanti gli rimproverano, e che lo ha accompagnato anche quando nel finale ha toccato la corda dei sentimenti pronunciando parole come “La mia sola preoccupazione siete voi. La mia unica lotta è per voi. La nostra sola battaglia è per la Francia”. Ma per la prima volta Macron ha mostrato che è capace di cambiare idea e di riconoscere i propri errori: una prova di maturità offerta ai gilet gialli e soprattutto ai tanti francesi che lo hanno portato all’Eliseo, non un secolo ma 18 mesi fa. “Ho ferito alcuni di voi con le mie dichiarazioni”, ha ammesso Macron. E ancora: “Non siamo riusciti a rispondere alla vostra collera”» [Stefano Montefiori, Cds] • «Diciamo la verità, senza malinconia: il liberalismo se l’è fatta sotto, e non è mai stato un pugile ben allenato nel ring della politica» [Giuliano Ferrara, Foglio] • Poi von Il Grand Débat National, promosso dal presidente dopo la tempesta dei Gilets jaunes per avviare un meccanismo partecipativo, lo aveva in qualche modo rilegittimato, riaccendendo speranze • Candidatosi per un secondo mandato alle presidenziali del 2022, ha riportato al primo turno svoltosi ad aprile il 27,6% delle preferenze contro il 23,4% aggiudicatosi dalla sfidante M. Le Pen, che ha sconfitto al ballottaggio tenutosi nello stesso mese con il 58,5% dei consensi • Nel 2020 si trova, come tutti i leader, a far fronte alla pandemia (« les non-vaccinés, j’ai très envie de les emmerder») • Nel 2022 offre appoggio totale all’Ucraina invasa dalla Russia. Prova, invano, a fare da mediatore con Putin. Manda armi e sistemi di difesa a Kiev. Provoca il Cremlino sostenendo di voler mandare anche truppe di terra («La Russia non può e non deve vincere»). Su quest’ultimo punto però non ha convinto i suoi partner europei • Nel 2023 la riforma delle pensioni: «L’erosione dei consensi accordati agli organi di governo ha trovato ampia conferma nelle violente manifestazioni di piazza verificatesi nel marzo 2023 a seguito della riforma del sistema pensionistico decisa dal presidente Macron senza assenso del Parlamento, e approvata dal Consiglio costituzionale nonostante l’ampio dissenso popolare e dei partiti di opposizione. I risultati delle elezioni europee svoltesi nel giugno 2024, alle quali il partito Renaissance (denominazione assunta nel 2022 da En marche!) ha ottenuto il 15% circa dei consensi a fronte del 31,5% aggiudicatosi dal Rassemblement national di Le Pen, guidato dal 2022 da Jordan Bardella, hanno indotto l’uomo politico a sciogliere le camere e a convocare elezioni anticipate, fissate al 30 giugno, in vista delle quali ha attuato una forma di desistenza, aprendo ai candidati costruttivi, atti alla ricostruzione di un fronte repubblicano. Al primo turno delle consultazioni il blocco presidenziale Ensemble si è collocato come terza forza politica del Paese con il 20% delle preferenze, preceduto dal Rassemblement national (33,1%) e dalla coalizione di sinistra Nuovo fronte popolare (28%); il risultato è stato rovesciato al ballottaggio, al quale Ensemble è stata superata di stretta misura (168 seggi) dal blocco delle sinistre del Nuovo fronte popolare (182 seggi), mentre il Rn ha raggiunto solo il terzo posto (143 seggi). Nel settembre 2024, dopo le dimissioni del premier in carica Gabriel Attal e a seguito di complesse contrattazioni, Macron ha nominato Michel Barnier alla guida di un governo di transizione» [Treccani] • Barnier, tre mesi e una legge di bilancio dopo, è stato sfiduciato dall’estrema destra di Le Pen e dall’estrema sinistra di Mélanchon. Macron, che a dimettersi non ci pensa proprio («Sono stato eletto due volte»), s’è ritrovato a dover nominare un nuovo primo ministro (legge francese vuole che non si possa andare a nuove elezioni per almeno un anno – quindi luglio 2025 – a meno che il presidente non si dimetta) • Dopo giorni di consultazione, venerdì 13 dicembre, ha nominato a sorpresa il centrista MoDem François Bayrou, sindaco di Pau. «E Bayrou contro le indicazioni dell’Eliseo, ha scelto di aprire le danze a Matignon chiamando per prima Marine Le Pen e il suo Rn: “Siamo stati ascoltati, ma è troppo presto per dire se le nostre proposte saranno accolte, mi rassicurano le azioni, non le conversazioni”» [Giornale] • A suo avviso il macronismo è finito? «È una domanda complicata. Anzitutto, con l’ultima riforma presidenziale è stato introdotto il limite dei due mandati consecutivi, quindi se Macron arriva al 2027 non potrebbe ripresentarsi. Secondo alcune voci potrebbe però tornare dopo un intervallo: è ancora giovane, potrebbe cercare di riconquistare l’Eliseo nel 2032. Tuttavia, non solo il presidente, ma il macronismo stesso esce indebolito da questa fase». Se è al crepuscolo, che eredità lascerà alla Francia? «Oggi Macron è il presidente più impopolare di tutta la storia della Quinta Repubblica. E non si capisce cosa sia il macronismo: naviga a vista, con un colpo a destra e uno a sinistra. Non emergono più le grandi linee tranne una: il suo pro-europeismo, il filo rosso dal 2017 ad adesso, rimane come zoccolo duro. Tuttavia, è indebolito anch’esso in Europa perché Macron non ha più il peso del primo mandato – quando era un presidente giovane e innovativo – né la capacità di attrazione e il fascino che conquistavano una parte dei francesi e degli europei». C’è una tenaglia tra Marine Le Pen, da destra, e Jean Luc Mélenchon, da sinistra, che punta a scalzarlo dall’Eliseo in anticipo. Il presidente sembra deciso a resistere. Lei quale scenario considera probabile, considerando che non si può votare per rinnovare il Parlamento prima di luglio prossimo? «Bisogna vedere anzitutto se il premier incaricato Francois Bayrou riuscirà a formare un governo ed andare avanti. Per ora siamo di fronte a due novità incredibili che fanno pensare all’Italia. Intanto, il presidente della Repubblica per la prima volta ha convocato i partiti per le consultazioni prima della nomina di Bayrou, che poi non era la sua prima scelta. In secondo luogo, proprio in queste ore, il premier incaricato sta ricevendo anche lui i vertici dei partiti in una sorta di consultazioni ufficiali. Anche questo è un fatto senza precedenti». Può farcela Bayrou? «Sono molto prudente. Se riesce a formare un governo potrebbe farcela fino all’estate prossima senza venire sfiduciato, e forse persino arrivare a fine legislatura» [Il politologo Marc Lazar a Federica Fantozzi, HuffPost] • «I saputelli che ora si affollano al capezzale del macronismo dicono che lo scioglimento del Parlamento dopo le elezioni europee che avevano premiato Marine Le Pen è stato un atto di narcisismo, diagnosi inclemente e sbagliata: poteva vivacchiare senza un chiarimento, con l’Assemblea nazionale priva già di una maggioranza assoluta (legislative del 2022) e sotto il pungolo di una destra arrembante e sguaiata come il dirimpettaio di sinistra mélenchonista? No, evidentemente. Fatto sta che il risultato della scommessa è stato un depotenziamento della pretesa di governare dei lepenisti ma con la consegna a un bipolarismo delle estreme della V Repubblica, denudata e resa ingovernabile nel suo onnivoro e impotente (semi)presidenzialismo ormai di minoranza. Macron nasce con l’eliminazione di gollisti (eredità Sarkozy) e socialisti (eredità Hollande), si ritrova con un cartello elettorale frontista obsoleto e un movimento populista legittimato che stringono d’assedio un centrosinistra fantasma al quale la Francia non vuole decidersi perché non ama né un presente né un futuro di liberalismo, riforme e modernizzazione politica e sociale» [Ferrara, cit.] • «Ha commesso molti errori, è stato aggredito con veemenza dalla vecchia e douce France d’un tempo, una nazione dall’identità canterina e rivoluzionaria indefessa, rimpannucciata intorno allo slogan del presidente dei ricchi, menzogna incantatoria, ma non è stato solo una sequela di magnifici discorsi (anche Sarko con l’aiuto di Henri Guaino diceva cose affascinanti): Macron ha fatto le riforme del lavoro e delle pensioni, osteggiate con furia selvaggia au nom du peuple malgrado abbiano disancorato il Paese dalla cronica sottoccupazione e disoccupazione, e non si conoscono riflessioni e azioni di maggior spessore delle sue su Nato e Unione europea. Succede che la politica della forza e della propaganda, innestata su equivoci della cultura e del senso di sé di una nazione, conferisca poteri e ritiri l’aureola di popolarità e di agibilità politica che li giustifica. Il suo Paese lo ha eletto due volte e lo ha tradito due volte, preferendo un identitarismo di destra e di sinistra, spesso mummificato e rivoltoso a vanvera, a un percorso riformista adulto. Col senno di poi è facile sostenere che non erano maturi i tempi per una ristrutturazione così radicale del sistema politico e dell’ideologia dominante, e mettere in burla un percorso promettente che era apparso senza vere alternative. Ma sono cose che non hanno senso e che sarà il sistema rigido della V Repubblica, una volta gioiello istituzionale ineguagliato in Europa, a pagare con un costo alto e con l’accumulazione di un nuovo ritardo storico» [Ferrrara, cit.] • A dicembre, poco prima della nomina della nomina di Bayrou, Macron ha battuto il suo record di impopolarità con il 74% dei francesi che lo ritengono il «pessimo capo di Stato». È il secondo politico più odiato di Francia. Peggio di lui solo Jean-Luc Mélanchon (sondaggio Odoxa).
Curiosità Appassionato di sport, pratica tennis, sci e pugilato. Tifoso dell’Olympique Marsiglia, durante i mondiali di calcio del 2018 assistette alla semifinale e alla finale disputate dalla Francia, producendosi in manifestazioni di sfrenata esultanza in seguito alla vittoria [Sorrentino, cit.] • Libro preferito Les fleurs du mal: «Un breviario del mondo e dell’anima»• Ama il vino rosso: il suo preferito è il Bordeaux. Tra i bianchi sceglie quelli di Borgogna: «Io bevo vino a pranzo e a cena» • Nei primi tre mesi del suo mandato, fece scandalo la notizia delle sue folli spese per il make up: in 100 giorni aveva speso 26.000 euro soltanto per il trucco. Per la precisione, erano la somma del compenso per una visagista, una specialista della cura estetica del viso, e del costo dei cosmetici • Come Presidente di Francia, Emmanuel Macron riceve uno stipendio lordo di 181.680 euro. Il suo stipendio mensile è dunque di 14.900 euro lordi. A dicembre 2019, Emmanuel Macron ha annunciato di voler rinunciare alla pensione a vita che gli spetterà una volta finito il suo mandato, rifiutando così un assegno da 5.200 euro netti al mese.
Amori «Macron conosce la donna della sua vita mentre è alle scuole superiori: lui ha 16 anni, e lei, Brigitte Trogneux, 24 anni più di lui, è insegnante di francese e latino, sposata e madre di tre figli. A un corso di teatro di cui Brigitte è responsabile, tra i due scocca la scintilla. E a nulla serve l’allontanamento a Parigi – per frequentare l’ultimo anno delle superiori – del giovane e determinato Macron, che ha le idee ben chiare. La relazione fra i due va avanti. Lui le promette che la sposerà. E ha ragione. Brigitte lascia il marito, e nel 2007 i due si sposano. La coppia oggi è inseparabile e affiatata» (Giulia Cerqueti). «È lei, Brigitte, il motore della discesa in campo del candidato di En Marche!, è lei il suo atout, come dice lui. […] Sessantenne e filiforme, occhi cobalto, un caschetto d’oro alla Mireille Darc e una predilezione per i vestiti di Louis Vuitton. È lei adesso col suo amore esclusivo, peraltro benedetto anzitempo dalla nonna, il baricentro di Macron. […] L’unico amore e l’unica donna della sua vita. Unica, sola e sovrana» [Valensise, cit.] • Brigitte ha tre figli dal precedente matrimonio, che a loro volta le hanno dato sette nipoti, con cui il presidente francese mantiene un buon rapporto. La figlia di Brigitte, Tiphaine (stretta collaboratrice di Macron), ha dichiarato: «Non abbiamo nessun problema. Ha scelto mamma. Ha scelto noi. Siamo una famiglia» • Secondo quanto riferito da Maëlle Brun, autrice di una biografia della Trogneux, nel 1993 Macron avrebbe scritto un romanzo erotico ispirato al suo rapporto con l’insegnante • Inizialmente propalate da mezzi d’informazione russi allo scopo di screditarlo, si sono fatte nel tempo sempre più insistenti le voci circa sue presunte tendenze omosessuali (con tanto di presunti amanti, identificati ora nell’ex presidente di Radio France Mathieu Gallet, ora nel suo ex pretoriano generosamente beneficato Alexandre Benalla), cui lo stesso Macron ha riconosciuto dignità di notizia, preoccupandosi più volte di smentirle pubblicamente.
Titoli di coda «Dobbiamo pensare alla primavera! Pensate alla primavera, amici miei!».