La Stampa, 8 gennaio 2025
Anna Kuliscioff in mostra
«L’unico uomo del socialismo italiano» così l’avrebbe definita Antonio Labriola, anche se lei, femminista convinta, che rivendicò sempre e con forza i diritti, l’autonomia e la libertà delle donne in una società fondata sul patriarcato, in questa immagine non si sarebbe riconosciuta.
Una vita avventurosa d’altri tempi che la vide risiedere, da esule, in numerosi Paesi europei e anche essere reclusa nelle carceri francesi e italiane perché considerata una pericolosa sovversiva, raccontata nella mostra documentaria dal titolo Io, Anna Kuliscioff, che si inaugura domani a Milano nella sale di Palazzo Moriggia sede del Museo del Risorgimento.
La mostra è la prima di una serie di iniziative promosse dalla Fondazione Kuliscioff e dal Comitato per le celebrazioni del Centenario della scomparsa, che si svilupperanno nel corso del 2025 in tutte le città in cui Anna visse o soggiornò per motivi di studio.
Straordinaria protagonista delle lotte per l’emancipazione femminile, Anja Rozenstejn (più conosciuta con il nome di battaglia di Anna Kuliscioff) era nata in Russia il 9 gennaio 1854 da una famiglia borghese di origine ebraica.
Costretta da giovane all’esilio per i suoi rapporti con gli oppositori del regime dei Romanov e ricercata in tutta Europa dalla polizia segreta zarista, la Kuliscioff si rifugiò una prima volta in Svizzera, dove si iscrisse, prima donna in assoluto, nel 1871, al Dipartimento di scienze esatte del Politecnico di Zurigo.
Dopo un breve ritorno in patria, dove sposò nel 1873 Peter Makarevic, un giovane studente arrestato e condannato ai lavori forzati in Siberia l’anno successivo e di cui non si saprà più nulla, Anna fuggì nuovamente in Svizzera dove conobbe Andrea Costa, uno degli esponenti più rappresentativi della sinistra dell’epoca.
Nacque un amore tormentato che la porterà a seguirlo prima in Francia e poi in Italia, una nazione straniera di cui non conosceva inizialmente neppure la lingua, ma che sarebbe diventata la sua patria d’elezione. Dalla loro unione sarebbe nata, nel dicembre 1881, la figlia Andreina Costa Gavazzi.
Dopo la fine della sua relazione con Costa nel luglio 1885, Anna divenne la “libera compagna” dell’altro nume tutelare del socialismo italiano, il milanese Filippo Turati e si trasferì nel capoluogo lombardo, dove sarà ricordata sia come la “dottora dei poveri” per il suo impegno a favore delle classi meno abbienti sia come “la signora del socialismo italiano”, per un’intensa attività giornalistica e saggistica che contribuì a dare un respiro internazionale al dibattito della sinistra italiana indirizzandolo verso il marxismo.
Laureatasi a Napoli in medicina nel novembre 1887, scelse per la sua tesi di specializzazione in ginecologia la “febbre puerperale”, una frequente e grave infezione post parto, dopo aver studiato anche a Torino e Padova.
Iniziò così a esercitare a Milano la professione “di medica”, spiegando che se esistevano le contadine e i contadini, dovevano esserci anche le mediche e i medici.
Nonostante la tubercolosi, contratta in carcere, che l’afflisse per tutta l’esistenza, Kuliscioff assommò alla sua attività a domicilio nei quartieri più poveri e degradati della città anche quella di propagandista del verbo socialista, contribuendo a fondare nel 1890 insieme a Costantino Lazzari e Turati la “Lega socialista milanese”, oltre a collaborare con la “Lega per la tutela degli interessi femminili”.
In quegli anni, Kuliscioff fu protagonista in prima persona (e non sempre con il sostegno incondizionato dei suoi compagni di partito, a cominciare dallo stesso Turati) di fondamentali battaglie per il riconoscimento del voto alle donne e per la tutela del lavoro femminile e minorile, oltre all’attività per l’organizzazione e la difesa dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
I sei volumi in nove tomi del carteggio Turati-Kuliscioff testimoniano, oltre all’affetto reciproco, un profondo sodalizio ideale e culturale, ma anche differenti visioni sulle prospettive da dare all’azione parlamentare e sociale del Partito socialista e all’attività dell’Internazionale socialista; lettere in cui la “signora Anna”, come era chiamata affettuosamente e rispettosamente dalle compagne e dai compagni milanesi, dimostrò un pragmatismo e una capacità di analisi non comuni, suggerendo soluzioni non sempre seguite dal suo compagno di vita.
Non le mancarono mai, come detto, né il coraggio né la determinazione per sostenere dentro e fuori il Psi, in primo luogo, le ragioni a favore dell’emancipazione femminile che trovarono spazio sulla Critica Sociale, la rivista del riformismo italiano fondata insieme a Turati nel 1891 e da lei chiamata affettuosamente “la nostra figlia di carta” e poi, dal 1912, su La difesa delle lavoratrici, diretta per due anni.
Restano ancora di attualità le sue opere saggistiche, a cominciare da Il monopolio dell’uomo, pubblicato nel 1890 e incentrato sulla necessità di una reale e piena parità dentro e fuori dalla famiglia.
Tra le fondatrici, a Genova, il 15 agosto 1892, del Partito dei lavoratori italiani (poi dal 1895 Partito socialista italiano), Kuliscioff trasformò il suo studio privato in quello che sarà ricordato come “il salotto della signora Anna, luogo di ritrovo dei socialisti e dei democratici milanesi.
Pacifista convinta, nel 1912 fece suo l’appello Guerra alla guerra promosso dalla tedesca Clara Zetkin; non esitò, però, dopo la rotta di Caporetto (1917) a incitare i socialisti a schierarsi a favore della difesa della patria e quando arrivarono i primi echi della Rivoluzione russa, seppur felice per la fine del regime zarista, mise subito in guardia i socialisti italiani dai facili entusiasmi definendo Lenin “primo zar del comunismo”.
Kuliscioff fu poi tra i pochi dirigenti della sinistra a comprendere il carattere eversivo e non solo violento del fascismo e a sostenere, inascoltata, le ragioni di un’alleanza parlamentare con liberali e cattolici per fermare l’ascesa al potere di Mussolini.
L’assassinio di Matteotti, il 10 giugno 1924, rappresentò per lei un colpo durissimo per il rapporto di amicizia figliare con il segretario del Psu, partito a cui aveva aderito insieme a Turati nell’ottobre del 1922 dopo l’espulsione dei riformisti dal Psi.
Anna Kuliscioff morì il 29 dicembre 1925. Due giorni dopo una folla immensa di politici e gente comune partecipò ai suoi funerali al Cimitero monumentale di Milano, dove, segno dei tempi bui della dittatura, un gruppo di fascisti inscenò un indegna gazzarra strappando corone e nastri. —