il Giornale, 7 gennaio 2025
Mario Capanna compie 80 anni
Mario Capanna venerdì compie i suoi formidabili ottant’anni e ora lo festeggiamo, qui, considerandolo per nulla bollito e contestando cordialmente una sua intervista concessa ieri (sul Fatto Quotidiano) come se avesse ancora la lucidità dei suoi (...)
(...) formidabili sessant’anni, facciamo formidabili quaranta, facciamo. È per stima e riconoscimento del suo mantenuto acume, quindi, se osserviamo che lo ammiriamo proprio perché dice cazzate come sempre. Non ne azzecca una che sia una, sembra l’incarnazione della teoria del ritardo culturale di William Ogburn (ecco fatta la citazione dotta, se c’è un sessantottino è d’obbligo) ma procediamo col titolo dell’intervista: «Il lungo 68 dell’amore libero. Oggi piazze vuote e zero sesso». E, già qui, ci sono almeno una notizia interessante e una falsa. Quella interessante (si fa per dire) è che Mario Capanna di sesso ne ha fatto pochissimo: «A volte ci ripenso e mi chiedo: facevamo tanto casino anche perché era un modo per incontrare e insomma approfittare della situazione... Col senno di poi ammetto: sono stato un cretino. Mi perdevo dietro agli ordini del giorno, alle discussioni interminabili, alle mozioni da scrivere, mentre il resto della truppa, non tutti ma insomma, promuovevano contatti sempre più approfonditi e performanti. Il sesso divenne giustamente componente essenziale nella vita e nell’impegno politico».
Per dirla alla toscana (anzi alla umbra, visto che lui è di Città di Castello) trombavano tutti tranne lui, che, anche durante le occupazioni, si perdeva dietro le mozioni su Engels o processava il professor Trimarchi alla Statale mentre gli altri performavano. Ma rimaniamo sul tema, venendo alla prima notizia falsa: «Zero sesso», dice Capanna dal suo osservatorio tra gli ulivi di Città di Castello. A dargli manforte c’è pure l’intervistatore Antonello Caporale: «Adesso i giovani sembrano invece vivere una sessualità assai più rarefatta e custodita», porge l’assist. E Capanna: «Esiste un nesso indiscutibile tra l’energia in politica e nella vita. Il sessooggi è un problema tra i giovani. Internet li consuma e li isola, ma non li aiuta a vivere l’amore. Fanno sesso con difficoltà e vanno in piazza con ancora maggioreresistenza». Traduzione: i giovani non trombano perché non vanno in piazza A manifestare, e su questo esiste «un nesso indiscutibile». Osservazione: forse Capanna fa confusione con gli studi prognostici che prevedono un futuro problematico per quei 12-15enni che vivono appiccicati al cellulare e che le performance (molto performanti, come sono i porno) potrebbero farli uscire complessati: vedremo come andrà, ma frattanto, dal ’68 a oggi, osserviamo pure ci sono state valangate di altri giovani i quali (vedi infiniti rapporti sociologici) se non hanno risolto i loro problemi sessuali è perché non se li sono posti proprio, non li hanno, non li hanno mai avuti. Forse Capanna, da Città di Castello, non s’è accorto di quale disinvoltura c’è in giro: anche senza manifestare troppo. Che poi le manifestazioni ci sono ancora, ma sono su altri temi (pseudo-ecologici) o ancora, tu guarda, sessuali, ma più complicati, tipo i presunti diritti negati a gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali, queer e kink: che ne pensa, Capanna, dei diritti dei queer e dei kink? Condivide le istanze Lgbtqiapk? Oppure, sempre a proposito di rapporti sociologici e giovani e valori e sesso: che ne pensa della seguente fotografia scattata dal sociologo «di sinistra» (bisogna sempre scriverlo) Luca Ricolfi? Ecco la sua descrizione di una società l’odierna basata sull’ostentazione dei consumi e ossessionata dal sesso: «Non era mai successo, nelle società occidentali, che tanti individui, a partire da quelli delle fasce di età più giovani, si interrogassero così esplicitamente, precocemente e ossessivamente sulla propria identità, e lo facessero non nelle consuete modalità indirette – ovvero facendo esperienze associative, sviluppando interessi sportivi o culturali, cercando di eccellere in ambiti specifici, e così via – bensì in un unico modo, diretto e totalizzante: la cura meticolosa, quasi religiosa, del proprio corpo e della propria sessualità. Inutile elencare tutti i segni di questa mutazione, perché ne basta una manciata: esplosione della pratica del tatuaggio, moltiplicazione delle palestre, ricorso precoce alla chirurgia estetica, sexting più o meno compulsivo, coltivazione dell’incertezza sulla propria identità di genere e sul proprio orientamento sessuale, cambiamenti più o meno completi di sesso/genere, autolesionismo e mortificazione del corpo, proliferazione della pornografia e del revenge porn, espansione delle pratiche sadomaso».
Che ne pensa, Capanna? E che ne pensa del femminismo intersezionale e del linguaggio femminile sovraesteso? Noi ci capiamo poco più di lei, egregio Capanna, ma il ’68, almeno, l’abbiamo archiviato. Non le diremo sotto quale nome