la Repubblica, 7 gennaio 2025
L’Italia nel mirino di Musk
Per quanto notevole, un miliardo e mezzo di euro, bisogna andare oltre il valore economico. Nell’accordo che il governo italiano tratta da mesi con Starlink, l’azienda dei satelliti di Elon Musk, l’aspetto decisivo è strategico. Attraverso la connessione Internet che l’imprenditore più potente del mondo irradia dallo spazio passerebbero infatti le comunicazioni più delicate per la nostra sicurezza nazionale: militari, dei servizi, della diplomazia, della protezione civile. Ma firmare un contratto con l’Italia, il primo di questa portata con un Paese fondatore dell’Unione, sarebbe strategico anche per Musk e i suoi piani di espansione dallo Spazio, di cui controlla già gli snodi chiave. Oltre ai servizi per i governi, Starlink offre la sua connessione anche ad aziende e cittadini, con una infrastruttura che – in prospettiva – farà sempre più concorrenza alle reti terrestri e ai loro operatori, terrorizzati dalla prospettiva.
La galassia di ElonDal punto di vista tecnologico pochi dubbi: la costellazione di satelliti che Musk ha lanciato in orbita, sfruttando i prodigiosi razzi riutilizzabili della sua SpaceX, al momento non ha rivali. Basti pensare che sono oltre 6 mila, dieci volte più di quelli della “concorrente” OneWeb, di passaporto franco- inglese. Significa copertura globale e maggiore velocità, nonostante resti molto inferiore alle reti che viaggiano a terra. Un servizio ideale per coprire zone in cui quelle non arrivano, come monti e mari, e per garantire una connessione “di riserva” in grado di restare accesa dopo catastrofi naturali o attacchi militari, come quella che Starlink sta offrendo all’Ucraina.
I dubbi sulla sicurezza
Sono le caratteristiche che attirano governo ed esercito italiani. Ma a cui si accompagnano evidenti criticità, legate al fatto di affidare un’infrastruttura strategica a una società privata, di proprietà di un imprenditore tanto visionario quanto potente, che quel potere lo ha schierato da una parte politica, e con un passaporto straniero, per quanto di un Paese alleato.
La prima incognita tecnica riguarda l’effettivo livello di sicurezza che Starlink assicurerebbe, a cominciare da quella dei dati che i suoi satelliti trasporterebbero. La società è pronta a garantire al governo l’utilizzo di sistemi di cifratura propri, oltre alla gestione delle antenne terrestri necessarie a ricevere il segnale. Agirebbe quindi da pura infrastruttura. Ma al di là della presenza sempre possibile di “porte sul retro”, ilservizio sarebbe pur sempre sotto il controllo di un privato, che in teoria potrebbe spegnerlo a suo piacimento (come in alcuni casi ha fatto). Non a caso il nostro ministero degli Esteri avrebbe chiesto che il contratto si inserisca in un accordo quadro più ampio con il governo americano: l’allineamento politico tra Trump e Meloni lo rende più che possibile.
L’alternativa europea
È chiaro che un’infrastruttura nazionale darebbe maggiori garanzie. Ma la realtà è che la manciata di satelliti per comunicazioni militari che l’Italia ha messo in orbita geostazionaria è molto più costosa – 300 milioni di euro l’uno – e superata dalla tecnologia di orbita bassa di Musk. Un’alternativa più credibile si chiama invece Iris2, la rete di 290 satelliti progettata dall’Unione europea come pilastro della propria autonomia strategica. Il problema è che al momento è ancora tutta sulla carta, un contratto da 10 miliardi che la Commissione ha appena firmato con il consorzio di aziende che dovrebbero costruirla. I ritardi hanno già fatto slittare la consegna dal 2027 al 2030, con dubbi crescenti sulla sostenibilità del progetto.
Meloni potrebbe presentare l’accordo con Musk come una soluzione ponte, in attesa della costellazione europea (a cui partecipa un’azienda italiana come Telespazio, anche se con ruolo minore rispetto a francesi e tedeschi). Ma sarebbe difficile non farla apparire come una scelta di campo: il campo di un leader come Trump che con l’Europa ha avuto e avrà rapporti tesi, e del suo “kingmaker” Musk che via X prova a spingere le destre anche da questa parte dell’Oceano. Due a cui l’Europa fa comodo divisa.
Padroni della rete
Non compresa in questo accordo, che potrebbe anche essere siglato senza gara, ma inevitabilmente legata c’è poi una partita “civile” altrettanto ricca. È quella che riguarda la connessione dell’Italia oggi senza rete veloce, uno degli obiettivi più problematici del Pnrr. Starlink si è proposta di intervenire dove Fibercop e soprattutto Open Fiber faticano a portare la fibra. Scartata la possibilità di farla rientrare nei progetti europei – anche per le velocità inferiori che offre – resta in piedi l’ipotesi di stralciare parte delle aree “grigie” dal Pnrr e poi rimetterli a gara con fondi nazionali e requisiti meno stringenti. Intanto a giorni verrà aperto un bando per sperimentare la connessione satellitare nelle zone montane della Lombardia, per cui Starlink è grande favorita.
Musk vuole cominciare da lì per infilarsi nel mercato delle telecomunicazioni. E gli operatori tradizionali lo vedono come un pericoloso concorrente. Oggi Starlink ha circa 40 mila abbonati nel nostro Paese, e la connessione è più lenta ed oscillante della fibra, ma la sua tecnologia evolve a velocità siderali. In orbita sta arrivando una nuova generazione di satelliti capaci di comunicare direttamente con i telefoni, senza più bisogno di antenne.