Corriere della Sera, 7 gennaio 2025
Il trauma del rientro dalle ferie
È una questione di tempo (non solo meteorologico). Non hai fatto in tempo a staccare, che già si riprende. Le vacanze invernali sono più ferie che vere vacanze, di quelle (estive) in cui respiri il tuo tempo a pieni polmoni senza accorgertene. Sono una pausa tra il primo e il secondo tempo: qui si riprende; là, dopo l’estate, si comincia quasi ex novo. Questa è una ripresa, l’altra è una sorpresa. La curiosità e la sorpresa di ritrovarsi, magari diversi, magari cambiati, magari migliori. È, appunto, una questione di tempo: vuoi mettere lo stato d’animo? Le vacanze estive (specie quelle scolastiche) ti appaiono subito interminabili, sai che prima o poi finiranno ma il «poi» è rimandato al «poi» e vince nettamente sul «prima». Quelle invernali sono strette, l’inizio coincide quasi con la fine. Sono quelle più esposte alla sindrome leopardiana da Sabato del villaggio: «Diman tristezza e noia / recheran l’ore, ed al travaglio usato / ciascuno in suo pensier farà ritorno». Si ritorna con la mente prima di ritornare davvero. Non c’è modo migliore per dire l’ansia (preventiva e dunque insensata) del «rientro» al lavoro per i lavoratori o a scuola per gli studenti. Il tempo fugge, scandito dalle feste comandate, e oggi è già domani e domani è già oggi. Mai come oggi, 7 gennaio, ti svegli dando ragione a Oscar Wilde: «Il lavoro è il rifugio di quelli che non hanno nulla di meglio da fare».