Corriere della Sera, 7 gennaio 2025
Renzi carichissimo
«O h ma vi pare normale? Se Musk viene a investire nell’Ilva o a Pomigliano d’Arco, è il benvenuto. Ma una commessa sulla cybersicurezza del governo da un miliardo e mezzo senza gara?». Un quarto d’ora dopo. «Ecco, hanno smentito, Palazzo Chigi ha smentito. Li ho fatti smentire!». Pausa: «Le cose che dico io non le dice nessun altro. L’opposizione come la sto facendo io non la fa nessun altro. Sul codice della strada s’è sentita solo la mia voce, sul viaggio negli Usa di Giorgia Meloni anche: mai opposizione fine a sé stessa, no, cose costruttive. Mi diverto come un matto ma questa è politica». Sabato Matteo Renzi festeggerà 50 anni al Teatro Tenda di Firenze, dove ha invitato decine di amici a mangiare la pappa al pomodoro e altre prelibatezze della cucina toscana. Probabilmente neanche lui, che a meno di 30 faceva il presidente della provincia e a meno di 40 il presidente del Consiglio, si aspettava di scollinare la cima del mezzo secolo da barricadero fustigatore del governo in carica, una sorta di Subcomandante Renzi con un’inclinazione verso il fantomatico versetto 25.17 di Ezechiele che uno dei killer partoriti dalla mente di Quentin Tarantino recitava in Pulp Fiction alle vittime designate prima di premere il grilletto («E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno»). A chi gli chiede se si sta vendicando per la norma confezionatagli su misura dalla maggioranza, che gli impedirà di avere lavori retribuiti fuori dall’Ue e quindi di emettere robuste fatture per le conferenze extra-europee, Renzi risponde che «no, facevo opposizione feroce da prima; semmai è che Meloni s’è vendicata di me con questa follia normativa, rispetto alla quale anche parlamentari di centrodestra sono scandalizzati». Inarrestabile: sul codice della strada ha dato a Salvini del «bugiardo», sui lavori della manovra del «camerata» a La Russa, della premier non fa che dire che «è un’influencer» e che, come per la Ferragni, «prima o poi arriverà anche per lei il momento del pandoro». Le crisi di governo, di solito, le fiuta nell’aria. Tolta quella che ha portato all’uscita di scena anticipata di Mario Draghi, le aveva previste tutte. «I governi cadono da dentro, non da fuori. Vediamo quando maturano certe condizioni, aspettiamo», sibila l’ex premier. Vive attaccato allo smartphone, pronto ad azzannare chiunque alla prima cosa che non gli torna. Una specie di Terminator della dichiarazione. «Il bello sapete qual è? In tanti, anche nell’opposizione, mi dicono “Zitto, zitto, non dire nulla che così fai arrabbiare Giorgia”. Politica, ragazzi, po-li-ti-ca!», scandisce. Non un pranzo di gala. E nemmeno la pappa al pomodoro, con cui festeggerà sabato soffiando su ciascuna delle 50 candeline che gli pareranno davanti.