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 2025  gennaio 06 Lunedì calendario

Un Mussolini che non avete mai visto

L’anno seriale non si potrebbe aprire meglio: da venerdì su Sky, e in streaming su Now, arriva M – Il figlio del secolo, il capolavoro espanso diretto da Joe Wright, tratto dal libro di Antonio Scurati e interpretato da Luca Marinelli quale Benito Mussolini ascendente al potere. Battezzato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove fosse stato in Concorso avrebbe ridicolizzato il Leone d’Oro La stanza accantodi Almodóvar, si vota a spettacolo e speculazione con otto episodi – dalla fondazione dei Fasci al discorso in Parlamento dopo l’assassinio di Matteotti – che rischiano di inverare (la battuta è del produttore Lorenzo Mieli) quanto il Duce abbattendo la quarta parete e rivolgendosi allo spettatore proclami: “Seguitemi, anche voi diventerete fascisti”. Il pericolo è sensibile, e non per adesione ideologica, bensì per coesione cinematografica: M è adrenalinica, inesorabile ed esatta, spezza le reni all’audiovisivo imbelle, al sentimentalismo camera e tinello, all’impegno paludato, al ditino alzato. Nelle parole dei protagonisti, ecco un vademecum alla magnifica visione.
Un prima e un dopo M. Nils Hartmann, vicepresidente esecutivo di Sky Studios Italia, rivendica a M lo stesso “punto di svolta per la serialità” che rappresentò Gomorra: “Pur essendo un period drama, è drammaticamente contemporanea”; Mieli rivela la volontà di “fare una serie altrettanto pericolosa della materia che voleva raccontare: riuscire a essere emotivamente travolgenti e coinvolgenti e al contempo creare il distanziamento razionale e intellettuale”. Hanno ragione, con set e genius loci nella mussoliniana Cinecittà, avanguardie storiche recepite e musiche – e cultura rave – di Tom Rowlands dei Chemical Brothers la serie è un unicum di gusto e sostanza: l’unico rimpianto è che non esca in sala, ché il grande schermo l’esalta. Ce n’è, invero, un altro, e riguarda il prosieguo: Il figlio del secolo trasforma il primo capitolo della pentalogia di Scurati, che la continuazione sia seriale è difficile, che ci siano dei film auspicabile.
Mussolini non è un pagliaccio. “La sfida più grande è stata quella di trovare il tono giusto”, osserva Joe Wright, il regista inglese di Espiazione e L’ora più buia: “Era molto importante non ritrarre Mussolini come un pagliaccio, ma prenderlo sul serio e insieme consentire alla serie di intrattenere il pubblico”. Fondamentale è stato “permettere a Luca di impersonare e incarnare il Duce seducendo lo spettatore, così come Mussolini aveva sedotto non soltanto un’intera nazione, ma tanti capi di Stato stranieri, Churchill compreso”.
Il corpo dell’antifa. “Il corpo del capo, sì, mi serviva sicuramente dal punto di vista fisico sentirmi più pesante, più presente. Ma quello che mi spaventava di più – precisa Marinelli – era il piano intellettuale ed emotivo: da antifascista, ho dovuto sospendere il giudizio per dieci ore al giorno per sette mesi. Dal punto di vista umano, è stato devastante”. Di concerto con Wright e gli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino, Marinelli ha “tolto quelle definizioni, come mostro, il diavolo, che giustificano una nostra posizione, allontanano questa figura, la mettono su un altro pianeta: Mussolini era un essere umano che coscientemente ha scelto quello che ha fatto e ha imboccato la via criminale che ha portato lui stesso e il Paese alla distruzione totale”.
Come Tony Soprano. “Questo primo è un Mussolini perdente, sconfitto. E arcitaliano: opportunista, meschino, vile, bugiardo. Per una tradizione nostra, di racconto, si prestava a farne un Alberto Sordi, un Tony Soprano”, ma dopo – assevera Bises – “la serie diventa crudele allorché quest’uomo mette i propri vizi, capitali e difetti al servizio di un potere feroce. Portiamo lo spettatore idealmente a sentirsi male per avere avuto dei sentimenti di comprensione per quel perdente”.
Camera Scurati. “Non volevo che il lettore empatizzasse con Mussolini quale personaggio da commedia, perché sono convinto che il fascismo sia stato una terribile tragedia e che continui a stendere la sua ombra tragica su di noi”, puntualizza Scurati. Convinto che “l’arte è politica quando è grande arte, non viceversa” e che la prova di Marinelli sia del mattatore, “a me è venuto in mente Gassman”, Scurati sulla possibilità che M – Il figlio del secolo venga trasmesso anche dalla Rai chiude tranchant: “C’è un Servizio pubblico in questo Paese?”.