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 2025  gennaio 06 Lunedì calendario

Viaggio a Idlib, nel nuovo Stato dei “ras” siriani

I negozi hanno appena aperto e c’è già folla. Ibrahim ha guidato per quattro ore da Damasco: “È incredibile, tesoro – dice al telefono con la moglie -. Questa è un’altra Siria!”. Sembra un bambino in un negozio di caramelle. Vorrebbe comprare tutto: un frigorifero, una lavastoviglie, la legna per l’inverno, un 4×4. Le merci arrivano tutte dalla Turchia vicina. I negozianti accolgono i clienti: “Benvenuti a Idlib”. La città nel nord-ovest della Siria, roccaforte del gruppo armato islamista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ex Fronte al-Nusra, che ha rovesciato il regime di Bashar al-Assad a dicembre, appare prospera rispetto al resto della Siria, un Paese in agonia, devastato da anni di guerra civile. Durante il suo viaggio, Ibrahim ha attraversato città fantasma, in rovina, saccheggiate. Non era stato a Idlib da tredici anni. Qui la moneta siriana coniata sotto Assad è scomparsa e la maggior parte dei pagamenti viene effettuato in lire turche e dollari: “Se avessi i soldi, ripartirei con un’auto nuova e il bagagliaio pieno”, racconta Ibrahim, che lavora come autista e fattorino e vende benzina di contrabbando. Mentre Aleppo, Homs e Damasco sono immerse nel buio per diverse ore al giorno, ad Idlib l’elettricità, distribuita dalla società Green Energy, in collaborazione con la Turchia, non manca mai. Non manca neanche l’acqua e si accede ad una connessione Internet ad alta velocità. “Abbiamo servizi pubblici eccellenti”, osserva Mohamad Abdelkader Kharkiv, rettore della Facoltà di Medicina, che accoglie 1.800 studenti. In questa regione rurale, conservatrice e a prevalenza sunnita, le ragazze e i ragazzi frequentano i corsi separatamente. Secondo il docente, il clan Assad ha “distrutto l’istruzione”: “Ad Idlib un insegnante è pagato quindici volte di più che nelle zone sotto l’ex regime di Assad”. Il merito, aggiunge, è del “governo siriano di salvezza” degli islamisti di Hts. Un esecutivo, composto da otto ministeri (interni, giustizia, beni religiosi, sanità, istruzione, economia, amministrazione e servizi locali, sviluppo e affari sociali), dotato del potere di polizia e di tribunali religiosi, guidato da Mohammad al-Bachir, attuale primo ministro del governo di transizione. Il leader di Hts, Ahmed al-Sharaa, ha fatto di Idlib, sotto il controllo dei ribelli dal 2015, il suo trampolino di lancio politico e un laboratorio per la riconquista della Siria. Ahmed al-Sharaa è più noto con il nome di guerra Abu al-Jolani, che significa “del Golan”, l’altopiano nel sud-ovest del Paese da cui la sua famiglia, piuttosto benestante, venne espulsa nel 1967 da Israele.
Dal 2017 a capo del gruppo Hts, ribattezzato così dopo la rottura con al-Qaeda nel 2016 e l’integrazione di diversi gruppi armati, Ahmed al-Sharaa ha attaccato le fazioni ribelli che gli si opponevano, come Hourras al-Din, e ha creato il governo di salvezza per amministrare le aree sotto il suo controllo. Dal 2019, l’Hts domina la maggior parte della provincia di Idlib. Milioni di persone sono fuggite dalle loro città assediate e si sono radunate attorno all’ultima isola di resistenza al regime baatista e ai suoi alleati iraniani e russi. Hanno raggiunto questo angolo di Siria anche decine di jihadisti stranieri, tra cui un centinaio di cittadini francesi e “donne evase dai campi o che si sono rifugiate qui dopo la sconfitta dell’Isis”, secondo la procura antiterrorismo francese. L’Hts controlla tutto: l’economia, l’istruzione, la sanità. Riscuote le tasse, nomina i giudici, possiede uffici di cambio. Non mancano arresti, repressione e violazioni dei diritti umani. A Idlib Ahmed al-Sharaa è considerato un eroe del popolo, il salvatore della regione e ora il liberatore della nazione. “Jolani è il leader che la Siria aspettava. Ha fatto piazza pulita delle milizie che ci mettevano in pericolo. Ci ha liberato dall’Isis e dalla corruzione”, osserva la ​ responsabile di una Ong, che dice di “sentirsi libera in quanto donna sotto Hts”. Indossa un semplice velo, non il niqab. Ma l’unanimità è solo apparente. Un abitante del posto esprime, sotto anonimato, i suoi timori: “Se il modello di Idlib verrà applicato a tutta la Siria, ci saranno altri spargimenti di sangue. I siriani amano cantare, ballare, suonare, producono il miglior arak del Medio Oriente. Non si lasceranno raggirare”. L’uomo denuncia “un governo islamista autoritario” e paragona al-Sharaa ad Assad. Cita poi le città di Binnish, Killi e Qurqania come roccaforti delle proteste anti-Hts, esplose dopo la morte sotto tortura di un combattente ribelle nelle carceri di Hts nel febbraio 2024.
I manifestanti denunciano gli arresti sommari per tradimento e spionaggio a favore del regime di Assad. “Non è una democrazia, ma non è neanche un regime totalitario. Abbiamo potuto manifestare senza timore di essere arrestati. Sotto Assad sarebbe stato impensabile”, relativizza Mohamed Rassem Kontar, un dissidente del regime di Assad. Mohamed Rassem Kontar, di famiglia comunista, composta da drusi e sunniti, si è avvicinato alla politica nel 2012, l’anno in cui uno dei suoi fratelli è stato rapito dagli aguzzini di Assad: “Non abbiamo mai avuto notizie di lui, neanche dopo l’apertura delle carceri”. Ritiene che “Jolani può farcela” se tiene separate politica e religione: “Gli credo quando dice che si è lasciato il jihadismo alle spalle. Jolani viene da una famiglia socialista. All’inizio era concentrato sulla conquista del potere. Ha maltrattato i cristiani e i drusi. Ma, anche se tardi, ha mostrato un sincero rispetto delle minoranze”. A Djebel Al-Sumak, un villaggio in collina, lo sceicco druso Abou Atta Youssef racconta i passati attacchi e i furti di terre, case e negozi da parte di varie milizie, tra cui Hts. “Molti membri della nostra comunità sono fuggiti – racconta -. Poi Jolani è cambiato, ha cominciato a rispettare i nostri diritti, anche se alcuni dei suoi collaboratori rifiutano ancora di restituirci le nostre terre”. Abou Atta Youssef riconosce tuttavia che “la vita quotidiana è migliorata sotto l’Hts”, malgrado la penuria di acqua. L’opulenza di alcuni a Idlib nasconde l’estrema povertà in cui vivono centinaia di migliaia di sfollati del Paese, oltre due milioni di persone. Il giornalista Moaz Abass vive con la moglie e i due figli piccoli in un appartamento in affitto alla periferia di Idlib, ma i suoi genitori e i suoi fratelli vivono nel campo di fortuna, sovraffollato, di Mashhad Roheen. Nei suoi articoli racconta da anni il calvario quotidiano dei rifugiati, che ricevono aiuti umanitari inadeguati. Tra di loro ci sono mutilati di guerra, vedove e tanti bambini. Ma da quando il regime di Assad è stato rovesciato, diverse famiglie sono ripartite per Aleppo, Hama, Homs, Ghouta, anche se le loro case sono state distrutte.
“La gioia di tornare a casa è più forte di ogni cosa”, osserva Abu Ahmed (nome di fantasia), un combattente Hts. Lungo l’autostrada sud-nord, ha incrociato decine di furgoni traboccanti di mobili, materassi, tappeti, pentole, lamiere, in viaggio verso le città martiri liberate dal giogo di Assad. Arruolatosi nel 2020, il trentenne, che ha il volto coperto da un passamontagna militare, è di stanza a una ventina di chilometri da Damasco, addetto alla sorveglianza di una lussuosa villa trasformata da Maher al-Assad, fratello minore del “Macellaio di Damasco”, in laboratorio di produzione di Captagon, una droga sintetica a base di amfetamina, sulla cui esportazione prosperava il regime. A capo della 4ª divisione dell’esercito, nota per le barbarie commesse nei confronti degli oppositori, Maher al-Assad ha supervisionato la produzione e il traffico di questa potente droga psicotropa, che ha trasformato la Siria in un vero e proprio narcostato. A dicembre anche Maher al-Assad è fuggito in Russia (contro di lui la Francia aveva spiccato un mandato di arresto già nel novembre 2023 per complicità in crimini contro ​ ‘’umanità). Milioni di pillole di Captagon sono state ritrovate nella villa. Abu Ahmed, che ci ha fatto da guida nei locali tra i fumi ancora tossici, vuole raggiungere il futuro esercito quando l’Hts sarà sciolto: “I terroristi non siamo noi – dice -, ma la famiglia Assad. Jolani prenderà con successo la guida della Siria come ha fatto a Idlib”.
Traduzione di Luana De Micco