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 2025  gennaio 06 Lunedì calendario

L’associazione dei surfisti cristiani

Chandler Brownlee si trova in cima a degli scogli in un tratto isolato di spiaggia costaricana, con la Bibbia in mano, e osserva una delle onde da surf più ambite al mondo.È a caccia non dell’onda perfetta (questo è scontato), ma di surfisti pronti ad accettare Gesù Cristo come loro salvatore.Nato e cresciuto in Florida, Brownlee, 52 anni, è un agente immobiliare appassionato di conservazione della fauna selvatica e padre di tre figlie. Ma è anche altre due cose che possono sembrare contraddittorie: ex ministro battista e surfista incallito e tatuato. Queste identità si combinano per renderlo un membro anziano dell’organizzazione Christian Surfers, un gruppo internazionale di missionari che amano il surf.Al calar del sole, osserva la marea calmarsi e i surfisti ritirarsi a riva. Allontanandosi dalla spiaggia, si imbatte in tre canadesi bruciati dal sole che se ne stanno nel loro pulmino scassato a farsi una canna. «Da dove venite?», chiede. «Squamish», risponde uno di loro, una piccola città canadese a nord di Vancouver, nella Columbia Britannica, a quasi 5mila miglia di distanza. «Veniamo dal Nicaragua. Abbiamo guidato per oltre un anno. A volte è stato rischioso. Ma cavolo, che onde quaggiù!».Sul viso cesellato di Brownlee, incorniciato da una barbetta sale e pepe, spunta un grande sorriso.«È per questo che i surfisti sono ottimi missionari – dice scuotendo la testa in modo gioviale – Dormono dove capita, mangiano tutto ciò su cui mettono le mani. Non si preoccupano di fare fatica, di aspettare pazientemente la mareggiata perfetta, l’onda perfetta, l’opportunità di parlare di Dio a qualcuno».L’organizzazione Christian Surfers cerca di creare un ponte con il legame che i surfisti sentono con la natura – una ricerca spirituale che anche gli scettici riconoscono – mostrando loro che questo sentimento è a un passo dallo stringere un rapporto con Dio. Il gruppo interconfessionale conta più di 175 gruppi in oltre 35 Paesi, tra cui Giappone, Norvegia e Stati Uniti. In Costa Rica, una delle migliori località per il surf al mondo, ha fondato quest’anno la sua nuova sezione a Pavones, sulla punta più meridionale del Paese, al confine con Panama.Pavones, con una popolazione di circa 4.000 abitanti, ospita la seconda onda sinistra più grande del mondo. La sua strada principale si chiama Onde Perfette. L’isolamento della città, la mancanza di infrastrutture e le strade sterrate attirano solo i surfisti più impegnati, una dedizione che Brownlee spera di sfruttare. Secondo lui, anche se arrivati qui si prende l’onda perfetta, ci si può sentire ancora vuoti dentro. E questa è un’apertura per Dio, dice.«I gringos cercano sempre di trovare se stessi attraverso l’ayahuasca – spiega – Ma se invece conoscessero il Signore?».I missionari del surf sanno di dover agire con cautela, altrimenti potrebbero spaventare la gente. Così sostituiscono le camicie abbottonate con costumi da bagno, tatuaggi e vita a piedi nudi.Per i possibili convertiti, non c’è alcuna pressione ad andare in chiesa. Piuttosto, i missionari vogliono essere un «ponte dalla spiaggia allachiesa», come recita il loro motto. La copertina della “Bibbia dei surfisti” che distribuiscono non reca una croce, ma un’invitante onda a botte.«Quando si dice ai surfisti di venire in chiesa, loro pensano ai banchi, ai vetri colorati, agli organi», riconosce Brownlee. «Non stiamo cercando di fare proselitismo di massa, ma di uscire con loro, amarli, prendere un’onda con loro».Tra i salmi della “Bibbia dei surfisti” ci sono testimonianze di surfisti che raccontano come Dio abbia influenzato il loro sport, tra cui Bianca Buitendag, surfista sudafricana che ha vinto l’argento alle Olimpiadi estive di Tokyo 2020. Sapere che Dio la ama «incondizionatamente» l’ha aiutata ad accettare più facilmente le sconfitte nelle competizioni e ad andare avanti, imparando dagli errori, secondo la sua testimonianza.I Christian Surfers sono stati fondati in Australia alla fine degli anni Settanta per contrastare la discriminazione che i loro fondatori hanno dovuto affrontare sulle onde e sui banchi di scuola. Venivano evitati dalla Chiesa per i loro tatuaggi, le infradito e lo stereotipo di sesso, droga e rock ‘n’ roll della cultura dei surfisti. Ma i surfisti li evitavano anche per il loro credo cristiano, percependoli come rigidi, giudicanti e decisamente non cool.I membri del gruppo si riuniscono per fare surf quando le onde sono buone e, quando non lo sono, si ritrovano davanti a un hamburger o a una birra per discutere di questo sport e delle Scritture.L’organizzazione dei Christian Surfers si affida a una famiglia, i Leon, per ampliare la sua presenza in Costa Rica. In una recente serata nella città di Esterillos Oeste, Kyle Leon ha cucinato un pentolone dipasta preparandosi a ospitare un gruppo di bambini e giovani adulti per dei video sul surf e uno studio biblico guidato da suo marito, Dennis.Kyle Leon ha 43 anni e si è unita ai Christian Surfers di Santa Barbara, in California, negli anni Novanta. All’epoca era una delle uniche surfiste in acqua e probabilmente l’unica religiosa. Ma «non amava il gruppo giovanile» e riteneva che i giochi fossero «sciocchi e infantili». Le cose cambiarono quando i Christian Surfers arrivarono a Santa Barbara.Ben presto, ogni settimana, si trovava in acqua con altri devoti cristiani prima di camminare sulla spiaggia in costume da bagno per raggiungere le riunioni del gruppo giovanile, dove si riunivano intorno a un fuoco e discutevano della Bibbia.Durante gli ultimi anni di liceo, suo padre trasferì la famiglia a Esterillos Oeste e introdusse i Christian Surfers in Costa Rica. È lì che ha incontrato Dennis Leon. Dennis Leon si era da poco unito alla chiesa pentecostale quando lei arrivò con la sua famiglia. «Ma ho dovuto smettere di fare surf», ha detto. «Si pensava che non si potesse essere surfisti ecristiani perché i surfisti erano degli spacciatori».Alla fine è riuscito a conciliare il suo amore per Gesù con il surf dopo aver incontrato Kyle Leon e la sua famiglia. Dice che ora usa questo sport come un modo per evangelizzare in modo più reale e meno rigido. «Gesù non ha usato una chiesa», ha detto. «I suoi seguaci lo seguivano attraverso la natura. Ricordate, i suoi discepoli erano pescatori di uomini». Al calar della sera, un gruppo di adolescenti e giovani adulti si avvicina alla casa dei Leon, in cima a una collina che domina il mare.Tra tatuaggi, esclamazioni di «amico!» e costumi da bagno, ci si potrebbe dimenticare che tutti sono riuniti lì per lo studio della Bibbia. Una piccola croce è appesa a una parete, accanto a un’imponente tavola da surf. «Questo non è un luogo intimidatorio, come può esserlo un edificio di culto», dice Kyle Leon, indicando il soggiorno dove i bambini sono distesi sul divano e i cani entrano e escono dalla casa.Il gruppo guarda i video di surf mentre mangia gli spaghetti, e ammira il surfista più famoso del mondo, Kelly Slater, cavalcare le onde di Tahiti. Poi arriva il momento dello studio della Bibbia.Dennis Leon si siede su una panca di legno nel soggiorno e apre la sua Bibbia mentre la stanza si fa silenziosa e i giovani devoti lo ascoltano sdraiati sul pavimento. Poi fa un paragone tra l’apostolo Paolo e Slater, prima di dedicare il sermone a ciò che potrebbero fare attingendo al loro amore per Gesù, per il surf e per la natura, al fine di servire le loro comunità.I Leon gestiscono una chiesa chiamata Pura Vida che celebra i servizi di culto sulla spiaggia durante la stagione secca e sotto un tetto senza pareti accanto al campo da basket della città quando piove.Del gruppo che si è riunito nel salotto della famiglia, Dennis Leon stima che «il 40 per cento non ha ancora accettato Gesù», dice, alzando un dito in aria. Ma la situazione potrebbe cambiare.Presto arriva l’ora di andare tutti a casa. «Signore – conclude Dennis Leon – grazie per l’opportunità di stare insieme, di mangiare insieme e di parlare insieme di surf. Amen».