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 2025  gennaio 06 Lunedì calendario

L’ultimo sottomarino di Putin ha lasciato il Mediterraneo

Nella notte del 2 gennaio, protetto dall’oscurità, il sottomarino russo Novorossiysk B-61 è passato sotto la Rocca di Gibilterra ed è entrato in Atlantico. Prossima meta il Baltico. Con la sua «uscita» Mosca non ha «sub» convenzionali nel «nostro» mare. Ciò non esclude, avvisano gli esperti, che vi possa essere un «battello» a propulsione nucleare, ma il valore simbolico/tattico della partenza rimane.
Il rientro è stato spiegato dagli osservatori come la conseguenza della fine del regime siriano di Assad. Un crollo che ha determinato grande incertezza sul futuro delle basi usate dalla Russia nel Paese: gli scali di Tartus e Latakia, l’aeroporto di Hmeimim, una serie di avamposti minori. Le installazioni messe a disposizione da Damasco rappresentavano il punto di forza della Task Force permanente mediterranea creata dalla Russia nel 2013, un nucleo composto da numerose unità. 
Attualmente ne sono presenti al largo una mezza dozzina: tra queste un paio di fregate, la nave per l’intelligence Kildin, un paio per l’assalto anfibio. Altri mercantili sono attesi da giorni, sempre in vista di un possibile sgombero, mentre la Yantar, «vascello» per le ricerche in grado di condurre attività particolari e spionaggio, ha lasciato Alessandria d’Egitto.
Il B-61 (classe Kilo), che ha svolto negli ultimi mesi numerose missioni, è considerato un mezzo di qualità, indispensabile per le attività della Marina lungo rotte sensibili, in una fase dove le minacce si stanno moltiplicando ed è in corso una sfida sul «fondo». 
Ha bisogno però di un approdo che al momento non è disponibile mentre i suoi possibili sostituti sono ancora lontani e non è chiaro se verranno mandati in zona. Molto dipenderà dal negoziato aperto dal Cremlino con il nuovo potere nel tentativo di conservare le installazioni dove la presenza era diminuita a causa dell’oneroso impegno in Ucraina, conflitto che ha reclamato risorse.
Al tempo stesso il comando del contingente ha avviato un «raggruppamento» concentrando soldati e veicoli sia a Tartus che a Hmeimim. Un buon numero di equipaggiamenti sofisticati (radar, missili antiaerei) sono stati caricati su grossi velivoli An 124 e Il 76 ripartiti poi alla volta di al Khadima, Cirenaica, Libia. Prima di Natale c’è stato un ritmo sostenuto di voli verso questa destinazione, anche se poi alcuni velivoli hanno in seguito raggiunto Bamako, in Mali, snodo importante per la penetrazione del Cremlino nel Sahel.
Fonti diplomatiche non hanno escluso che Mosca cerchi un’intesa con il generale Khalifa Haftar, leader della Cirenaica, al fine di creare strutture sulla costa libica. Tuttavia, gli scali hanno bisogno di lavori di ampliamento. A questo si aggiungono pressioni occidentali su Haftar, che già ospita sul proprio territorio formazioni della ex Wagner, affinché resista alla richiesta. Analoga azione è stata svolta, in modo discreto, su Abu Mohammed al Jolani, l’uomo che oggi guida la nuova Siria. E per ora tutto è rimasto sospeso