Tuttolibri, 5 gennaio 2025
L’uso del "bianco" nei giornali
Se vogliamo capire la grafica è dal pubblico che bisogna partire, perché i mutamenti nella forma del design raccontano sempre un cambiamento nella società. Per farlo bisogna però analizzare un arco di tempo sufficientemente disteso, diciamo: almeno mezzo secolo. È il 1975 per la precisione il 1° novembre quando debutta Tuttolibri, ossia l’oggetto grafico che state leggendo in questo momento, proprio quello che tenete in mano (se ancora siete lettori tattili, cioè cartacei). Seguendo un modello in parte anglosassone – quello della Review letteraria, rivolta a un pubblico generalista e non soltanto alla classe intellettuale – sono tante le novità che vengono lanciate in quel primo numero: a cominciare dall’idea di proporre tante pagine culturali in cui i libri sono anche una forma di intrattenimento e non soltanto oggetti eruditi di cui discettare in terza pagina. In quel primo numero il design del giornale è in linea col tono dei quotidiani del tempo: c’è tanto piombo. Ora, se osserviamo i diversi layout che si sono susseguiti nei successivi cinquant’anni la prima cosa che salta all’occhio è proprio il dissolversi di quelle distese di colonne grigie. Ma andiamo per ordine.La prima cosa che mi fu detta quando cominciai a fare il grafico ed entrai in una redazione aveva appunto a che fare col piombo. Era la metà degli anni Novanta e il piombo vero, quello fisico, concreto, materiale, si stava sciogliendo nel reame digitale. La pagina si sarebbe liberata, ma per andare dove? L’art director con cui mi stavo formando guardando i bozzetti che avevo messo a punto per un nuovo magazine obiettò che avevo usato troppo “nero”, cioè troppo testo ammassato insieme. E poi, con nonchalance – buttata lì come una notazione grammaticale -, disse: «Devi aggiungere dei vuoti, degli spazi liberi, ci vuole più bianco. Il bianco fa rivista».Scoprii in seguito che questo modo di dire era un diffusissimo gergo da grafici e giornalisti. “Il bianco fa rivista”, quasi un mantra. Dove il “bianco” è appunto quello della carta che trapela attraverso gli arabeschi delle sagome inchiostrate: come a dire che una pagina tutta piena di testo, satura di colonne di lettere corrisponde all’effetto del quotidiano, mentre più aumentano i vuoti, le parti libere, le grandi campiture bianche, più siamo nei territori del magazine. A monte ci sono, neppure a dirlo, specifiche esigenze editoriali: ossia, più bianco c’è, più si spreca lo spazio destinato alle notizie, per questo i quotidiani hanno sempre evitato il bianco, stipando i blocchi di testo come casse dentro un cargo. Dobbiamo pensare a un’epoca precomputer dove i modelli per i quotidiani erano ancora ottocenteschi – ossia, in Italia, il prototipo del Corriere della Sera – mentre la rivista (magari di architettura, come Casabella) si presentava lussuosa, piena di spazi vuoti, cioè ariosissima. E anche quest’ultimo aggettivo merita una spiegazione.La mutazione principale che vediamo emergere dalla grafica di Tuttolibri è appunto una faccenda di “aria": dal 1975 al 2025 aumenta la quantità di bianco – dicevamo -, come se appunto l’aria cominciasse a circolare attraverso le colonne di caratteri, come se si aprissero varchi e finestre nei muri di piombo. Ciò comporta un maggiore ritmo tra il pieno e il vuoto, tra il testo e le illustrazioni che si fanno più grandi e poi, pian piano, anche colorate. Ma cosa ci dice tutto questo di noi come lettori? E cosa ci racconta di dove stiamo andando?In realtà, si tratta di un processo che era cominciato da almeno un secolo e che stava per detonare. Ossia, già a metà Ottocento, era stato un editore inglese, John Bell, il primo a capire che il mondo stava cambiando e che la nuova unità di lettura sarebbe divenuta il paragrafo breve e non più la pagina di testo, tipica del libro. Su questa intuizione nacque il nuovo ritmo dei quotidiani, fatto di frequenti «punto a capo». Ora, è chiaro che più spesso si va a capo, più aumenta il bianco: come quei sottili rivi tra una riga e l’altra. Gli schermi moderni hanno sistematizzato l’intuizione di Bell: pensiamo a come è scorporata in piccole dosi una voce di Wikipedia, rispetto alla vecchia enciclopedia cartacea. Quando guardiamo uno schermo, noi stiamo sempre esplorando, saltando da un blocco a un altro, attirati da gruppi di elementi discreti. Ecco, quando diciamo che il bianco sta prendendo il sopravvento non stiamo predicando qualcosa sulla grafica (o non soltanto), stiamo dicendo qualcosa di fondamentale sulle capacità attentive e culturali dei lettori. Detto altrimenti: se un articolo di giornale fino agli anni Sessanta era anzitutto qualcosa da leggere, oggi è un oggetto da esplorare. Leggere è infatti un’attività molteplice: anzi, sempre piú spesso ci troviamo di fronte a sistemi misti, come le pagine web, dove elementi diversi vanno guardati secondo modi e direzioni loro propri: un conto è leggere una recensione e magari seguirne un link, un altro è consultare un menù a tendina. Sfogliare, leggere, esplorare, consultare sono azioni che fluiscono le une nelle altre. Insomma l’avanzata del bianco è il segno di un nuovo modo di leggere più rapido, “sfogliante”, orizzontale, anche un po’ distratto, ma non per questo meno interessante.Sul piano strettamente tipografico assistiamo in Tuttolibri ad alcuni cambiamenti epocali: ad esempio fino al 1990 è ancora possibile trovare articoli composti in carattere corsivo, pratica ormai desueta che ha fatto storia. Non a caso “corsivo” è un termine che ancora usiamo per definire un pezzo breve, talvolta salace o ironico, dove più che i “fatti” contano le opinioni. C’è da dire che con i social network tutti sembrerebbero diventati scrittori di corsivi anche se il sovraffollamento fa sì che vengano composti in “tondo”.Sul fronte della composizione c’è poi da notare che le titolazioni diventano vieppiù grandi, quasi decorative. Sia chiaro: da che esistono i giornali i titoli sono sempre stati grandi, “sparati” come si usa dire, specie nel caso di tabloid o della stampa scandalistica. Le pagine culturali hanno però sempre preferito un registro più tenuto, un diffuso understatement. L’aumentare del bianco fa sì che anche il titolo cresca, si muova: se prima era incastrato tra blocchi di piombo, a partire dalla fine del XX secolo si fa più frastagliato, si sbandiera, da mero titolo diventa “lettering” e partecipa al ritmo illustrativo della pagina. Il lettering, difatti, sul piano percettivo è più prossimo a foto e disegni che al blocco di testo: il lettering si guarda, non si legge. E c’è infine l’elemento che più facilmente salta agli occhi: la comparsa del colore, legata a faccende sia espressive sia tecniche. Per dirne una, l’avvento del computer permette di incidere le lastre in tempi brevissimi accorciando i tempi e costi della stampa in quadricromia.Ora, però, la grafica è sempre grafica di qualcosa, e se la grafica cambia è perché c’è una pressione del contenuto che cerca nuove forme per esprimersi: nel caso di Tuttolibri si è trattato del format “recensione”. Abituati all’articolo che riassume e spiega un libro, un film o un evento (e ovviamente ci suggerisce di cercarlo, ossia di comprarlo) è importante ricordare che la recensione è un fenomeno giovane. Lo so di dare un dispiacere a tanti ma la recensione letteraria ama la brevità e dunque il “bianco” perché possiede, fra le sue virtù, anche un’indole pubblicitaria: è una creatura fatta un po’ di cultura e un po’ di vendita. Insomma, ciò che è cambiato in cinquant’anni è la trasformazione, in modo esplicito, degli spazi culturali in esperienze di intrattenimento e di commercio. Così il layout dei giornali è sempre più simile allo scaffale di un supermercato. Ma, onestamente, solo i moralisti se ne dispiacciono: anche perché in un’epoca in cui tutto è mercato sarebbero sciocchi i libri e i giornali a tirarsi fuori dalla mischia. E, del resto, il libro è da sempre anche una merce o, almeno, dai tempi di Manuzio.In tutto ciò c’è un paradosso che in fondo è poetico: il candore di quel bianco, l’ariosità che invade le pagine – e che tanto è piaciuta a grafici e art director – non è solo una forma di eleganza e di design, è anzitutto il modo in cui nel mondo attuale si guida il nostro sguardo distratto, con cui si dice: guarda qui. Il bianco fa rivista, certo. Ma fa pure modernità. Il bianco è segno di tempi velocissimi. Certo, i tempi bisogna saperli intuire e talvolta anticipare. Buon Compleanno Tuttolibri. Sei stato un apripista.