Il Messaggero, 5 gennaio 2025
Aggressione omofoba, in tremila alla fiaccolata
Il cerchio delle indagini sul pestaggio omofobo la notte di Capodanno al Prenestino si sta chiudendo: individuati i primi quattro giovani coinvolti nell’aggressione che già da domani potrebbero finire nel registro degli indagati con l’accusa di lesioni gravi con l’aggravante della discriminazione. Sono tutti maggiorenni – tra i 18 e i 19 anni – e residenti in zona. I carabinieri del Casilino attraverso le testimonianze e le immagini di video sorveglianza di alcuni esercizi commerciali dove si è consumato il raid hanno ricavato i fotogrammi. Quindi il confronto con chat e profili social dei sospettati che sono stati mostrati alle vittime. Da qui la prima informativa inoltrata alla Procura sabato sera. Così l’inchiesta su quanto avvenuto in via Gabrino Fondulo è al primo giro di boa. Sono state le vittime, Stephano Quinto il 26enne di origini peruviane e il compagno Matteo, a indirizzare le ricerche. Intanto indicando l’appartamento al primo piano dove il branco stava festeggiando: i ragazzi hanno notato la coppia di fidanzati che rincasava mano nella mano affacciandosi al balcone dell’appartamento. Prima li hanno insultati «Fro... di mer...». Poi li hanno raggiunti in strada dove si è consumata l’aggressione tra spinte, pugni e sputi. Gli investigatori sono ora in attesa delle analisi richieste sui due cellulari che hanno sequestrato. Il primo, quello della padrona di casa dove si è svolta la festa a cui ha partecipato il branco. Il secondo appartiene invece a una delle vittime: il giovane aggredito aveva infatti registrato un video del pestaggio che era stato però costretto a cancellare dai suoi assalitori. I militari stanno ora cercando di recuperare il materiale eliminato dal telefono. Intanto ieri il quartiere, sotto choc per quanto avvenuto, ha manifestato a piazza Malatesta. In 3 mila ieri pomeriggio si sono dati appuntamento nella piazza del quartiere con bandiere e striscioni arcobaleno. Una lunga manifestazione a cui hanno partecipato, abbracciati e mano nella mano, anche Stephano con il compagno. «Solidarietà e vicinanza ai Stephano e Matteo è la risposta del nostro municipio all’omotransfobia e a tutta la violenza che ne deriva» commenta Mario Caliste, presidente del V municipio: «Il nostro è il quartiere dei diritti. Abbiamo fatto chiaramente capire il nostro “NO alla violenza": amare non è reato». Ancora, sulla brutale aggressione, il minisindaco sottolinea: «I ragazzi responsabili di questa brutta pagina dovranno assumersi le loro responsabilità». Un appello alla solidarietà a cui hanno risposto, insieme ai residenti del quartiere, diverse associazioni: Agapanto, Agedo Roma, Circolo Mario Mieli, Cest, Collettivo Ugualmente, Dì Gay Project, Edge, Gaynet, Famiglie Arcobaleno. «Ribadiamo il nostro impegno di continuare su questa strada insieme alle tante associazioni che hanno a cuore il bene delle persone Lgbtqia+ della nostra città. Siamo sempre più convinti che il contrasto all’odio e alla violenza deve partire da una profonda azione culturale e formativa» hanno spiegato Marilena Grassadonia, coordinatrice Ufficio diritti Lgbt+ e Michela Cicculli, presidente commissione Pari Opportunità di Roma Capitale durante il presidio. In settimana invece, l’Assemblea Capitolina discuterà e voterà una «delibera storica contro l’omobitransfobia». Ad annunciarlo è il Partito Gay Lgbt+ che ha elaborato la proposta, sostenuta dai consiglieri M5S e PD e che prevede una sanzione amministrativa per chi si rende responsabile di atti omobitransfobici. Intanto il Gay Center, associazione che gestisce il contact center anti omotransfobia Gay Help Line, lancia l’allarme. Secondo i dati raccolti sono in aumento le aggressioni omofobe. Nello specifico sono stati registrati 3.600 casi nel 2024: «L’Italia, purtroppo, continua a perdere terreno nella classifica europea sui diritti e le tutele per le persone Lgbtqia+, scendendo al 36° posto» si legge nella nota: «La violenza omotransfobica continua a colpire, manifestando tutta la ferocia di attacchi insensati, che approfittano dei momenti di maggiore vulnerabilità per punire chi si rivela attraverso gesti di amore e autenticità» conclude l’associazione.