Il Messaggero, 5 gennaio 2025
Benito e Claretta /3
Benito si presentava a Claretta, nell’appartamento che le aveva riservato a palazzo Venezia, verso le otto di sera, a udienze ufficiali e intime concluse.Stando all’usciere Navarra, che dirigeva anche il traffico galante del Capo, Mussolini, si concedeva ogni giorno a una delle infinite fan che gli scrivevano implorando un appuntamento. Convegni erotici sbrigativi: il Duce degli italiani e, soprattutto, delle italiane, non si toglieva nemmeno gli stivali. Operazione dolorosa, ché le ferite riportate alle gambe durante la prima guerra mondiale, ancora si facevano sentire e lo facevano soffrire.Claretta non sapeva ma, alla fine, qualche sospetto le venne, alimentato dalla riluttanza, fascisticamente rara, del Capo a immolarsi con lei sul più sacro degli altari.Se ciò non avveniva, si consolavano suonando insieme il violino sulle note di Ramona o di Signorinella. Se, invece, celebravano il rito, soddisfatti rincasavano, per rinnovarlo l’indomani.La sera, eludendo la sorveglianza di Rachele, alle prese con i figli, lui telefonava per augurarle la buonanotte.Claretta, come ogni innamorata, lo avrebbe voluto tutto per sé, ma il Duce, da buon italiano, infedele alla moglie, era fedelissimo al matrimonio e alla famiglia.Di due donne non si accontentava. Gli piacevano tutte, meglio se formose, ma in questa debolezza, ch’era in realtà una forza, non vedeva nulla di peccaminoso. «La mia carne non mi permette di essere virtuoso», confidò a Luciana Frassati e, forse, anche alla giovane favorita, che mestamente ne prendeva atto: «Sono come un cesto di lumache».Le corna le pesavano, come pesano a tutti, ma le molte scene di gelosia a Ben non gliele risparmiavano.La sera non usciva mai o, se usciva, accompagnata dalla madre o dalla sorella, era solo per assistere alle cerimonie pubbliche, alle rappresentazioni teatrali cui interveniva Mussolini che, non potendola esibire ufficialmente, la voleva almeno vedere.Incontrandosi tra la folla, si salutavano con impercettibili cenni del capo o fuggevoli sorrisi. Un’unica volta, alle terme di Caracalla si rappresentava la Carmen passando davanti alla Petacci, seduta in prima fila, ostentatamente la fissò, ricevendone in cambio un imbarazzato inchino.Altri luoghi d’appuntamento: la via Appia dove, con Myriam, la coppia cavalcava, e la tenuta reale di Castel Porziano, dove Vittorio Emanuele, “re sciaboletta”, per la sua sansonica statura, aveva messo a disposizione del dittatore due capanni: uno, con terrazza per lui; uno, per la scorta.Ben vi si recava d’estate in auto sportiva intorno alle tredici. Più tardi lo raggiungevano Claretta e la sorella, allora giovanissima, con la colazione: insalata, brodo di verdura, budini usciti dalle mani della cuoca Pia o dalla stessa donna Giuseppina.«Erano ricorda Myriam ore brevi, ma serene. Io nuotavo; loro andavano raccogliendo conchiglie, che Claretta religiosamente conservava. Talvolta lei lo aiutava nello spoglio dei giornali o si divertivano a giocare tutt’e tre con un pallone sulla spiaggia. Il comportamento di Ben era sempre corretto. Ci volle del tempo perché osasse darle del tu in mia presenza e non compì mai un gesto che potesse tradire i loro rapporti. Le parlava con infinita dolcezza, e spesso la divorava con gli occhi»