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 2025  gennaio 05 Domenica calendario

Perché il caso Sala non è uguale al caso Moro

È opinabile il paragone che in un’intervista al Foglio l’ex-presidente del Senato Marcello Pera fa tra il “caso Moro” e l’arresto-sequestro di Cecilia Sala da parte del governo iraniano. Per una ragione evidente: non c’è al momento in Italia nessuno – dicasi nessuno, neppure tra le opposizioni – che proponga di resistere al ricatto del regime degli ayatollah, e all’ipotesi di riavere indietro la giornalista in cambio della liberazione dell’iraniano Mohammad Abedini, sospettato di importare nel suo Paese piani e componenti per costruire droni e arrestato a Malpensa per conto del governo americano che ne chiede l’estradizione.
Non c’è insomma il conflitto tra le linee della “fermezza” e della “trattativa”, che si propose nei tragici 55 giorni del 1978 alla fine dei quali, il 9 maggio, Moro fu restituito morto nel bagagliaio della “storica” Renault rossa parcheggiata tra le sedi di Dc e Pci, i due pilastri della strategia della resistenza ai brigatisti. Né era valso che Craxi, sollecitato da una lettera dello statista rinchiuso nel “carcere del popolo”, si fosse smarcato, con il tardivo appoggio di Fanfani, e avesse inutilmente cercato con il suo partito di trattare con le Brigate Rosse. Sono in tanti a ricordare che, con i terroristi, in Italia dopo Moro, e all’estero con i regimi islamisti e non, prima e dopo, si è sempre raggiunto un compromesso. E non a caso Pera lascia intuire che Meloni, alla fine – se la magistratura non si metterà in mezzo -, prenderà la sua sofferta decisione, considerando prioritario su tutti l’obiettivo di riportare sana e salva a casa Cecilia. 
Certo, restano alcuni aspetti collaterali, per la premier che tanto ha insistito sulla sua vocazione internazionale e al contempo sul “diritto delle nazioni” di decidere autonomamente sui propri interessi. Il principale è quello del rapporto con gli Usa, non a caso ufficialmente sottolineato dal governo iraniano. Il “caso Sala” cade nel momento delicato in cui la premier stava risistemando la sua collocazione, tra Biden e Trump. E forse questa è una delle ragioni, se non la prima, per cui Meloni ha avviato ieri una delicata missione in Florida, dove incontrerà il Presidente eletto in attesa di insediarsi il prossimo 20 gennaio. Per chiedergli aiuto nel negoziato con gli ayatollah?