la Repubblica, 5 gennaio 2025
Al Jolani prova a rassicurare i cristiani
Non c’è promessa che oggi riesca a tranquillizzare le minoranze religiose della Siria, perché solo il tempo dirà se l’esito della rivoluzione guidata dal gruppo islamista sunnita Hayat Tahrir al Sham porterà tolleranza o un altro regime, e tuttavia le ultime dichiarazioni di al Jolani segnano un punto. «Non considero i siriani cristiani una minoranza ma una parte integrante e importante della storia del nostro popolo», ha detto il nuovo leader del Paese che fu per cinquant’anni degli Assad. «Ho una grande ammirazione e rispetto per Papa Francesco, è un vero uomo di pace, ho apprezzato i suoi appelli a favore dei popoli in difficoltà».L’occasione per l’attestato di stima a Bergoglio è stato l’incontro che Ahmed al Sharaa, meglio conosciuto col nome di battaglia al Jolani, ha avuto il 31 dicembre nel palazzo presidenziale di Damasco con l’egiziano Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, l’ordine francescano che si occupa dei luoghi della Redenzione. Il resoconto è finito sull’Osservatore Romano, che ha ospitato il reportage scritto da padre Faltas tra Damasco, Aleppo e Idlib, la provincia da cui è partita la marcia dei miliziani anti-Assad. Il vicario ha avuto l’impressione di trovarsi davanti a un uomo «disponibile a un dialogo aperto e diretto» e gli ha chiesto cosa ne sarà dei profughi siriani fuggiti dalla guerra civile. «Stiamo lavorando per riportarli in patria, i cristiani ritorneranno a vivere e a professare la loro fede qui», èstata la risposta. A meno che non si rimangi tutto una volta consolidato il governo (in Siria al momento non ci sono né polizia né esercito ufficiale, più di un terzo del territorio non è controllato da Damasco), l’ex qaedista sta costruendo una base di fiducia per rassicurare non solo il 7per cento della popolazione di fede cristiana, ma anche la minoranza alawita (8 per cento) che ha costituito l’ossatura amministrativa del regime, quella drusa (2 per cento) e quella sciita (3 per cento). Jolani ne ha bisogno perché alcuni episodi recenti spingono in direzione opposta.Alla fine di dicembre gruppi ribelli hanno assaltato il villaggio a maggioranza alawita di Khirbet al Hammam, nel distretto di Homs. Non è passato inosservato, poi, che Jolani non abbia stretto la mano alla ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, preferendo salutarla portando la mano al cuore come impongono le regole di stretta osservanza coranica per cui uomini e donne non possono toccarsi se non sono imparentati o sposati. E mentre prosegue la sfilata di ministri e diplomatici occidentali che vanno a riconoscere il nuovo governo, laici e democratici protestano per la decisione di modificare i programmi scolastici da cui vogliono eliminare la teoria dell’evoluzione e i riferimenti storici della dittatura, inserendo questioni di carattere dottrinale.Repubblica giorni fa ha raccontato il sentimento di inquietudine e sospetto che aleggia nella comunità cristiana di Maaloula, località simbolo per la presenza dell’antico convento di Santa Tecla dove vivono le suore che nel 2013 vennero rapite proprio dai qaedisti di Jolani. Era un’altra era, però il ritorno nel villaggio dei musulmani sunniti ( il 75% della popolazione) cacciati con violenza dal regime e dai russi, fa temere vendette. Il leader di Hts professa calma e unità, preferendo scagliarsi contro i crimini di Assad. «Per anni i siriani hanno subito le conseguenze della corruzione», ha detto a padre Faltas. «Mancavano i servizi essenziali, ogni visione di sviluppo. I dissidenti venivano arrestati ed eliminati. Abbiamo visitato prigioni che non avevano niente di umano. La divisione fra le persone ha portato a conflitti e a spaccature».