Corriere della Sera, 5 gennaio 2025
Il grande gioco sulla Groenlandia
La Groenlandia non è in vendita. I suoi leader lo hanno messo in chiaro fin dal 2019 quando, per la prima volta, Donald Trump si offrì di acquistarla. E lo ha ribadito la Danimarca, che ha governato l’isola più grande del mondo per 200 anni prima di concederle l’autonomia per gli affari interni nel 1979, continuando a versarle sovvenzioni pari a 500 milioni di euro l’anno. Il Grande Gioco dell’Artico, però, è aperto e il prezzo della terra degli inuit, al centro del gelido scacchiere del Nord, potrebbe alzarsi alle stelle.
Grande sette volte l’Italia ma con appena 56.800 abitanti, in gran parte di origine inuit, nel 2009 la Groenlandia ha ottenuto il diritto a decidere la propria indipendenza tramite un referendum che potrebbe essere imminente. Se si guarda il globo dal Polo Nord, la sua importanza strategica, all’incrocio delle Superpotenze mondiali, è evidente. Trump è tornato all’attacco a dicembre: «Ai fini della sicurezza nazionale e della libertà in tutto il mondo, gli Stati Uniti ritengono che la proprietà e il controllo della Groenlandia siano una necessità assoluta», ha scritto sui social. «Non siamo in vendita e non lo saremo mai», ha risposto il premier groenlandese Múte Egede, leader del partito Comunità del Popolo, che nel discorso di Capodanno ha lasciato intendere che il referendum per la secessione dalla Danimarca potrebbe tenersi già ad aprile. «È ora di dare forma al nostro futuro, anche rispetto ai partner commerciali. Dobbiamo rimuovere gli ostacoli alla cooperazione, le catene del colonialismo, e andare avanti». Quindi, ha sottolineato l’importanza del nuovo aeroporto di Nuuk, che permette l’arrivo di voli da tutto il mondo senza passare da Copenaghen.
Disgelo e nuove rotteSono le future rotte marittime, però, ad accendere gli appetiti di Trump (e non solo). Il traffico navale nell’Artico è aumentato del 37% in un decennio e un ulteriore ritiro dei ghiacci, provocato dal riscaldamento globale, aprirà nuove vie commerciali. La Groenlandia, ha detto l’ex segretario alla sicurezza nazionale di Trump, Robert O’Brien, può diventare «l’autostrada dall’Artico fino al Nord America». È una sfida aperta con Cina e Russia, che già collaborano per lo sviluppo delle rotte oltre il Circolo Polare. Pechino si muove nell’area da tempo: otto anni fa tentò di acquistare in Groenlandia una vecchia base navale Usa e poi di costruire alcuni aeroporti.
Corsa minerariaGli scienziati stimano che in Groenlandia, negli ultimi tre decenni, si sia sciolta una superficie ghiacciata pari quasi al Veneto. «La calotta glaciale attualmente perde 30 milioni di tonnellate di ghiaccio all’ora», conferma il climatologo Rob DeConto. Ciò potrebbe rallentare importanti correnti oceaniche e provocare un allarmante innalzamento del livello del mare. D’altro canto, il ritiro dei ghiacci riaccende la corsa alle risorse nascoste dell’Artico: petrolio, gas e minerali critici. L’Unione europea, cui la Groenlandia è associata come territorio d’Oltremare, stima che sull’isola si trovi quasi il 20% delle riserve disponibili globali di terre rare, indispensabili per l’industria green tech.
«Borgen» e il petrolio Più delicato il tema del petrolio. Nel 2021, la Groenlandia ha smesso di concedere licenze di esplorazione, adducendo «considerazioni ambientali e buonsenso economico». Il sottosuolo contiene potenzialmente fino a 31,4 miliardi di barili di petrolio ma i rischi e i costi della sua estrazione hanno fermato il «boom» promesso. La questione è protagonista della popolare serie tv Borgen, che racconta la storia di una brillante politica danese. Nella quarta serie, è alle prese con una Groenlandia che sogna l’indipendenza dopo la scoperta di un giacimento. Il governo locale firma un accordo con una società canadese, che viene poi comprata da un faccendiere-criminale russo. Tra finzione e realtà il passo potrebbe essere breve.
È improbabile che Trump riesca nell’impresa fallita da Harry Truman, che nel 1946 offrì 100 milioni di dollari per acquistare la Groenlandia (oggi, per il Washington Post, vale 1,7 mila miliardi). Il tycoon si accontenterà della base Thule, da cui la Us Space Force controlla la difesa missilistica, ma con le sue «sparate» ha spinto il governo danese a sbloccare 1,5 miliardi di dollari in investimenti militari per la Groenlandia. Il pacchetto include droni, uno scalo per jet F-35 da combattimento e due mute di cani da slitta