Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  gennaio 05 Domenica calendario

Mahdi Mohammad Sadeghi, l’altro «iraniano dei droni» arrestato il 16 dicembre

L’udienza prevista giovedì scorso a Boston per valutare il rilascio su cauzione di Mahdi Mohammad Sadeghi, l’altro «iraniano dei droni» arrestato il 16 dicembre, è rimandata al 14 gennaio, su richiesta della sua avvocata, che sta discutendo con il dipartimento per la libertà vigilata «nella speranza di risolvere le preoccupazioni sul rischio di fuga» del suo cliente. 
Il caso di Sadeghi, ingegnere 42enne iraniano naturalizzato americano che viveva a Natick, nei sobborghi di Boston, è connesso a quello di Mohammad Abedini e al destino di Cecilia Sala. Sono stati arrestati lo stesso giorno, l’uno a casa, l’altro a Malpensa. Ed è a Boston che verrebbe processato anche Abedini dopo l’estradizione. Il giudice ha fissato l’istruttoria per il 27 gennaio; l’incontro finale con gli avvocati e la Procura prima del processo è previsto il 31 luglio. 
Sadeghi è accusato di aver venduto ad Abedini tecnologia proveniente da un’azienda di semiconduttori per cui lavorava a Norwood, Massachusetts, a partire dal 2016, violando leggi che puniscono l’esportazione di tecnologie Usa con possibile uso militare in Iran. Entrambi sono stati incriminati con 4 capi di imputazione per la violazione dell’International emergency economic powers act e della legge sulle transazioni e sanzioni con l’Iran (punibili con 20 anni di carcere e una multa di 1 milione di dollari). Per Abedini ci sono altri 4 capi di imputazione, incluso l’aver fornito supporto materiale a una organizzazione terroristica straniera causando morti, per cui rischia l’ergastolo. Le tecnologie esportate sarebbero state usate in un attacco nel 28 gennaio 2023 contro una base in Giordania: morirono 3 soldati americani. Attraverso i pezzi di un drone Shahed usato nell’attacco, l’Fbi è risalita all’azienda di Abedini in Iran: San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co., che vende sistemi e software di navigazione soprattutto per droni, utilizzabili anche per missili cruise e balistici. Il procuratore Joshua Levy ha detto che spera che gli arresti di Sadeghi e Abedini possano aiutare le famiglie delle vittime. Parole dure sono state pronunciate dal ministro della Giustizia Merrick Garland e dalla sua vice, l’italoamericana Lisa Monaco. 
Nella testimonianza giurata di 36 pagine dell’agente dell’Fbi Ronald Neal si legge che «la stragrande maggioranza» degli introiti dell’azienda di Abedini, tra il 2019 e il 2023, viene dalle vendite del suo sistema di navigazione Sepehr alle forze aerospaziali dei Guardiani della Rivoluzione, designati dagli Usa come organizzazione terroristica nel 2019. Secondo Neal, sin dal 2014, da studente a Teheran, Abedini tentò di comprare sensori dall’azienda per cui lavorava Sadeghi, dicendo che gli servivano per la tesi di dottorato ma se li era visti negare per via delle sanzioni; nel 2016 riuscì a ottenerli mentre completava il dottorato in Svizzera, e le autorità aeroportuali di Ginevra gli permisero di portarli in Iran (disse che erano «campioni» per progetti universitari); nel 2019, quando sarebbe diventato anche consulente dell’Organizzazione per l’Autosufficienza della ricerca per la Jihad dei Guardiani, Abedini avrebbe cofondato una azienda in Svizzera (Illumove): una facciata per nascondere le esportazioni dagli Stati Uniti. Sadeghi avrebbe iniziato ad aiutarlo dopo aver ottenuto 790 mila dollari in finanziamenti da una fondazione iraniana per un’altra azienda che ha fondato in Massachusetts e che si occupa di sensori indossabili con applicazioni per il fitness. A un dipendente che gli chiedeva il weekend libero, Sadeghi rispose via email «tutti i weekend che vuoi, se mi prometti di portarmi il chai (il tè,  ndr) in prigione».