il Fatto Quotidiano, 3 gennaio 2025
Intervista a Marcello Veneziani
La memoria è un dovere, diceva Primo Levi, e pochi saggisti italiani hanno il passo del dovere quanto un conservatore appassionato come Marcello Veneziani. Dopo avere ascoltato il cuore di questo millennio protervo e smarrito, teorizzando L’amore necessario, torna a voltarsi verso il secolo che abbiamo alle spalle, il secolo che non voleva saperne di finire e adesso, come accade agli ostinati, rischia di sparire nel nulla. In Senza eredi (Marsilio) Veneziani ha indetto una riunione di famiglia di senza famiglia, 70 ritratti di padri che rischiano di scoprirsi senza figli; la via maestra dello Spirito – Ficino, Vico, Croce –, ma anche le traverse di Kafka, i vicoli di Baudelaire, i viali di Proust, le piazze vuote di Ionesco e Cioran. Un libro sui sogni e gli incubi del Novecento, tutti ugualmente infranti: «La prima ragione di questo libro è invitare alla riscoperta di questi autori in una società come la nostra, che taglia scientemente i ponti con il passato».
Come si spiega questo Alzheimer collettivo?
«La ragione principale è che viviamo un’epoca di individualismo esasperato, siamo monadi senza porte e senza finestre. Serpeggia una “rivolta protestante” contro il pensiero: le verità sono soggettive, tutto è relativo, non esiste alcun rapporto con l’eterno. Legittimati solo da noi stessi, viviamo in un mondo senza Dèi. E senza Dio».
In compenso abbiamo l’onnipotenza della tecnica.
«Che ci spinge a vivere in un eterno presente. Niente dura, basta il battito di un clic a cancellare ogni cosa. Il colpo di grazia arriva dalla cancel culture, che addirittura preconizza la correzione o la sparizione del passato. Proprio quello che accade nei malati di Alzheimer».
A proposito di critica al relativismo, nel suo canone c’è posto per Joseph Ratzinger, ma non per Papa Bergoglio.
«Oltre che un Papa, Ratzinger è stato anche un filosofo, lo considero l’ultima figura carismatica del nostro tempo. Bergoglio è piuttosto un parroco; un parroco che ha fatto delle scelte pastorali in cui fatico a riconoscermi; come inseguire l’universo dei migranti dimenticando che l’umanità è fatta anche di “restanti”».
I migranti sono ormai milioni.
«Sì, ma i “restanti” sono miliardi. Un Papa che vuole avere una vocazione ecumenica dovrebbe occuparsi più di loro, o almeno allo stesso modo dei migranti».
Bergoglio però combatte anche il neoliberismo delle Nuove Destre.
«Certo, c’è effettivamente una destra che mescola il senso della Tradizione con una visione dell’economia, della tecnica e del futuro discutibili».
Il nome obbligato è Elon Musk.
«Un genio inquietante, che sfugge alle categorie politiche del passato. Come imprenditore ha fatto grandi cose, ma ora si è messo in testa di modificare la natura umana, è passato dalla volontà di potenza alla volontà di onnipotenza, il versante più pericoloso e frainteso del pensiero di Nietzsche».
Sulle posizioni reazionarie di Donald Trump non ci sono dubbi. Cosa dobbiamo aspettarci dalla sua presidenza?
«Credo che in Europa Trump non sia stato capito. Io lo valuto pragmaticamente; spero possa fermare la pericolosa vocazione americana alla missione universale, e che possa mettere un freno alla globalizzazione finanziaria, scenario favorevole soprattutto alla Cina. Non lo definirei un suprematista, casomai un primatista».
Sempre a proposito di quel che resta del pensiero di Destra, (e di Sinistra), come valuta la critica al patriarcato?
«La mia idea è che stiamo combattendo una figura morta, stiamo attribuendo al passato responsabilità che sono del presente. Padri, maestri, autori… L’individualismo sfrenato dell’Occidente ne ha già decretato l’estinzione».
Quindi il vero pericolo potrebbe essere la sostituzione etnica evocata dai complottisti.
«Non credo affatto al grande complotto. La sostituzione etnica non è un’intenzione, è un fatto concreto legato a diversi fattori, primo tra tutti la perdita dei valori dell’Occidente. I popoli orientali, nel bene e nel male, sono infinitamente più vitali di noi, coltivano una fede nel futuro che abbiamo perduto».
Venendo a questioni meno epocali, come giudica il governo di Giorgia Meloni?
«Anche se di solito non voto questa volta ho votato la Meloni, pur sapendo che sarebbe stato inutile. È la politica in sé a contare sempre meno, soggetta a direttive finanziarie, tecnocratiche e militari decise altrove. La Meloni sopravviverà se riuscirà a seguire la linea già tracciata da Draghi e dai poteri sovranazionali, altrimenti ci vorrà poco a farla fuori».
Nessuna deriva di neofascismo alle porte?
«Questo proprio no. Se si riferisce alla riforma della giustizia, siamo casomai nel solco del berlusconismo, il codice Rocco sarebbe più contrario che favorevole a questo nuovo garantismo. Il resto è slogan buono per i talk show. Io credo, come Pirandello, che il fascismo sia un tubo vuoto: ognuno lo riempie come vuole».
Il ministro Giuli ha citato il pensiero solare di Franco Cassano, un altro dei suoi eredi mancati.
«Mi fa piacere che Giuli abbia scoperto Cassano, anche se lui lo fa nel nome del sole, forse pensa a Giuliano imperatore o ad altre tradizioni. Io mi richiamo più a Camus, Valery e al mito del Sud evocato proprio da Cassano».
Pensiero solare a parte, dopo di noi c’è davvero il diluvio? E perché ha scritto questo libro se pensa che non ci siano eredi?
«La prima speranza è di essere smentito. In secondo luogo, credo con Vico che a volte la realtà insorge e si riprende i suoi diritti, a maggior ragione quando si vive in una bolla illusoria come quella che stiamo vivendo in Occidente. E infine, confido nella clemenza degli dèi».
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