il Fatto Quotidiano, 2 gennaio 2025
Non medici ma veri schiavi: epopea degli specializzandi
Usati come camerieri ai congressi, per lavare l’auto del primario o come guardie mediche in cambio di un giubbotto. Ma sono 50mila medici veri e tengono in piedi 48 ospedali universitari d’Italia. Sono gli specializzandi per i quali lo Stato spende un miliardo l’anno in formazione senza poi curarsi del fatto che il 10% abbandona prima del tempo la borsa di studio da 25mila euro l’anno, causando – come rivelato dal Fatto – un danno da 35-40 milioni solo nel 2024. Tutte storture di un sistema che genera e tollera condizioni di sfruttamento e abuso, come quello capitato a 12 specializzande di Pavia molestate da un primario rimasto al proprio posto per tre anni finché ha patteggiato la pena (vedi sotto).
Dai ministeri della Salute e l’Università non è arrivata alcuna smentita alla quantificazione del costo sociale e sanitario degli abbandoni che – per loro stessa ammissione – neppure conoscevano, ignorando anche la correlazione tra quei dati e i questionari che vengono somministrati ogni anno, scuola per scuola, che rivelano dove e perché si annidano le sacche dello sfruttamento e del disagio. Ci sono scuole in cui uno specializzando su due dichiara di lavorare ben oltre le 38 ore previste dal contratto e le 48 ore previste dalle leggi, uno su tre di non aver mai visto un tutor formativo o le sale operatorie.
Massimo Minerva dell’Associazione Liberi Specializzandi lo denuncia da anni all’Osservatorio Nazionale di cui fa parte, agli organi universitari e ospedalieri. “Gli specializzandi mandano messaggi importanti, ma il sistema della formazione non li coglie e neppure si accorge che in 18 scuole il 100% dichiara di essere obbligato ad eccedere l’orario e che, nonostante l’obbligo, in 107 scuole nessuno ha risposto al questionario”. Le denunce spesso finiscono nel vuoto. “Avrò scritto una trentina di lettere – racconta – ma il sistema è autoreferenziale e viene difeso con unghie e denti pur di avere forza lavoro a buon mercato”.
Dietro questa “distrazione” c’è un punto non solo tecnico-ministeriale ma anche politico. Dal 1999, per legge, l’Osservatorio Nazionale interministeriale dovrebbe monitorare i requisiti di accreditamento delle scuole e che il processo formativo non sia una becera forma di sfruttamento da parte di università e ospedali a corto di strutturati. Metà dei 16 componenti però sono universitari, e come tali orientati a “coprire” le magagne dei colleghi. Politiche a volte sono le nomine, come il neurochirurgo di Ferrara, Massimo Miscusi, che è responsabile Dipartimento Università di Fratelli d’Italia.
Capita così che tra i membri dell’Osservatorio siano scelti primari di scuole che vantano record di abbandoni. Ad esempio il professore della chirurgia maxillo facciale della Federico II che perdeva più borse di tutte le 14 scuole della specialità, in pratica la metà dei posti. Alla specializzazione pediatrica del Policlinico di Milano il 64% degli iscritti dichiara di lavorare oltre l’orario previsto dal contratto. Ma il direttore è il presidente dell’Osservatorio Regionale, che dovrebbe impedirlo e invece a febbraio 2023 li invitava come hostess e steward al congresso “La pediatria nella pratica clinica”: “18 persone, di cui almeno 2-3 uomini per attività di sala durante il congresso”. Non un caso isolato, anzi. Il 13 gennaio in Piemonte si svolgono le “universiadi”. Il direttore di Anestesia di Torino, Luca Bazzi, era stato incaricato dal Rettore di occuparsi dell’aspetto medico e ha pensato bene di chiedere via mail la disponibilità degli specializzandi a coprire i turni di 24 ore in cambio di un giubbotto brandizzato “universiadi”.
Non mancano episodi di abusi veri e propri segnalati nei questionari ma ignorati da atenei e ospedali in cui avvenivano. A Salerno ha fatto scuola la vicenda del professore di chirurgia plastica Carmine Alfano, già a processo per truffa a Perugia (prescritto) e ora indagato per questo e altri reati a Salerno dopo che il Fatto e l’Espresso hanno pubblicato gli audio violenti con cui sferzava gli specializzandi che usava per volantinare ai seggi, lavargli l’auto o comprare regali.
Del muro di gomma Minerva ha fatto esperienza diretta. “Alla scuola di ginecologia dell’Università di Udine tra il 2021 e il 2023 risultavano 9 abbandoni su 25 con una media del 36% a fronte del 11% nazionale. Si facevano più di 300 ore al mese documentate dalle timbrature, orari maggiori di quelli previsti dalla legge del 1739 della Carolina del Sud per gli schiavi”. Minerva segnala la cosa alle autorità ospedaliere ed universitarie e all’ispettorato del lavoro di Udine. “Anziché preoccuparsi di questo la direttrice Lorenza Driul chiese ed ottenne dal presidente dell’Ordine dei medici di Udine di avviare un procedimento disciplinare contro di me. Finì in nulla, ma le autorità interpellate si erano alleate per perpetrare le illegalità. La verità? Quando emergono queste cose vengono prese contromisure, a volte di facciata, solo quando finiscono sui giornali, come è stato per le Universiadi”.