Corriere della Sera, 2 gennaio 2025
La Cina e la trappola della deflazione
Non sarebbe bello, per il leader supremo di Pechino, «giapponesizzare» la Cina. Questa è però la trappola nella quale sembra avviato a cadere Xi Jinping. Già a inizio 2024, gli economisti più sensibili avvertivano della minaccia che il Paese entrasse in deflazione, cioè in una fase nella quale i prezzi continuano a scendere. «Cosa c’è di così brutto nella deflazione? Alla gente non piace che le cose siano a buon mercato?», avrebbe chiesto Xi a chi sollevava il problema, secondo il Wall Street Journal. Dal momento che non è agevole mettere in discussione le parole del segretario del Partito Comunista e presidente della Repubblica Popolare, più di un alto dirigente è probabilmente entrato in confusione: un anno dopo, la deflazione sta bussando forte alla porta della Cina. Nonostante gli stimoli finanziari decisi dalle autorità, a novembre l’inflazione al consumo è stata solo dello 0,2%. Peggio hanno fatto i prezzi delle merci al momento dell’uscita dalle fabbriche: sempre a novembre, sono stati del 2,5% inferiori a quelli di un anno prima. Per quanto Xi possa vederci qualcosa di positivo, il dato di fatto è che la deflazione ha effetti negativi: con profitti in calo a causa dei prezzi in discesa, le imprese tendono a rinviare gli investimenti o a ridurre la manodopera, con ciò spingendo ulteriormente in basso consumi e prezzi. Anche i cittadini tendono a posticipare gli acquisti se immaginano che domani questi costeranno meno. Una volta che la deflazione prende piede nell’intera economia, è molto difficile liberarsene. Il Giappone sperimentò questa situazione a cominciare dagli Anni Novanta, dopo che scoppiarono le bolle immobiliare e della Borsa: solo oggi, dopo trent’anni di economia piatta, pare esserne uscito nonostante decenni di tassi a zero e di stimoli finanziari. La Cina corre lo stesso rischio: un’enorme bolla immobiliare sta scoppiando, i governi locali sono oberati dai debiti, grandi quantità di beni non trovano acquirenti, la crescita rallenta. Anche la demografia, nei due Paesi, è negativa. Nel Sol Levante, il simbolo della caduta furono i troppi campi da golf costruiti negli anni del boom, in Cina lo sono i milioni di appartamenti nuovi ma vuoti. C’è chi già parla di «decennio perduto» per l’economia cinese e di sua «giapponesizzazione». E ora arriva Trump, che vuole lasciare in Cina, invendute, le merci di Xi.