Corriere della Sera, 2 gennaio 2025
Giusy Versace e i suoi 15 paia di gambe
Giusy Versace, quand’era piccola cosa voleva fare da grande?«Un mio sogno era fare il pilota di aerei. Però il corso, dopo il diploma, costava tantissimo e io in quel periodo avevo litigato con mio padre. Non ci siamo rivolti la parola per un anno, non potevo certo chiedergli i soldi».
Che bambina era?«Sono cresciuta con le Barbie e le macchinine, mio padre portava me e mio fratello a vedere le gare delle auto telecomandate. A 8 anni mi ha messa su un go-kart. Mentre le mie amiche la domenica sceglievano il pareo da abbinare al costume, io guardavo il Gran Premio in casa».
I suoi genitori si separarono quando era adolescente.«Oggi è una cosa comune, ma ai tempi no. A Reggio Calabria, io e mio fratello eravamo gli unici della scuola con i genitori separati».
È stato anche quello a rafforzare il vostro legame?«Immagino di sì. Lui è la persona più importante per me, senza nulla togliere a mio padre e a mia madre. Per le sue fidanzate ero un incubo, a tutte facevo la radiografia. Oggi sta con una donna molto intelligente e rispettosa del nostro legame. Due anni e mezzo fa sono diventata zia dei gemelli Alfredo e Greta: mi hanno liberata da mamma che continuava a chiedere quando le facevo un nipote».
Non ci ha mai pensato?«Non l’ho mai desiderato così tanto. Nemmeno Antonio, il mio compagno. Forse tra qualche anno me ne pentirò. Ma sono una donna di fede. E avendo visto la morte in faccia ho quasi paura di non avere tempo per fare tutto quello che vorrei».
Con Antonio Magra state insieme da 15 anni. Quanto ha contato, nel saldare il vostro legame, il fatto che anche lui abbia perso una gamba?«Non nego che questa cosa ci unisca. Mi ha corteggiato fino allo sfinimento. All’inizio non ne volevo sentir parlare: ma dove andiamo, che facciamo una gamba in due? Poi una mia amica mi ha fatto notare che lui non si poneva proprio il problema che io non avessi due gambe».
Perché non vi sposate?«Non è in cima alla lista, ma neanche escluso».
Me lo faccia chiedere a lui. Antonio, le piacerebbe sposare Giusy?«Beh sì, mi piacerebbe».
Vede, Giusy? Provi a dirmi che cos’è per lei Antonio.«È l’autore della mia vita. Dietro tutte le mie esperienze più importanti c’è lui, che ha sempre mille idee e non le realizza. Poi quando ci riesco io non si ingelosisce, è felice».
A quali si riferisce?«Alla onlus Disabili No Limits, alla sfida dell’atletica, a Ballando con le stelle. Ogni volta mi ha spronata dicendo che avrei potuto mandare un messaggio di inclusione».
Ha fatto spesso da apripista. Di cosa è più orgogliosa?«Sono stata la prima donna italiana a correre con doppia amputazione, la prima concorrente con disabilità di Ballando, la prima disabile a fare il Volo dell’Aquila dal campanile di San Marco al Carnevale di Venezia. Ma forse la cosa di cui sono più orgogliosa è essere riuscita a guidare di nuovo dopo l’incidente. Adesso vado pure in scooter, ho preso la patente nautica e non escludo di prendere il brevetto per volare».
Non si smentisce. È WonderGiusy, come nel libro che ha scritto per i bambini.«Questo non vuol dire che le cose per me siano facili. Nel primo libro, Con la testa e con il cuore si va ovunque, ho raccontato in modo crudo il giorno dell’incidente. Con il dolore ho imparato a convivere».
È la sindrome dell’arto fantasma?«Sono due cose distinte. La sindrome dell’arto fantasma si manifesta quando, per esempio, sento prurito al polpaccio o il formicolio al piede, che non ho più. Il dolore dell’arto fantasma, invece, si presenta sotto forma di scosse elettriche. Certi giorni piango dal dolore, mi chiudo in casa e spengo il telefono».
È ancora in contatto con Salvatore, l’operatore dell’Anas che si fermò a soccorrerla nel 2005? O Michele, il volontario del 118 che le tenne la mano fino all’arrivo dell’elisoccorso?«Il 22 agosto di ogni anno mando un messaggio con un cuore, una mia foto e un grazie a loro due e ai poliziotti che sono intervenuti».
Ha detto che i soldi del risarcimento sono macchiati del suo sangue. Cosa ne ha fatto?«Nessun risarcimento mi restituirà le gambe. Quei soldi sono fermi per quando sarò vecchia. Ne ho usato una parte per fare del bene».
Prima dell’incidente era una manager in carriera nel settore moda, ma non nell’azienda dei suoi cugini, Santo e Donatella. Le spiace che sia stata ceduta a un fondo?«Sì, ma ne ho compreso le ragioni. Forse da piccola avrei desiderato lavorare con loro, ma poi sono stata felice di essermi affermata nello stesso campo da sola, con le mie forze. Anzi, chiamarmi Versace è stato più un problema, perché molte aziende temevano che volessi fare spionaggio e mi scartavano a priori».
Che ricordo ha di suo zio Gianni?«Avevo 20 anni quando è morto e non lo avevo frequentato molto, perché viveva già fuori. Ma quando ci vedevamo, magari a Natale, mi colpiva la naturalezza con cui passava dall’inglese con Madonna al dialetto con il padre».
E suo zio Santo?«Mi ha insegnato tutto quello che dovevo sapere per costruire la mia carriera. Poi, dopo l’incidente, mi è stato vicino come un padre».
Donatella?«Lei non la frequento, però è molto generosa con me. Mi veste sempre per le grandi occasioni. Anche per la tournée teatrale».
Quante paia di gambe ha?«Quindici. Le cambio a seconda della circostanza. Ho quelle per i tacchi, per lo sport, per il mare».
Si è sentita meno femminile, dopo l’incidente?«Avevo gambe bellissime, prima. Però, no, non mi sento meno femminile. Mi vesto in modo diverso, ma riesco ancora a fare uno stacco di gambe come la Parietti insegna. E poi, se voglio sentirmi più sexy, metto un push up».
Non abbiamo parlato di politica. È stata deputata e ora è senatrice. È riuscita a incidere?«Non quanto avrei voluto. Non sono ancora riuscita a far cambiare in modo significativo i livelli essenziali di assistenza, nei quali c’è un nomenclatore che non menziona le protesi e gli ausili di tecnologia avanzata anche per la pratica sportiva amatoriale. Però ho avuto un ruolo nel riconoscimento delle pari opportunità degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari e corpi di Stato, e l’allora ministro dello Sport Spadafora, con un gesto di fair play, me lo ha riconosciuto».
Il Parlamento l’ha delusa?«Riflette la società: c’è chi si impegna moltissimo e chi fa pochissimo. Mi piacerebbe scrivere un libro intitolato Buongiorno, onorevole. Molti ragazzi sono sfiduciati, vorrei raccontare il bene che c’è».
Da chi ha imparato di più?«Impossibile rispondere, farei un torto agli altri. Ho imparato molto ascoltando tutti gli interventi di livello, a prescindere dal partito».
Di Giorgia Meloni cosa pensa?«Ne ho apprezzato il rigore quando era collega alla Camera nella passata legislatura: è una che studia e si prepara. Non è da tutti».
Berlusconi?«È stato un privilegio poter sentire i suoi ragionamenti dietro le quinte: aveva una visione. L’impatto dell’intelligenza artificiale lo aveva previsto dieci anni fa. Certi momenti di cui è stato regista resteranno nella storia: penso alla stretta di mano tra Bush e Putin a Pratica di Mare».
Se avesse la bacchetta magica cosa farebbe?«Vuole chiedermi se rivorrei le mie gambe? Non penso. La vita perfetta non esiste. Perfetta la rendi tu a seconda di come la vivi. Userei la bacchetta magica per aiutare qualcuno che amo».