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 2025  gennaio 02 Giovedì calendario

L’iraniano in cella in Italia respinge le accuse


La moglie dall’Iran, e il console in un faccia a faccia: due colloqui importanti per Mohammad Abedini Najafabadi hanno marcato nel carcere milanese di Opera l’ultimo giorno del 2024 del 38enne ingegnere meccanico iraniano, con permesso di soggiorno svizzero, che gli Stati Uniti chiedono all’Italia di estradare. Ritengono che abbia supportato i Pasdaran di Teheran (tramite la propria società svizzera Illumove) nella vietata acquisizione negli Usa di componenti tecnologiche a duplice uso civile e militare, montate sui droni in uso al Corpo dei Guardiani della Rivoluzione e in particolare sul sistema di navigazione del modello di drone che il 28 gennaio 2024 uccise in un avamposto giordano tre soldati americani.
Per Abedini Najafabadi i minuti più importanti sono stati quelli al telefono con la moglie da Teheran, in una chiamata dal carcere autorizzata in realtà dai giudici già dal 27 dicembre: l’ingegnere iraniano, fermato il 16 dicembre al posto di frontiera di Milano-Malpensa su richiesta statunitense del 13 dicembre, è parso preoccupato da una sola cosa, e cioè dalla anche solo teorica prospettiva di non rivedere più per 20 anni (pena di una imputazione), o addirittura per sempre (visto che l’ergastolo è la pena dell’altra accusa), la moglie e il figlio di 4 anni in caso di consegna dall’Italia agli Stati Uniti.
Nel colloquio avuto con il console di Teheran, nella lingua dei due iraniani, ufficialmente non si è accennato alla parallela vicenda di Cecilia Sala, la giornalista prelevata in hotel a Teheran tre giorni dopo il fermo di Abedini Najafabadi e da allora detenuta con la generica accusa d’aver «violato leggi islamiche». Abedini Najafabadi, però, ne conosce per certo l’esistenza perché in cella gli è consentito avere un televisore, e in questi giorni, pur non comprendendo l’italiano, ha visto sullo schermo passare la propria immagine abbinata a quella della giornalista, e ha potuto intuire che i tg parlassero delle rispettive situazioni in Italia e Iran: Paese che peraltro, nella richiesta del legale Alfredo De Francesco di arresti domiciliari, si è fatto garante (tramite la propria rappresentanza diplomatica) che Abedini Najafabadi non fuggirebbe (come il russo Artem Uss nel 2023) nel caso ottenesse la scarcerazione in attesa del sì o no all’estradizione.
La tempistica non sarà comunque brevissima. Il difensore ha depositato l’istanza il 30 dicembre pomeriggio a cancelleria già chiusa, a mezzo pec. La Procura Generale per dare il proprio parere ha 48 ore (con in mezzo il giorno festivo), dunque i giudici lo riceveranno tra oggi pomeriggio e domani. Poi la competente V sezione di Corte d’Appello (che ha due presidenti, Francesca Vitale da tempo e Flavia Nasi arrivata da poco da Torino) fisserà la data dell’udienza ma non prima di 10 giorni previsti dalla legge, e poi il collegio avrà 5 giorni per dare o negare i domiciliari. «Sono molto preoccupato per la mia famiglia e dispiaciuto di trovarmi di fronte a un’accusa che sostanzialmente mi considera al fianco di terroristi – fa sapere Abedini Najafabadi tramite l’avvocato —, ma io sono un accademico, uno studioso, non un terrorista. E non riesco a capire questo arresto».