La Stampa, 31 dicembre 2024
L’ingengnere iraniano? Un pasdaran secondo gli Usa
New York – Mohammad Abedini-Najafabadi, il cittadino di origini iraniane fermato all’aeroporto di Malpensa su indicazione della autorità Usa, «è un affiliato dei Pasdaran che da tempo si sarebbe infiltrato in Italia» per poi fare base in Svizzera, dove ha fondato la società con la quale girava tecnologie vietate a Teheran. A dirlo a La Stampa sono fonti informate che hanno riconosciuto Abedini come un ganglio della lunga mano della Guardia rivoluzionaria iraniana in Occidente.Il 38enne, peraltro, il giorno dell’arresto arrivava da Teheran con un volo con scalo a Istanbul ma originariamente diretto all’aeroporto Fiumicino di Roma. Una volta raggiunta la città turca avrebbe però cambiato destinazione su Malpensa, «probabilmente su indicazioni arrivatagli da qualcuno», spiegano fonti americane e italiane.Ecco quindi spiegato lo scalo all’aeroporto lombardo dove poi, sempre in data 16 dicembre, è stato fermato dagli agenti della Digos e arrestato come da indicazioni americane. Ovvero tre giorni prima dell’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, che viene correlata a quello di Abidini. Gli spostamenti di quest’ultimo, rilevano fonti Usa, erano attenzionati da tempo e la tempistica dell’arresto avvenuta in contemporanea a quella del socio in affari, Mahdi Sadeghi, per cui sono scattate le manette sempre il 16 dicembre in Massachussetts, è dovuta più al rischio di nuovi «trasferimenti pericolosi» che al pericolo di fuga, spiegano gli inquirenti. Rimane il fatto che Abedini sembra essere più di un faccendiere, ma un emissario del regime, così come rimane da capire perché volesse giungere a Roma e con quali scopi. Cosa che era già accaduta in passato. Nel dossier di 36 pagine consegnato dall’agente speciale dell’Fbi, Ronald Neal alla Corte distrettuale del Massachusetts, di cui La Stampa è in possesso, viene tratteggiato un profilo chiaro dei due soggetti finiti nel mirino della Giustizia Usa.Secondo i documenti del tribunale, Abedini è il fondatore e amministratore delegato di una società iraniana, San’at Danesh Rahpooyan Aflak (Sdra), che produce moduli di navigazione utilizzati nel programma militare dei Pasdaran.L’attività principale è la vendita di un sistema di navigazione utilizzato in velivoli senza pilota, missili da crociera e balistici. Abedini ha fondato una compagnia svizzera collegata a Sdra, Illumove, attraverso cui, con la complicità di Sadeghi, ha stipulato un contratto con una società con sede nel Massachusetts per sviluppare componenti elettronici. Sadeghi e Abedini hanno quindi provveduto al trasferimento di beni, servizi e tecnologia dagli Usa all’Iran, attraverso la Svizzera (ovvero Illumove), a beneficio di Sdra, eludendo i divieti imposti dalle sanzioni sul trasferimento di componentistica ad uso militare alla Repubblica islamica. Tecnologia impiegata appunto nella produzione di droni, tra cui quello che ha causato la morte dei tre militari Usa di stanza nella Tower 22 in Giordania. Da qui ne nasce l’incriminazione per «cospirazione per esportare componenti elettronici sofisticati dagli Stati Uniti all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni» e la richiesta della autorità federali a quelle italiane di arresto e successiva estradizione dello stesso Abedini.«Il dipartimento di Giustizia riterrà responsabile coloro che consentiranno al regime iraniano di continuare a colpire e uccidere gli americani e minare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti», ha commentato il ministro Merrick B. Garland. Determinazione quindi da parte Usa nel vedere Abidini estradato, perché ha violato le sanzioni, perché ha «contribuito» all’uccisione di tre militari americani, ma – è questa la novità – non è solo una pedina o un faccendiere, ma è un esponente dei Pasdaran che ha tramato e agito da tempo ai danni degli Stati Uniti. Il dipartimento Giustizia Usa, interpellato da La Stampa, non ha voluto commentare.Nel frattempo, il 2 gennaio Sadeghi tornerà al tribunale di Boston, dopo l’udienza preliminare del 27 dicembre per la quale si è dichiarato non colpevole. Ingegnere e produttore di semiconduttori, potrebbe essere rilasciato giovedì prossimo. Secondo l’accusa, nel 2016 si recò in Iran per cercare finanziamenti da un’organizzazione governativa per un’azienda di dispositivi per il fitness che aveva co-fondato. In quell’occasione, sostiene la procura, iniziò a collaborare con Abedini aiutando la sua società ad ottenere componenti elettrici americani. Nel 2019, si fece assumere dalla Analog Devices, in Massachusetts, e brigò perché l’azienda americana firmasse un contratto per la fornitura di materiali con una compagnia svizzera che serviva da copertura a quella di Abedini. Rischia fino a 20 anni e un milione di dollari di multa. —