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 2024  dicembre 29 Domenica calendario

Dieci scienziate contro lo stereotipo


Contro gli stereotipi. Elena Cattaneo racconta le storie di colleghe che si sono affermate nei più disparati campi scientifici, dalla chimica alla biologia, dalle neuroscienze all’astronomia: un riferimento per le studiose di domaniEliana Di CaroDieci scienziate raccontate da una scienziata con la passione e le chiavi di lettura di chi conosce quel mondo, con le sue difficoltà, le sfide da raccogliere, l’entusiasmo di una scoperta o lo sconforto di un fallimento. Elena Cattaneo, punto di riferimento mondiale nella ricerca sulla malattia genetica Còrea di Huntington, mette in fila dieci vicende umane e professionali di colleghe che hanno scelto di dedicare la loro vita alla scienza: dalla biologia alla fisica, dall’astronomia alla chimica, dall’etologia all’ingegneria.
Accademica dei Lincei, nominata senatrice a vita da Giorgio Napolitano nel 2013 per le sue conquiste scientifiche (terza donna della storia dopo Camilla Ravera e Rita Levi-Montalcini), Cattaneo ha spiegato nella prefazione di aver scelto figure eccellenti ma sconosciute ai più, dopo essere sfuggita alla tentazione di selezionare studiose che avessero rotto il soffitto di cristallo diventando “prime” in qualche campo: ma la maggior parte delle donne «in realtà nemmeno arriva a intravedere il “soffitto di cristallo” perché la disparità di genere è radicata a ogni livello e interrompe la loro corsa molto prima». Di qui, dunque, la decisione di raccontare persone “normali” che con determinazione e fatica hanno raggiunto il loro obiettivo, a dispetto degli stereotipi di genere che in particolare nell’ambito delle materie Stem sono ancora molto radicati e penalizzanti.
Si va da Mariafelicia De Laurentis, astrofisica che ha provato l’emozione della scoperta dei buchi neri, a Simona Lodato, indagatrice del cervello e della sua complessità, da Miriam Melis, elettrofisiologa che analizza gli effetti dell’abuso di cannabis, ad Alessandra Mascaro, studiosa degli scimpanzè in Africa.
Se C?t?lina Curceanu ci porta nel mondo impenetrabile della fisica quantistica, la filologa Silvia Ferrara spiega i processi di decifrazione delle lingue ancora oscure (più facili anche grazie all’intelligenza artificiale), mentre Alessandra Gentile dà un’idea di che cosa siano gli ostacoli ideologici che frenano la ricerca (nel suo caso, sulla genetica delle piante). Ci sono ancora la chimica dei beni culturali Costanza Miliani, che ha aperto una strada con i laboratori mobili che “curano” in situ le opere d’arte, l’ingegnera sismica Maria Giovanna Durante e la genetista Vincenza Colonna, oggi all’Università del Tennessee dove dirige una biobanca con oltre 15mila campioni di Dna raccolti a Memphis.
La bellezza e l’intensità di queste storie sta nel poterne comprendere pienamente la portata perché raccontate con l’efficacia della semplicità, senza cadere in un linguaggio specialistico che diventa respingente, e al tempo stesso senza banalizzare la consistenza dei temi illustrati. Ci sono alcuni tratti che uniscono le dieci protagoniste e che accomunano probabilmente tutti coloro che abbracciano la scienza. Prima di tutto la dimensione internazionale e la capacità di fare squadra. Vivere un’esperienza all’estero, più che una possibilità, è un desiderio immediato se non una strada obbligata perché la ricerca non ha confini, il confronto meno ancora, quanto si apprende e si studia fuori ha un valore inestimabile e spesso le condizioni della ricerca oltre frontiera (inclusi gli investimenti) sono più favorevoli che in Italia.
La comunità scientifica è globale per definizione e – leggendo i vari profili – si capisce come certi risultati si possano ottenere solo coordinandosi e lavorando in team con colleghi agli antipodi.
Questo implica l’attitudine al dialogo, al ragionamento con gli interlocutori, al mettersi in discussione, non scoraggiandosi quando ci si inceppa e non arrivano gli esiti attesi. Un po’ tutte osservano che spesso, nel fare ricerca, si inizia quasi alla cieca, sulla base di un’intuizione, e si procede con gli esperimenti da cui – se quell’intuizione risulta corretta – emergono prove ed evidenze che si è nella giusta direzione. È ricorrente, in queste pagine, l’emozione del momento in cui si acquisisce la consapevolezza di una scoperta, di un pezzetto di conoscenza sino a quel momento indisponibile e improvvisamente, dopo mille tentativi, lì sotto gli occhi di tutti. Un altro elemento comune è l’importanza attribuita alla divulgazione, al far capire in che cosa consista la propria attività, condividendo i risultati acquisiti, andando nelle scuole oltre che partecipando ai convegni. «La scienza si realizza pienamente solo quando acquista una dimensione collettiva, quando diventa patrimonio di tutti e tutti ne comprendono linguaggio e metodo», ricorda Cattaneo.
E la questione di genere? Quali difficoltà hanno incontrato sul loro cammino di scienziate? C’è chi ha riconosciuto i momenti di sconforto, chi ha detto di essere stata più volte «l’unica relatrice donna in un simposio durante un congresso scientifico» pur avendo «molte colleghe validissime», con il dubbio di essere stata coinvolta «solo o quasi per il fatto di essere una “quota rosa”» e concludendo con la convinzione che «sia molto più raro per un uomo porsi interrogativi simili». Non manca l’esperienza di chi, appena diventata madre, ha dovuto raddoppiare gli sforzi e affrontare la fatica di notti senza sonno, alle prese con le esigenze di un neonato. In ogni caso, anche considerando il peso di conciliare famiglia e lavoro, tutte hanno espresso il loro talento, messo a frutto i loro studi, liberato la loro energia di studiose “visionarie”. Il messaggio che l’autrice – la sua è l’undicesima storia, nella parte finale del libro – vuol mandare è proprio questo, in particolare alle ragazze e ai ragazzi che potranno rispecchiarsi nelle vite descritte mettendosi anche loro in gioco.
Elena Cattaneo è figlia di un operaio della Fiat che aveva ricominciato a studiare a 30 anni per prendere la licenza superiore, cosa che gli ha permesso poi di diventare ispettore nell’industria torinese. Un esempio di impegno e tenacia che la ricercatrice – oggi alla guida di un gruppo di 25 persone a Mila no, con decine di progetti in corso – ha assorbito, laureandosi in Farmacia, proseguendo gli studi al Mit di Boston, tornando in Italia e divenendo madre di due figli. Nel frattempo lo studio sulla Còrea di Huntington era diventato per lei una missione che ha prodotto avanzamenti e pubblicazioni. Un po’ come è accaduto alle colleghe che offrono, qui, queste preziose testimonianze. «Si può fare» è il mantra di una di loro. In fondo, lo è di tutte.