Domenicale, 29 dicembre 2024
L’uomo che sussurrava alle Ferrari
«Quella mattina, nei primi giorni di marzo del 1947, il traffico su via Giardini era così scarso che si sentivano le mucche nelle stalle. Non lontano dalla chiesa al centro di Maranello, in un fabbricato di mattoni a un solo piano, alcuni operai in tuta si muovevano nervosamente attorno a un punto del cortile, a poca distanza da un signore alto, con i capelli pettinati all’indietro e gli occhiali scuri, che li guardava in silenzio. Un boato, simile a uno scoppio, squarciò l’aria tersa della campagna. Alcuni operai si misero al riparo per terra, temendo un’esplosione. Il viso accigliato sotto gli occhiali scuri si distese e sorrise. Era Enzo Ferrari. Fu in quel momento che capì che sarebbe diventato Enzo Ferrari, perché voleva divenire l’uomo capace di costruire le auto più veloci del mondo. Il tecnico al suo fianco piegò i fogli, li mise in tasca e ricambiò il sorriso: “Si può fare, funziona.” Si chiamava Angelo Bellei, aveva 22 anni e aveva progettato tanti pezzi del motore».
Nessuno, fuori dal Circus della Formula Uno e del segmento delle auto di lusso, sa chi fosse Angelo Bellei. Tutti – nel mondo concreto della Ferrari e nella realtà onirica che aveva come centro il Drake, Enzo Ferrari – lo conoscono. Bellei è stato uno degli uomini più vicini a Ferrari. Classe 1925, era nato a Formigine – naturalmente, provincia di Modena, fra l’Emilia e il West – e aveva conseguito il diploma da perito meccanico, naturalmente, come (quasi) tutti i protagonisti noti e ignoti del Boom economico e dello sviluppo italiano fra gli anni 60 e gli anni 80.
A Bellei, morto nel 2012, è dedicato un libro emozionante, L’uomo che sussurrava ai motori. Vita di Angelo Bellei. È firmato da Saverio Cioce, ma sembra scritto coralmente dalla comunità che, intorno alla Ferrari, ha vissuto dagli anni 50 ad oggi. Parla di Bellei. Racconta della Ferrari. Racconta di noi italiani. Bellei, che neodiplomato lavora alla Maserati, viene assunto alla Ferrari il 1° gennaio 1946. Negli anni 50 e nei primi anni 60 si applica sia sulle auto da strada sia sulle macchine da corsa, tanto da seguire – su indicazione del Drake – i primi passi di Mauro Forghieri, il giovane ingegnere entrato a Maranello nel 1959 e destinato a diventare il maggiore esponente tecnico-manageriale della scuderia.
Nel 1964, quando la Ferrari inizia ad assumere un profilo di impresa strutturata e complessa, viene nominato responsabile della progettazione delle vetture di serie. Bellei è una testa d’uovo, un lavoratore instancabile, un bravo mediatore. La sua capacità è quella unire estro creativo, innovazione tecnologica, dinamiche aziendali. Quando nel 1969 Gianni Agnelli, di fronte alle difficoltà finanziarie della Ferrari, entra nel capitale della società di Maranello attraverso la Fiat, Bellei ha un ruolo non irrilevante, come punta di cesura fra progettazione e prodotto, tecnologia e mercato, esclusività artigianale delle produzioni modenesi e necessità, nelle strategie torinesi, di aumentare le dimensioni e i numeri delle macchine. Nel 1975 è a capo del Reparto progettazione e sviluppo prodotto delle vetture di serie. L’operazione Testarossa è, anche, sua. Come ha la sua impronta il progetto della 208 GTS Turbo.
L’elemento strategico della esperienza di Bellei è rappresentato dalla connessione fra le corse e le vetture da strada, che costituisce una delle ragioni più profonde della trasformazione della Ferrari da automobile a mito. Si legge nel libro: «Il progetto di un travaso sistematico di tecnologie dalla pista alla strada per offrire ai clienti Ferrari il meglio su quattro ruote era cominciato. Tra Mauro Forghieri e Angelo Bellei, fino a quel momento a fianco anche nel salone del Reparto Progetti, fu alzato un divisorio per separare i due settori. Due biglietti indicavano a destra e a sinistra chi si occupava della produzione e chi della Formula Uno. Ma le porte tra i due uffici rimasero sempre comunicanti per i due responsabili. Il travaso d’esperienze fu talmente efficace che quel decennio rappresentò l’epoca d’oro per le Rosse, con una versatilità di modelli da competizione, in strada e in pista, che non è stata mai superata».
La storia di Bellei è, anche, una storia italiana di amicizia, di divertimento e di passione nello stare insieme. Si legge: «Angelo Bellei è stato tra i sei veterani della prima ora che Ferrari teneva vicino a sé durante l’immancabile partita a carte del dopopranzo. Una ventina di minuti in tutto, ma inderogabile. I compagni di gioco immancabili di Enzo Ferrari erano Sergio Scaglietti, il mago delle carrozzerie, Carlo Benzi, ragioniere e custode della contabilità dell’universo Ferrari, ed Ermanno Della Casa (direttore commerciale). Dietro di loro, che di regola si facevano portare le carte al ristorante Cavallino dove avevano la saletta riservata, c’erano Franco Gozzi, ufficialmente addetto stampa e in pratica esegeta e ambasciatore nei confronti di mezzo mondo per conto del Drake, e Angelo Bellei. A loro due il compito di sostituire al tavolo i compagni di gioco che potevano mancare, in modo da non perdere l’appuntamento con la briscola».
Una storia italiana fatta di energie e di quotidianità, di tensioni e di affetti, di estetica e di motori che rombano nell’aperta campagna emiliana. Un giusto tributo a chi, all’ombra di un gigante come Enzo Ferrari, ha fatto il suo dovere, si è divertito e ha contribuito a scrivere alcune delle pagine più memorabili del Made in Italy del Novecento.