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 2024  dicembre 29 Domenica calendario

Caviale e champagne ai boss in carcere

Ringalluzzita dall’appello alla clemenza per i detenuti da parte del Papa, la sinistra ha rilanciato la classica richiesta di amnistia natalizia. Raccontando sì la sofferenza (vera) che si vive nei penitenziari italiani, ma omettendo quel che si cela nel buio delle celle: crimini che decine di inchieste, in ogni angolo del Paese, a malapena riescono a scoprire e a punire. Come quella della Procura di Napoli che ha portato a 30 arresti: la camorra gestiva lo spaccio di droga e di telefonini in 19 strutture detentive del Paese, tra cui Catania, Terni, Rovigo, Caltanissetta, Trapani, Benevento, Melfi, Asti, Saluzzo, Viterbo e Sulmona.
GIRO D’AFFARI
Un affare, quello degli smartphone dietro le sbarre, che preoccupa pm antimafia e forze dell’ordine. A Santa Maria Capua Vetere un operatore socio-sanitario è stato arrestato per aver contrabbandato 40 cavetti Usb, caricabatterie, auricolari e microsim. A Foggia un’infermiera è finita in manette mentre smerciava 8 telefonini e 200 grammi di hashish. Nel carcere di Catanzaro sono state trovate carte di credito prepagate che avevano incassato, in sei mesi, circa 50 mila euro: erano i proventi dello spaccio tra i detenuti. A Cosenza è stato accertato che i boss della ’ndrangheta usavano utenze di insospettabili prestanome per continuare a comandare le cosche pur se confinati in regime di massima sicurezza.
A Biella c’era il supermercato delle sostanze proibite: cocaina, crack, oppioidi e sostanze anabolizzanti. Alcuni testimoni hanno definito quel penitenziario «il paese dei balocchi». Un altro detenuto ha detto agli investigatori: «Ci puoi trovare quello che vuoi». Ogni settimana arrivavano ai pusher incarcerati 200 pasticche di Subotex e panetti da 1 chilo di «fumo». Uno smartphone costava 1.500 euro, per i microtelefoni ne erano sufficienti però 500. L’indagine ha accertato che alcuni detenuti avevano rinunciato a ricorrere al Riesame o in Cassazione perché in cella guadagnavano più che in libertà. Un medico della struttura ha riferito: «C’è più droga in quel carcere che in tutta la stazione ferroviaria». E che dire di Velletri dove i reclusi ordinavano l’eroina coi telefonini e i parenti fuori la pagavano?
A Barcellona Pozzo di Gotto nei reparti di Alta sorveglianza era stata allestita una vera e propria piazza di spaccio. Proprio come a Secondigliano (Napoli) dove, però, lo stupefacente arrivava coi droni telecomandati dai «piloti» della camorra. Stesso sistema adottato a Terni, Trapani e a Frosinone dove, addirittura, dal cielo piovve una pistola usata in un agguato tra i corridoi del penitenziario. I telefonini servono non solo per gli affari, ma pure per il divertimento. A Terni il babyboss napoletano, Francesco Pio Valda, accusato di aver ammazzato un giovane per avergli sporcato una scarpa con un pestone, trasmetteva video su TikTok mentre cantava canzoni neomelodiche e mangiava la pizza. A proposito di cibo vietato: a ridosso delle festività, a Rossano sono stati sequestrati dalla penitenziaria i pacchi alimentari destinati ai detenuti «vip». Su ordine del direttore Luigi Spetrillo, gli agenti del comandante Elisabetta Ciambriello hanno scovato: pesce spada, gamberoni, astici, aragoste, polpi veraci, frutta secca, cannoli siciliani, mozzarella di bufala campana, panettoni artigianali, baccalà, lasagne, champagne e rum pregiato. Cenone rovinato.
GUARDIE E LADRI
È una gara di furbizia tra guardie e ladri: le schede sim e i microcellulari (quelli di appena 7 centimetri) vengono celati nei pacchi di patatine, nei succhi di frutta, nei cioccolatini e nelle caciotte. Ad Aosta alcune ragazze si erano specializzate in una disciplina poco olimpica, ma molto redditizia: lanciavano con la fionda, oltre le mura di cinta, pacchetti di coca per i carcerati durante l’ora d’aria. Occultato in una intercapedine di un bagno, è stato rinvenuto anche un vecchio Nokia da cui erano partite, nel solo anno 2023, ben 5.072 telefonate: in pratica 14 chiamate al giorno. A Trapani invece lo stupefacente faceva gol: dall’esterno, i pusher lanciavano palloni da calcio imbottiti di hashish e marijuana oltre il perimetro di pietra.
A Canton Mombello (Brescia) è stato stroncato un giro di usura con assegni e contanti. E ancora a Salerno un criminale aveva chiamato dalla cella la vittima di una estorsione per ricordarle di essere puntuale nei pagamenti.
Parliamo delle rivolte? Nel giro di 3 anni sono stati messi a ferro e fuoco i penitenziari di Foggia (con evasione di massa e maxi saccheggio), Siracusa, Sollicciano, Bari e Torino.
Piccoli e grandi reati son stati poi scoperti anche a Badu ’e Carros (Nuoro), Pescara, Teramo, Livorno e Rebibbia. Qui un boss siciliano coordinava gli affari di famiglia tramite Whatsapp scegliendo finanche dove sistemare i venditori ambulanti di pane a Palermo. L’ultima scena è per quel detenuto di Montoro, ad Avellino, che è scappato dai domiciliari per correre in caserma dai carabinieri. «Vi prego», ha detto ai militari, «riportatemi in carcere. Sono stati due mesi di inferno a casa con mia moglie. Meglio in galera che a casa».