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 2024  dicembre 29 Domenica calendario

Myrta Merlino, da D’Alema a Tardelli

Myrta con la ipsilon. Avrebbe preferito un nome più semplice?«Da ragazzina non lo potevo soffrire. A scuola mi chiamavano tutti Marta. O Morta. Mi arrabbiavo moltissimo».
Lo credo.«Fu un’idea di mamma, amante della mitologia greca. Myrthos era la musa dei poeti. Papà voleva chiamarmi Orsetta, mi è andata bene. In teoria, oltre alla ipsilon, ci voleva anche il th. Quando andò a registrarmi all’anagrafe di Napoli, l’impiegato gli intimò: “Dottò, o ci mettiamo la ippesilon o il ti-acca, tutti e due no».
Poi ci ha fatto pace.«Ora mi piace. È un nome che mangia il cognome, in tv nessuno mi chiama dottoressa Merlino, solo Myrta, è più diretto, crea subito un rapporto personale con il pubblico».
Figlia del francesista Giuseppe Merlino e della direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino Annamaria Palermo. Genitori, come dire, impegnativi.«Uh. Quando ho cominciato a lavorare con Minoli erano quasi rattristati. “Ma sei sicura? Una ragazza perbene come te, colta, in televisione?”. Dopo mia madre si è appassionata, mi faceva critiche e complimenti, se piacevo a lei ero sicura di essere andata bene».
E lei, per contrasto, che cosa voleva diventare?«Una campionessa di sport. I miei erano fissati con la danza, io non la potevo soffrire, mi piacevano la corsa, il salto in alto. Per loro, una perdita di tempo. Quando mi sono fidanzata con Tardelli, non furono contenti. “Un calciatore? Come mai? Che cosa avrete da dirvi?”. Avevano tutti i pregiudizi degli intellettuali di sinistra. Però a casa si parlava di tutto, con passione, dando vita a grandi dibattiti familiari. Vivevano da separati in casa, con il salotto in comune».
Su Tardelli hanno cambiato idea?«Sì. Col tempo Marco li ha conquistati. Prima di morire, mamma mi ha detto: “Ti lascio in buone mani”».
Si definisce «determinata». Una schiacciasassi?«No. Sono tenace, non mollo mai, questo sì. Però tengo sempre a mente che con questo lavoro non salviamo vite. Non sono una che mette da parte i rapporti umani. I miei figli, gli amici, il mio compagno vengono prima».
Bella e bionda, ha faticato a farsi prendere sul serio?«Ho cominciato occupandomi di economia, da ragazza, in un ambiente allora molto maschile. Mi vestivo da vecchia, con il tailleur e le camicette col fiocco. Spesso, quando mi presentavo, restavano stupiti. “Ma che è lei la giornalista?”».
Tranne D’Alema.«Lavoravo con Friedman, mi occupavo delle interviste. Anche in quel caso dissi: “Vado io”. Alan non era d’accordo, preoccupato di come trattava i giornalisti. “Impossibbl” (lo imita). Figurati come reagire lui se vedere te che arivi”. D’Alema era talmente dispettoso che invece scelse me: “Va benissimo la dottoressa”».
Bontà sua.«Per riuscire a prendermi un po’ di luce mi sono dovuta impegnare molto. Nella vita non ho avuto nessun colpo di culo. Solo Tardelli».
Che coppia, con Alan.«Per me era un mito. Andai tutta tremebonda. Disse: “Tu sei una principessa napoletana, io un ebreo newyorkese”. Se parlo con lui, prendo anch’io l’accento di Ollio».
In tv con Minoli.«Per me Mixer era “il” programma”. In adorazione per Minoli, ho fatto pazzie per lavorare con lui. Andai via da Napoli con due bimbi piccoli. Guadagnavo meno di quello che mi costava la babysitter».
Strigliate ricevute?«Quasi ogni giorno».
La più tremenda?«Voleva mandarmi negli Usa a seguire le elezioni Gore-Bush. Restai con i bambini, me l’ha sempre rimproverato. Ho molto amato mia madre, però a noi tre figli ci ha lasciati soli per lunghi periodi. E quel dolore di non averla accanto lo porto ancora con me».
La sua gaffe migliore (o peggiore).«A L’aria che tira su La7. Si parlava della foto di Galeazzo Bignami vestito da nazista. Donzelli lo difese così: “Beh? Io una volta a carnevale mi sono mascherato da Minnie”. Risposi di getto. “Onorevole, questa è una notizia: lei è fluido”. Mi guardò esterrefatto».
Mica male. Un’altra.«C’era Friedman in video».
Sempre lui.«Eh. Stava raccontando di come Napolitano avesse cercato di far cadere Berlusconi per sostituirlo con Monti. Aggiunse: “Che poi Napolitano è un vecchio score...one”».
Oddio.«Aveva tradotto malamente dall’inglese il termine “old fart”, che significa vecchio trombone, vecchia ciabatta. Non si rese conto di quanto fosse greve. Mi arrivò una letteraccia di Napolitano. Gli chiesi scusa non so quante volte. Ci ho messo due anni e mezzo per farmi perdonare».
Cos’ha pensato vedendolo piroettare a «Ballando»?«Non ci potevo credere. Ha dimostrato grande intelligenza e coraggio, uscendo dalla sua confort zone».
Nonna Maria.«La mamma di papà. La adoravo, mi ha cresciuto. Per darle un’idea di che tipo era mia madre: fu arrestata durante i disordini del ‘68 parigino con me nella pancia. Nonna invece mi metteva i vestitini, mi friggeva le pizzelle».
I suoi proverbi.«“Le persone che calpesti mentre sali, saranno pronte a darti un calcione quando scendi”».
Vero.«E poi: “Gratti il russo, esce sempre il cosacco”. E una massima di vita : “L’unico posto in cui la parola successo viene prima della parola sudore è sul dizionario”».
Quando è arrivata a «Pomeriggio Cinque» ne ha avuto bisogno. Tutti giù a criticarla.«Una sfida difficile. Ne sentivo il peso ma ho le spalle larghe. Con il tempo abbiamo costruito un programma forte, una narrazione nuova».
Fa sfuriate epiche ai suoi collaboratori.«Sono esigente, è vero. E anche iraconda. Se nei momenti concitati della diretta tu che dovresti aiutarmi non sei pronto, non mi rispondi in fretta, non mi passi il foglio che ti ho chiesto, mi arrabbio, perdo la pazienza, è il mio difetto».
Insomma, «sbrocca».«Però sono una buona. Dimentico tutto. Non cerco vendette. Come dice Tardelli, quello che succede in campo resta in campo. Vale anche per me. Apprezzo chi mi tiene testa, non amo gli yes man».
Hanno scritto che si faceva massaggiare i piedi dai suoi sottoposti.«E che lanciavo spazzole dalle scale. Pettegolezzi messi in giro da un mio ex assistente di studio. Lavorava male, con lui ebbi una lite, il comitato di redazione scrisse un comunicato contro di me che fu mandato ai giornali. Piccoli rancori. Ora ho Fabrizio, lo porto in palmo di mano».
Dicono che il prossimo anno non verrà confermata.«Mah. Delogu e Crippa di Mediaset mi ripetono: “Per noi sei un’istituzione”. Dall’azienda ricevo grandi attestati di stima. Ma sa come va. Mi siedo un momento qui fuori dagli studi al Palatino, qualcuno mi fotografa e racconta: “La Merlino è pronta per la panchina”».
O che spesso molla il programma per andarsene in ferie.«Sono mancata per la laurea di mia figlia. E lo rivendico. Sono umana. La tv ti dà tanto, però ti toglie pezzi di vita, alla mia età è giusto riprendersi qualche spazio per sé».
Diversamente ligia ai segnali stradali.«Se frenano col giallo mi incacchio. Quando a Napoli uscirono le magliette con la cintura di sicurezza disegnata ne comprai una. Sono allergica alle regole. Tardelli mi odia per questo».
La pizza la sa fare?«Sono negata. Però i miei due figli maschi sanno cucinare il soufflé.».
Scaramantica.«Vivo circondata da corni».
Davvero sul suo cellulare Marco è segnato in rubrica come “Triglia”?«Guardi». Mostra lo schermo. «Quando abbiamo cominciato a frequentarci lo portai a cena da una mia amica che mi chiese: “Perché Marco ha gli occhi da triglia innamorata?”».
E lui invece come l’ha registrata?«Io sono “Straccio felice”».
Eh?«Ci vedevamo la sera, dopo i rispettivi impegni in tv. Giravamo mano nella mano fino a tarda notte. La mattina non mi reggevo in piedi. Mi chiedeva: “Come ti senti?”. “Uno straccio”. “Ma sei felice?”. “Sì”. Da allora sono “Straccio felice”. Con Marco ho avuto un amore da diciottenne che non mi ero concesso prima. L’ho vissuto a 46, un privilegio».
Stella Pende, sua grande amica, è anche l’ex di Tardelli. Le ha dato buoni consigli?«Disse: “Attenta che è un traditore seriale”».
Ah.«Spaventata, lo affrontai. Rispose: “Era vero, ora non più”. Mi sembra fedele. Ma non sono gelosa e non controllo. Mi sento amata».
Ci resta male se per strada chiedono l’autografo più a lui che a lei?«No, sono vaccinata. Sto con un campione dell’82, un monumento nazionale, non posso competere».