Corriere della Sera, 29 dicembre 2024
L’addio a Cesare Ragazzi
L’unico a non vergognarsi per essersi affidato a quella geniale invenzione tricologica che confortò milioni di calvi è stato Lucio Dalla. Un gigante che si beffava delle battute altrui e che di Cesare Ragazzi divenne amico. Lucio se n’è andato nel 2012, Cesare ci ha lasciati due giorni fa a 83 anni. Colto da un malore, dopo una malattia diagnosticata due settimane fa, accudito dai suoi cari nella casa di famiglia di Bazzano, alle porte di Bologna: il pezzo di terra che non ha mai abbandonato.
Cesare Ragazzi è un mito, non tanto e solo della tricologia, ma della tv berlusconiana anni 80: televendite, imbonitori e imbonitrici. «Gli altri piazzavano cose, io invece vendevo una mia idea», raccontò anni fa. Sì, quella «meravigliosa» degli spot entrati nell’immaginario collettivo.
Idea nata, «un po’ come fece Steve Jobs», in una cantina comprata però a Bazzano con delle cambiali, nel ’68. Altrove si «ribaltava» il mondo, lui, diventato calvo, pensò a un’altra rivoluzione: non un parrucchino sintetico, ma qualcosa di più sofisticato, un innesto sul cuoio capelluto con i capelli veri, vergini, da pettinare e scompigliare. Alla base un infantile flash cinematografico, con gli indiani che fanno lo scalpo ai cowboy, «beh, allora…».
Nato e cresciuto in una famiglia di braccianti, «con tanta fame addosso e mille lavori da fare», meccanico, barista, rappresentante, oltre che cantante in un gruppo chiamato «I Vagabondi» – ecco il link con Dalla – Cesare s’è fatto da solo: barba e soprattutto capelli. Il grande pubblico se lo ricorda in tv uscire sorridente dal mare di Nervi con tanto di sirena – per il bulbo (capelli in slang bolognese) è importante la prova dell’acqua, non del fuoco – passandosi le mani nella chioma e dicendo solo: «Salve, sono Cesare Ragazzi». Una sorta di «Allegria» alla Mike Bongiorno. Semplice.
«L’idea meravigliosa fu coniata da un’agenzia di Milano, ma il resto è tutto mio», disse. Come decidere di andare in onda all’ora di pranzo, durante le trasmissioni sportive e di notte, «quando gli uomini guardano anche i porno».
Ragazzi, un pezzo di storia pop del Novecento, dal sapore americano: self-made man, ma all’emiliana. All’intuizione Ragazzi abbinò tanto lavoro. La svolta con la tv. Stabilimento vicino a casa, decine di centri in Italia e all’estero, fino ad arrivare a New York sulla 47a strada, il cuore glamour della Mela. Un’ascesa pazzesca sempre col sorriso sotto al baffo e la giusta misura del saper vivere senza esagerare. Amante dei motori, dopo aver acquistato una 500 s’è tolto lo sfizio di possedere anche un paio di Ferrari. E ancor di più di conoscere il Drake, Enzo Ferrari. Ha rinfoltito 900 mila teste. Tanti Vip, tutti anonimi. Non Berlusconi (l’emblema dell’impossibilità della ricrescita naturale: se non ce l’ha fatta lui…), «ci ho provato, niente da fare». Una vita con la testa (capelluta) sulle spalle. All’apice del successo, oltre ad essere citato in diverse canzoni, rifiutò di comparire nel film Arrapaho degli Squallor (ma ci fu una controfigura).
Tutto bene fino al 2009, quando la sua Cesare Ragazzi Company è fallita. Problemi finanziari. Senza astio commentò: «Le banche non sono state carine con noi». La corsa quarantennale finisce lì. Gli stabilimenti di Zola Predosa passano a una holding inglese, riassunta nel marchio CRLab, che si è unito alle condoglianze di queste ore.
A Cesare, pur sparendo dai radar del grande pubblico, non è tuttavia mai scomparso il sorriso. Sono rimaste le passioni di sempre: Bazzano, i post sui social, una famiglia affettuosissima, con i nipotini dei tre figli Silvia, Nicola e Simona, scultrice che ha collaborato con Antonello Paladino nel forgiare la statua di Lucio Dalla a Bologna. L’unico a scherzare su quell’idea meravigliosa fino a dire: «Salve, sono l’apostolo di Cesare Ragazzi».