il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2024
Salvini col cuore al Viminale
Il ministero dell’Interno mi è rimasto nel cuore”: queste parole di Matteo Salvini (distillate lunedì sera in una intervista a Nicola Porro su Rete4) dovrebbero farci seriamente riflettere nei giorni del Giubileo, occasione di clemenza e indulgenza. Non si tratta più di infierire sulle espressioni sconsiderate di un politico che ha fatto la fortuna dei comici televisivi, e senza pretendere diritti d’autore. Qui c’è poco da sghignazzare: quest’uomo ha un urgente bisogno di aiuto. Nel linguaggio comune delle persone normali l’espressione: mi è rimasto nel cuore indica luoghi e situazioni della vita indimenticabili per i sentimenti forti che hanno suscitato. La commozione per il sorgere di un’alba, per i colori di un tramonto, un panorama incantevole, un monumento, un dipinto, una canzone, un passione amorosa. Momenti soprattutto indescrivibili (“Lingua mortal non dice. Quel ch’io sentiva in seno. Che pensieri soavi. Che speranze, che cori, o Silvia mia!”). Ma il ricordo del ministero dell’Interno quali pensieri soavi potrà mai suscitare in una mente non disturbata? La sfilata compunta di prefetti e sottoprefetti? Nella penombra dei corridoi i ritratti arcigni di tutori dell’ordine del passato, accomunati dall’uso (e abuso) di manette e manganello? La lettura dei mattinali di polizia? Oppure, la nostalgia canaglia per quei gabbiani insolenti che un dì decisero di eiettare disgustosi composti organici sul capo dell’allora ministro in perlustrazione sui terrazzi del Viminale? Tale è il mistero dell’animo umano che non ci azzarderemo a scandagliarne gli anfratti.
Tuttavia, un oscuro sospetto ci arrovella, perfino indicibile, sperando infatti di sbagliare accecati dal pregiudizio ideologico. E se il ministero dell’Interno fosse rimasto nel cuore di Salvini tutte le volte che da lui partì l’ordine di sbarrare l’approdo nei porti italiani ai tanti relitti carichi di migranti in fuga? E se egli volesse dirci che nel suo cuore (?) resta felicemente immemore la sorte di quei 147 esseri umani raccolti dalla Open Arms e, in forza di un ordine firmato di suo pugno, tenuti per 19 giorni in alto mare ammassati sotto il sole? Certo, costui continuerà a blaterare di aver difeso così facendo “i confini della Patria”. Senza spendere mai neppure una parola di pietà per quei poveretti. Perciò ci rivolgiamo ai suoi cari: fate qualcosa.