La Stampa, 28 dicembre 2024
In morte di Gian Paolo Ormezzano
Per noi amici era Gipiò oppure Paolo, Ormenello o Jean Paul. Verso la metà degli Anni Settanta del Novecento, quando era il direttore di Tuttosport e il sottoscritto il suo redattore capo, avevo aperto con discrezione la porta del suo ufficio e assistito alla scena. Seduta di fronte stava la segretaria alla quale stava dettando una lettera. Nelle pause in cui le dava il tempo di scrivere, parlava in inglese al telefono con chissachì. Intanto le sue mani danzavano veloci sulla mitica Olivetti lettera 32 componendo un articolo. Avevo atteso paziente, poi avevo letto l’articolo di Gpo e anche la missiva che aveva dettato suggerendo la punteggiatura. Non una ripetizione, non una parola era fuori posto.Ormezzano era un genio. Tanta cultura cui attingeva a piccole dosi, senza sfoggiare, tanta memoria. Ancora di recente, anni 89 compiuti, se gli chiedevi un particolare di una tappa del Tour o una finale della tal Olimpiade descriveva la scena come se fosse ancora in diretta.Era arrivato al giornalismo quasi per caso, da buon nuotatore a collaboratore di Tuttosport raccontando appunto il suo primo amore. Poi il ciclismo, poi tutto. Era stata l’Olimpiade di Roma 1960 a consacrarlo, aveva raccontato ogni passo di Berruti fino alla sorprendente vittoria nei 200 metri, poi la notte stessa aveva caricato l’amico campione sulla sua Cinquecento per rapirlo al bagno di folla e l’aveva riportato a Torino. Olimpiadi per cinquant’anni, Giri e Tour de France….Quanti Giochi Olimpici insieme ed era uno spettacolo vederlo dettare gli articoli “a braccio”, come si usava dire, quando l’ora era tarda e non c’era il tempo materiale di scrivere. Declamava in tribuna stampa e in tanti si fermavano ad ascoltarlo. Era impossibile stargli al passo.Ricordo all’Olimpiade di Mosca, dividevamo la stessa camera, si arrivava stremati a mezzanotte dopo la lunga giornata, lui faceva una doccia e mi diceva: non vieni a vedere lo spettacolo notturno di Mosca? Ma già dormivo. Si divertiva un mondo a fare la parte del tifosaccio del Toro e l’antiJuve, il suo amico fraterno era Giampiero Boniperti.Un leone, che soltanto negli ultimi tempi era andato in riserva. L’ultimo compleanno a metà settembre, i famigliari gli avevano dato il permesso di andare con gli amici storici a patto di restare vicino a casa. Eccoci lì, una quindicina, alla Bocciofila Campidoglio dove aveva detto: «Mi piacerebbe tagliare il traguardo dei novant’anni...». Non ce l’ha fatta, ma ha vissuto da uomo vivo fino all’ultimo.