Corriere della Sera, 28 dicembre 2024
Dizionario dei Promessi Sposi
«A che cosa può servire un dizionario dei Promessi sposi?». Se lo chiede la filologa Giulia Raboni introducendo il volume di Eduardo Rescigno, pubblicato da Manzoni Editore. Le risposte sono molteplici, ma due prevalgono sulle altre. La prima: per chi conosce il romanzo, il divertimento è assicurato e le sorprese sono quasi a ogni pagina. La seconda: chi non ha mai letto il romanzo o se l’è dimenticato, spigolando qua e là nel «Dizionario» di Rescigno, si imbatte in una tale ricchezza di curiosità e suggestioni da trovare innumerevoli vie d’accesso alla lettura. È una questione di prospettive: dalla orizzontalità del testo, Rescigno ha tratto le sue categorie «verticali», per fortuna non sistematiche. Sono 13 ma potrebbero essere di più o di meno.
Si comincia dalla presenza dell’Anonimo secentista che Manzoni chiama in scena come Autore (immaginario) del presunto libro manoscritto ritrovato. La sezione numero 2 è la più consistente e riguarda i personaggi, messi in fila in ordine alfabetico, dalla A di (don) Abbondio alla Z di (padre) Zaccaria (un frate «mingherlino, con una voce fessa e una barbetta misera misera»). Tra grandi, piccoli e minimi, tra reali e inventati, i personaggi sono innumerevoli. E qui c’è la prima sorpresa perché, se quasi tutti conosciamo padre Cristoforo, chi si ricorda dello Sfregiato e del Tiradritto, i due bravi che accompagnano il Griso a Monza per scoprire dove si nascondono Agnese e Lucia? E chi si ricorda dell’Uomo di mondo che, capitato in mezzo alla folla che assedia il forno delle grucce, decide di defilarsi per paura delle punizioni che verranno («quando poi tutto è finito, si raccolgono i conti, e a chi tocca, tocca»)? E chi si ricorda del Viandante a cui Renzo in fuga chiede informazioni sulla strada da prendere per Bergamo? E chi si ricorda della Moglie dell’oste della luna piena che risponde indispettita alle raccomandazioni paternalistiche del marito: «Oh! Non sono una bambina, e so anch’io quel che va fatto»? Niente di meglio per apprezzare la straordinaria varietà umana messa in campo dal Manzoni.
Anche così si può leggere un capolavoro? Perché no. Se poi andate alla sezione 3, troverete tutte le occorrenze (23) in cui viene chiamata in causa la provvidenza (con la maiuscola e con la minuscola). Rescigno, classe 1931, melomane, è sensibile non solo alle melodie di Rossini, Verdi, Bellini e Puccini (che ha studiato), ma anche alla musica della letteratura, a giudicare dalla finezza con cui conduce il suo gioco lessicografico nella sezione 5, sulle Parole: quelle usate nei «Promessi sposi» sono 8.950, da «abate» a «zuffo», variante di «ciuffo»; ma Rescigno ne sceglie 271, a partire dall’aggettivo «abbaruffato», che significa scompigliato e si riferisce a un garzone del fornaio della Corsia de’ Servi che, assalito dalla folla affamata, torna indietro «tutto sbigottito e abbaruffato». Giustamente Giulia Raboni scrive che l’uso di registri diversi, in quel «misto di coinvolgimento e ironia ancora una volta umanissima», potrebbe essere di grande insegnamento alla nostra letteratura contemporanea.
Sul piano stilistico sono le metafore e le similitudini a rendere al meglio il vigore della prosa manzoniana. E siamo alla sezione 7. Il brulichio da alveare è quello che si agita nella testa della giovane Gertrude, destinata a diventare badessa, quando ricorda le immagini di matrimoni, di festini, vestiti, villeggiature. I bravi, dopo una missione fallita, tornano al palazzotto di don Rodrigo come un branco di segugi che hanno inseguito invano una lepre, «mortificati (…), co’ musi bassi, e con le code ciondoloni». La sollevazione, a Gorgonzola, aumenta «come quando si spazza, con riverenza parlando, la casa; il mucchio del sudiciume ingrossa quanto più va avanti». L’Innominato si rivolta con pena crescente nel letto e sente ogni passione come un cavallo recalcitrante «divenuto tutt’a un tratto restio per un’ombra». Troverete anche le frasi memorabili («Adelante, presto, con juicio»), le sentenze, i luoghi, i passaggi dagli explicit (la fine dei capitoli) e gli incipit (gli inizi dei successivi). Molti eccezionali: «Addio, monti sorgenti dall’acque…», «L’urtar che fece la barca contro la proda, scosse Lucia…». E continua a scuotere anche noi lettori dei Promessi sposi e del loro Dizionario.