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 2024  dicembre 28 Sabato calendario

Le mille vite del premier slovacco Fico

Dopo Viktor Orbán, è Robert Fico ad aprire un’altra breccia nell’Ue a favore del Cremlino. Il leader slovacco tornato al potere un anno fa dopo scandali e sconfitte e scampato a un attentato lo scorso maggio, con la sua visita pre natalizia alla corte di Putin ha contribuito a rompere l’isolamento internazionale della Russia. Una visita a sorpresa, ufficialmente per il gas. 
Ieri è emersa la portata di questa missione che indebolisce l’Europa: è stato lo zar il primo a far sapere che il leader slovacco potrebbe ospitare i negoziati di pace sull’Ucraina: «Perché no? La Slovacchia ha una posizione neutrale». Fico «il neutrale» – agli occhi di Putin – malgrado guidi un Paese della Ue e della Nato. Fico spina nel fianco dell’Europa e dell’Alleanza, per l’Occidente. Fico il sovranista che vuole assicurare il gas russo sottocosto al suo Paese anche ora che il contratto con Kiev per il transito è in scadenza e Zelensky non intende rinnovarlo. Fico che minaccia l’Ucraina di interrompere la fornitura di elettricità di cui il Paese ha urgente bisogno, se non collaborerà. L’offerta di un risarcimento agli slovacchi come contropartita sarebbe stata rifiutata, così come quella di forniture di gas alternative mediate dalla Commissione europea, ha riferito Zelensky. 
Certo il legame del leader slovacco con il Cremlino va oltre il gas. Basti pensare all’intervista da lui rilasciata a ottobre su una tv russa: a una giornalista pro-Cremlino sanzionata dall’Occidente, il leader di Bratislava ha ribadito le sue critiche all’Ue per il suo sostegno all’Ucraina e annunciato che parteciperà alle celebrazioni previste a Mosca per l’80esimo anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale a maggio. 
Del resto le ingerenze russe erano state segnalate come un elemento determinante per la sua vittoria nelle elezioni che lo hanno incoronato premier un anno fa per la quarta volta. E pensare che sei anni fa sembrava finito: dopo l’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak e della sua fidanzata, migliaia di persone scesero in piazza contro la corruzione dilagante nel suo governo, costringendolo a dimettersi. Il politico più influente e controverso della storia moderna della Slovacchia – diventato parlamentare appena ventottenne nel 1992, tra le fila del partito di sinistra nato dalle ceneri del partito comunista, poi fondatore del socialdemocratico Smer – sembrava spacciato e il suo partito non riuscì a imporsi alle elezioni del 2020, per la prima volta dal 2006. Invece Robert Fico è tornato in auge, e nel settembre 2023 ha vinto la sfida per il suo quarto mandato con toni apertamente filorussi e xenofobi. 
Le ragioni della sua rinascita si inseriscono nella sua audace parabola politica: da comunista dell’era sovietica al populista di oggi alleato dell’estrema destra, da europeista a leader contrario all’invio di armi all’Ucraina e al suo ingresso nella Nato. «In realtà Fico non è mai cambiato, è sempre stato uomo pragmatico, cinico, assetato di potere – ci racconta Peter Bárdy, direttore del quotidiano online Aktuality e autore di Fico Ossessionato dal potere —. È un uomo dalle mille facce, una per ogni occasione». 
Il tema della pace in Ucraina era stato un leitmotiv della campagna elettorale di Fico, quale dunque il motivo che lo ha spinto a proporsi come mediatore proprio adesso? Non l’ambizione di proiettarsi come leader di statura internazionale ma quella di rinforzare la sua base elettorale in vista di un possibile voto anticipato, da lui stesso menzionato come un’opzione al congresso annuale del suo partito, a novembre. «Negli ultimi mesi ci sono stati diversi scontri all’interno della coalizione di governo, Fico ha perso il supporto di alcuni deputati, e con questa mossa punta a consolidare il consenso nell’ultra destra», spiega al Corriere la commentatrice slovacca Michaela Terenzani.