il Giornale, 27 dicembre 2024
La giravolta di John Elkann
Non è stato facile superare il dopo Marchionne. JohnElkann, che a buon diritto merita il titolo di personaggiodell’anno quale simbolo italiano della crisi dell’auto ma soprattutto per la clamorosa capriola nei rapporti con il governo, aveva affidato strategie e investimenti al manager chietino la cui scomparsa ha provocato un contraccolpo più pesante e feroce di quanto si prevedeva. Elkann si è venuto così a trovare di fronte a una emergenza inaspettata, con conti salatissimi per Stellantisdovuti alla crisi del settore ma anche alla gestione arrogante di Carlos Tavares che ne ha fortemente appannato l’immagine, già non brillante per via della cessione di Fca vista da molti come una svendita solo a vantaggio della famiglia torinese. Su questo Elkann ha perso terreno e partita, quasi isolandosi dal dibattitopolitico e imprenditoriale, con i limiti noti di comunicazione. L’empatia dell’erede di Gianni Agnelli non ha certo aiutato questo percorso, anzi lo ha via via intossicato e la politica industriale è entrata in dissidiocon la politica cruda, quella che ormai si esibisce nelle varie emittenti. Il punto di riferimento della Fiat da sempre è stato Torino, come ricorda l’acronimo, ma lentamente il gps imprenditoriale si è spostato all’estero,Olanda e Francia: anche in questo Elkann ha incontrato oggettive difficoltà di comunicazione. Né Tavares ha agevolato il dialogo con le istituzioni, anzi accentuando una specie di incomunicabilità supponente, tipica del mondo sabaudo. Qui è sembrato che l’azienda perdesse quasi la sua identità: il licenziamento del manager portoghese ha portato finalmente Elkann ad un cambio di rotta del suo viaggio politico. Già dall’estate il presidente di Stellantis aveva vanamente provato un riavvicinamento al governo, trovando infine una chiave per il dialogo, con l’annuncio di investimenti forti negli stabilimenti italiani e, svolta questa che preannuncia davvero un futuro meno affannoso, della sua disponibilità a presentarsi in Parlamento finalmente giocando il ruolo che gli compete. Una scelta logica, opportuna e che non ha niente di clamoroso anche se qualche arruffapopolo presenta l’evento come un processo dinanzi al tribunale dell’Italia, fumi neri medievali che non conoscono l’amarissima realtà dell’automotive mondiale, solo pensando alle ultime notizie dal Giappone con la fusione difensiva tra Nissan e Honda, così come la gravissima situazione di Volkswagen, in breve la contrazione della domanda, gli effetti del post covid, le aziende soffocate dalla morsa Bruxelles-Pechino.
L’erede di Agnelli non è certamente il mago capace di risolvere con un colpo di scena la crisi strutturale ma può e deve essere oggi l’interlocutore unico e ideale per recuperare, oltre al dialogo con il governo Meloni, anchela prospettiva di una produzione certa di veicoli made in Italy. Non si può pensare, anche se questo è il rumore dei nemici, che Elkann vada a processo in Parlamento: forse alcuni, sollecitati anche da voci esterne, non aspettano altro, come tante tricoteuses dinanzi al patibolo; sta di fatto che la conflittualità ideologica o i capricci furbi di certuni, non servono a nulla, anzi hanno l’effetto contrario. È presumibile che Elkann abbia compreso, infine, di avere la carta di credito per riaprire il conto sulla banca italiana. Perdere questo appuntamento, dopo l’ultimo annus horribilis, sarebbe controproducente per lui e per il Paese. L’ultima campagna pubblicitaria del gruppo racchiude tutti i marchi Fiat, Lancia, Alfa, Maserati, la musica di Branduardi con la canzone «Si può fare» («...puoi cadere e puoi sbagliare e poi ricominciare...») accompagna le immagini e il testo a commento è come una confessione e un pentimento: «Si può partire per un viaggio e non sentirsi arrivati nemmeno dopo cento anni, per questo il nostro viaggio continua, non importa quante salite e discese dovremo affrontare, le affronteremo insieme a voi, sempre qui, nel nostro Paese perché a spingerci è un motore inesauribile: l’amore per l’Italia». Il responsabile europeo di Stellantis, al tavolo del Mimit, ha un cognome che è la didascalia del nuovo corso: Jean Philippe Imparato.