Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  dicembre 24 Martedì calendario

La diplomazia in fila da al-Jolani

Damasco – Dalla jallabia del buon musulmano alla giacca e cravatta del diplomatico: in politica anche i vestiti contano e Abu Mohammad al Jolani (il nome di guerra di Ahmad Sharaa, il leader islamico delle forze che l’8 dicembre hanno rovesciato la dittatura di Bashar Assad) ha ricevuto ieri, tra le tante, anche la delegazione della Farnesina con tutta l’intenzione di mostrare al mondo che la nuova Siria si apre al dialogo in nome della normalizzazione. Fonti locali ci confermano che la missione italiana di «alto livello» ha trattato i temi centrali che riguardano la tutela della minoranze, in particolare quella cristiana, da parte delle milizie sunnite che hanno battuto l’esercito del regime.
Il nuovo esecutivo chiede invece l’immediata revoca delle sanzioni internazionali e la normalizzazione dei rapporti diplomatici.
Sono questi passi necessari a garantire per affrontare il problema più grave che attanaglia il Paese: la crisi economica, che a sua volta porta alla piaga della povertà diffusa e della totale paralisi delle strutture pubbliche. Ovunque manca energia elettrica, la rete telefonica funziona male, mancano fondi per pagare i salari, l’inflazione galoppante e il blocco delle attività produttive restano fattori gravemente destabilizzanti. «Non è giusto che le forze che sono finalmente riuscite a defenestrare la dittatura penalizzata dalla comunità internazionale per i suoi crimini debbano adesso a loro volte subire le sanzioni», protesta Jolani.
Della missione ha parlato anche Antonio Tajani durante la sua visita in Kosovo. «Anche noi vogliamo essere parte attiva della riunificazione, della pacificazione e della stabilizzazione della Siria. Ci aspettiamo che il nuovo ordinamento sia rispettoso delle minoranze e in particolare quella cristiana. Questa è una priorità, per poi procedere in futuro alla revoca delle sanzioni», ha dichiarato il ministro degli Esteri italiano. A suo dire, comunque, i primi segnali che arrivano dal nuovo corso in Siria sarebbero «positivi» e l’Italia ha tutte le intenzioni di mantenere aperta la propria rappresentanza diplomatica (l’ambasciatore Stefano Ravagnan era arrivato a Damasco il 20 novembre). «Ce lo chiedono anche gli altri, soprattutto i turchi, che rappresentano un elemento di garanzia e stabilità in Siria», ha aggiunto Tajani.
La delegazione italiana ieri ha dovuto destreggiarsi con le difficoltà e gli imprevisti che caratterizzano i meccanismi decisionali del governo transitorio. Jolani è letteralmente subissato da incontri e telefonate. Accanto agli italiani ieri ha ricevuto le visite del ministro degli Esteri giordano, Ayaman al Safadi, e di quello del Qatar, Mohammed al Khulaifi. Da Ankara il presidente Erdogan aveva mandato il suo rappresentante due giorni fa e ieri ha ribadito che la Turchia intende intensificare i contatti con la Siria. Anche Francia, Germania e Gran Bretagna stanno riallacciando le relazioni. Gli americani, dopo avere inviato i loro diplomatici a parlare con Jolani, tre giorni fa hanno cancellato la taglia da 10 milioni di dollari che 11 anni fa avevano imposto sulla sua testa. Mentre Mosca afferma di aver avviato «contatti» con Damasco.