CorrierEconomia, 23 dicembre 2024
Lo stabilimento British American Tobacco di Trieste
Polonia, Macedonia, Groenlandia, Svizzera, Kosovo. Le destinazioni sono scritte su fogli appesi nei magazzini nuovi di zecca della British American Tobacco (Bat) di Trieste. Da qui partono i sacchetti a base di nicotina Velo, prodotti ed esportati in 12 Paesi con volumi triplicati rispetto a un anno fa. «Non siamo più l’industria del tabacco ma quella della nicotina», sottolinea Andrea Di Paolo, corporate & regulatory affairs director di Bat Italia e presidente di Bat Trieste. E il concetto diventa concreto mentre si cammina nel primo stabilimento italiano, dove si respira un odore intenso di mentolo misto ad altri aromi che compongono il blend per fumatori.
Nel giugno 2022 la posa del tetto della fabbrica; nel dicembre dello stesso anno la spedizione iniziale, diretta in Danimarca; nel giugno 2023 il taglio del nastro. «Spesso ci chiedono “perché a Trieste” – dice Di Paolo –, io rispondo che c’erano tutti gli ingredienti di cui avevamo bisogno: ricerca, sviluppo, startup e logistica». Lo stabilimento si trova a San Dorligo della Valle, a circa 20 minuti di auto dal confine con la Slovenia e dal centro di Trieste. In questo comune di quasi 5 mila 700 anime Bat ha previsto un investimento di 500 milioni di euro in cinque anni, con un indotto di 2 mila 700 lavoratori diretti e indiretti, 250 quelli assunti finora.
Prima di iniziare a costruire, Bat aveva incaricato una società di consulenza di individuare il sito più adatto all’espansione in Italia. Era il 2021, Trieste era il primo porto per flusso di merci e nel 2020 era stata eletta capitale europea della Scienza dallo European science forum (Esof). «Era la città più coerente con le nostre necessità di crescita», spiega Di Paolo. Da uno studio della Mib school of management, a fine 2023 il sito ha prodotto un valore aggiunto di 15 milioni per il territorio con un impatto fiscale locale e nazionale di circa 600 mila euro considerando Irap, addizionali Irpef e Ires. «Abbiamo dovuto convincere i vertici a investire sull’Italia prima che sulla città – spiega Di Paolo, artefice dell’operazione –. Siamo una multinazionale con 68 stabilimenti nel mondo, potremmo produrre ovunque ma volevamo farlo in questo Paese». È servito ricordare che l’Italia è un mercato strategico per il gruppo, decisivo però è stato giocare d’azzardo. «Abbiamo dovuto sfidare i pregiudizi su tempistiche, incertezza del diritto e complessità della burocrazia. Il costo del lavoro è stato forse il limite più grande, e siamo riusciti a far vedere che c’è un azzeramento delle differenze se si considera la qualità».
Secondo i dati raccolti finora, per Di Paolo, lo stabilimento di Trieste è tra i più efficienti, «con un indice di qualità del 95% contro soglie medie al di sotto del 90%: questo compensa i costi maggiori rispetto ad altri Paesi». All’interno dello stabilimento oggi è attiva solo l’area di Modern oral, cioè quella dei Velo. La catena di fabbricazione attuale inserisce nei sacchetti un blend proveniente da altri siti Bat, ma un’ala triestina è già destinata a ospitare la composizione della polvere in futuro. «A quel punto potremo apporre l’etichetta Made in Italy», dice Di Paolo.
È in programma anche l’espansione su prodotti Nicotine replace therapy (Nrt) e un’area destinata a un progetto non ancora reso noto. Apparterrà comunque alle nuove categorie, che oggi includono anche le sigarette elettroniche Vuse e i dispositivi per tabacco riscaldato glo.
Fanno parte della trasformazione del mercato di Bat, che al 2035 intende generare metà del fatturato dai prodotti senza combustione (costituivano il 16,5 per cento dei ricavi nel 2023). «Come azienda diciamo che le persone non devono fumare, se fumano dovrebbero smettere. A chi non vuole smettere, comunque, vogliamo offrire un’alternativa a rischio ridotto ed è in questa direzione che va il nostro business».
A Trieste ha sede anche il Growth hub, punto di riferimento della società al livello globale per il marketing digitale. Tra le sfide più dure ci sarà forse proprio quella della comunicazione sulle nuove categorie, dopo una sanzione Antitrust dello scorso febbraio che accusava Bat di «pubblicità ingannevole» su alcuni dispositivi a tabacco riscaldato glo per non avere specificato che possono contenere nicotina. «Riteniamo di avere operato nel giusto – dice Di Paolo —, ma per ora ci siamo immediatamente adeguati a quanto contestato dall’Autorità e al tempo stesso abbiamo presentato ricorso».
Dalla catena di produzione dei sacchetti al controllo qualità, oggi i profili più rappresentati in Bat Trieste hanno competenze stem e l’età media è di 33 anni. «All’apertura del processo di reclutamento abbiamo ricevuto 9 mila curricula, vogliamo creare un ecosistema di innovazione intorno all’hub».