Corriere della Sera, 23 dicembre 2024
I cantieri olimpici a Cortina
Battaglia persa? Ma certo, fosse solo uno scontro di potere o di bottega politica gli ambientalisti e quanti avevano mille dubbi sulla devastazione del territorio e i costi spropositati della pista da bob vent’anni dopo il bidone di 110 milioni buttati per la pista di Cesana abbandonata al degrado, hanno perso. E a questo punto non ce n’è uno che gufi contro l’impresa Pizzarotti che, vincendo in solitaria la gara d’appalto col ribasso dello 0,013%, si è impegnata nella «mission impossible» di finire i lavori in una manciata di mesi, in tempo per i test d’omologazione. Ma è questo, il nodo?
«L’impianto è pronto al 67%», ha garantito il commissario di governo e amministratore delegato di Simico, la Società Infrastrutture Milano Cortina, Fabio Massimo Saldini. E le tappe d’avvicinamento sono forzate al punto che i lavori si fermeranno solo dalla vigilia di Natale, a Santo Stefano e 48 ore a cavallo di Capodanno. Tanto che l’ipotesi di un forzato trasferimento all’ultimo istante delle gare di bob e slittino a Lake Placid, Stati Uniti, in caso di fallimento sul filo di lana, tocchiamo ferro, potrebbe essere scongiurata.
Meglio così, spiega Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness: «Sarebbe il colmo se dopo aver annientato il bosco di Ronco segando centinaia di larici non riuscissero a finire la pista e ci ritrovassimo con un cadavere cementizio. Una beffa inaccettabile. Con un carico di debiti economici e ambientali». E così la pensa Antonio Montani, presidente del Cai: «Noi eravamo ostili al progetto ma a questo punto chiudere la ferita aperta è ragionevole. Se l’opera non fosse finita sarebbe un dramma. Detto questo, dopo aver visto cos’è successo delle buone intenzioni iniziali, va raddoppiata la vigilanza sulle opere compensative per attenuare lo sfregio all’ambiente». Un’incompiuta, concorda per il Wwf Gaetano Benedetto, «sarebbe un monumento a chi ha torto o ragione. Noi non volevamo questo spreco di soldi e territorio. Ormai, però, possiamo solo pretendere la compensazione ambientale migliore possibile. Guai se così non fosse».
Visto dall’alto, in una giornata di sole accecante col vento che caccia via le nubi e fischia tra le cabine della funivia che sale alla Tofana, il cantiere è uno sbrego paesaggistico da paura. Dicono i promotori, che si sono spinti a diffidare i dubbi sui numeri di Marina Menardi di vocidicortina.it, che tutto tornerà come prima e d’aver «risparmiato il taglio del 40% degli alberi autorizzati. Si tratta quindi 1.200 arbusti che non saranno rimossi rispetto ai 2.000 previsti dalla legge». Già l’uso furbino della parola però la dice lunga. L’arbusto per Treccani è una pianta «di mediocre altezza, da 1 a 5 metri». Quelli abbattuti, accusano le associazioni, erano alberi maestosi, solenni, secolari. Ammesso che, fatta la pista, ne vengano piantati di nuovi, l’ambiente sarà (parzialmente) ripristinato nel prossimo secolo. Auguri.
Don Luigi Ciotti, promotore con Libera e un po’ tutte le organizzazioni ambientaliste italiane del progetto Open Olympics 2026 per la trasparenza, che mesi fa si diedero appuntamento a Pieve di Cadore per denunciare i rischi della scommessa olimpica, è oggi pessimista: «Dio non voglia che succeda come a Cesana. Per ora è un disastro. Il rischio è un’altra cattedrale nel deserto». Non nel profondo sud. Sulle Dolomiti. Era la paura di Indro Montanelli quando scrisse nel ‘55 i suoi dubbi sul nuovo stadio per l’hockey su ghiaccio «capace di ottomila spettatori». Sì, «ottomila spettatori non saranno difficili da raccogliere, fra tanta gente che verrà quassù nel periodo delle gare. Certo. Ma dopo il periodo delle gare, chi rifonderà al Municipio di Cortina le 150 mila lire al giorno che occorrono alla manutenzione? Il Coni, che ha stanziato la somma per la costruzione detraendola dagl’introiti del Totocalcio, cioè dalle nostre tasche, parte dal presupposto che l’hockey è destinato a diventare popolare come il football. Ma il football si sviluppa in città dai 100 mila abitanti in su. Forse il Coni spera che anche Cortina superi i 100 mila abitanti». Oggi scesi, nelle stagioni morte, a cinquemila. Erano allora, quelle 150 mila lire, 2.784 euro di oggi. E anche allora il Coni, lo Stato, l’ente pubblico promisero che non avrebbero abbandonato il Comune come sarebbe di nuovo accaduto vent’anni fa a Cesana, il cui sindaco Daniele Mazzoleni ha spiegato al Corriere: «Promesse, promesse, promesse. Poi, più visto nessuno. Tutte frottole».
Ed è questa la sfida centrale per chi si è impuntato, come Matteo Salvini e Luca Zaia, sulla costruzione della pista da bob e slittino che doveva essere «leggera» e costare 61 milioni e ha già sfondato il tetto di 124,5. Ammesso che, come dice il governatore, le Olimpiadi «ci porteranno oltre 5 miliardi di euro e già la sola fase post olimpica è valutata 1,1 miliardi di euro, perché per i Giochi arriveranno 2 milioni di persone», cosa sarà di quell’opera «dopo»? A proposito, quando partono i lavori del villaggio olimpico «leggero» (28 mila euro a posto letto) a Fiames dove non è stato ancora affondato un badile nella terra esattamente come al cantiere in project financing per il restauro della vecchia stazione ferroviaria e un parking sotterraneo da 600 posti per il quale si erano «scordati» dell’alienazione dei terreni?
Vada come vada un record, comunque, la Simico l’ha già: stando all’ultimo bilancio depositato il 31 dicembre 2023, ha 9 dirigenti e 36 impiegati. Uno su quattro. Todos caballeros. Più 17 quadri intermedi. Con sede in massa a Roma, che dista 573 chilometri da Milano e 668 da Cortina. Dove stanno rispettivamente i residui 4 e 6 dipendenti: 10 su 62. A dispetto di due regioni come Lombardia e Veneto che quotidianamente rivendicano sempre più autonomia. Diranno che lo squilibrio era dovuto alla fase di progettazione e che il «cervello» non poteva essere che lì dove sono i ministeri e il Coni ma poi, col trascorrere dei mesi...