La Stampa, 22 dicembre 2024
Intervista a Alessandro Gassmann
La cosa più importante è saper ripartire, fare con quel che si ha, prendere le misure e adeguarsi. È in questa caratteristica una delle tante differenze che separano Alessandro Gassmann, 60 anni a febbraio, dal suo gigantesco, indimenticabile, padre Vittorio: «Per carattere, da sempre, mi sento spinto a fare meglio quando devo confrontarmi con limiti e difficoltà. Credo sia la mia qualità primaria».
Si spieghi meglio.
«Se mi succede qualcosa di negativo mi dispero come tutti. Poi, però, se trovo una soluzione, mi riciclo e riparto. Credo di aver preso da mia madre (Juliette Mayniel n.d.r.), lei era così, ha avuto tante vite e ogni volta ha ripreso il via, in maniera diversa, magari avendo di meno, anche invecchiando, in una fase meno felice della sua esistenza, ma riuscendo ugualmente a stare bene, come se avesse cambiato pelle».
Una dote che suo padre Vittorio non aveva ?
«Per niente. Forse perché era talmente abituato a vincere, a ottenere premi dappertutto… quando faceva un errore, lo viveva come un evento imperdonabile. Io, invece, ne faccio in continuazione, e li vivo in modo rilassato, senza problemi».
A febbraio compirà 60 anni. Che effetto le fa?
«Ho vissuto tanto e spero di vivere ancora parecchio. Quanto all’età, sono convinto di essere sulla buona strada, nel senso che sto affrontando l’invecchiamento nel modo giusto. Di invecchiare mi frega relativamente, sto imparando a farmi ogni tanto dei regali, per esempio a concedermi momenti in cui non lavoro, cosa per me veramente rarissima. Ho capito solo adesso quanto sia importante fermarsi, forse perché ora la fatica è più evidente».
Per le donne la vecchiaia è sempre difficile. Lo è anche per i maschi, e, ancora di più, per i maschi belli come lei?
«Lo è per tutti… comunque mi sembra, finora, di prenderla benissimo. Ho una donna che mi ama ancora tantissimo, non so per quale motivo… e che io amo allo stesso modo, mi reputo fortunato. E poi finalmente adesso potrò interpretare ruoli della mia età, finora mi hanno cercato sempre per fare gente più giovane».
È soddisfatto del suo percorso professionale ?
«Sono attore da 42 anni, ho fatto tante cose, alcune buone, altre medie, altre brutte o bruttissime, però penso di aver compiuto un buon excursus. Oggi mi interessa mettermi alla prova in parti diverse, difficili. La regia è la cosa che mi piace più. Quando leggo una sceneggiatura sento di avere una visione e penso che, per un regista, sia la cosa più importante».
Si è appena confrontato, dirigendo Questi fantasmi, con un mostro sacro come Eduardo De Filippo. Lo ha conosciuto?
«Si, certo, Eduardo e mio padre erano molto amici, si frequentavano. Veniva spesso a trovarci in campagna e devo dire che, per un bambino, la sua presenza non era di quelle rassicuranti, insomma, non era un signore con cui ti veniva voglia di giocare a rimpiattino. Era serio, inquietante, particolarmente flemmatico e tranquillo. Però era anche l’unica persona che riusciva a farmi vedere mio padre sotto una luce differente».
Quale?
«Mio padre prevaleva sempre su tutti, quando c’era Eduardo aveva un altro atteggiamento. Si capiva che lo amava e apprezzava tantissimo. Ricordo Eduardo a teatro, per vedere Gassmann sette giorni all’asta, in scena al Teatro Tenda di Roma. Mio padre andava in scena ininterrottamente, dalle 8 di mattina alle 8 di sera. Eduardo rimaneva seduto nel suo camerino. Sempre. Con un’espressione sorridente. Forse riconosceva delle somiglianze. Lui e mio padre facevano parte della stessa stirpe, quella di chi non si accontenta mai».
Non ha mai trascurato l’impegno nel sociale. In testa Roma, la sua città. Come la vede a pochi giorni dal Giubileo?
«Mi auguro che i lavori finiscano il più presto possibile, che la città venga restituita a chi ci vive, non solo a chi viene per pregare. Una cosa che io rispetto moltissimo, anche se, da non credente, mi trovo a subire le conseguenze di una cosa in cui, appunto, non credo».
La città è a soqquadro da mesi. Lati positivi ?
«Ho attaccato tantissimo il sindaco Gualtieri, adesso abbiamo fatto un po’ pace. Comincio a vedere qualche miglioramento. Per esempio Viale Trastevere asfaltato, abito da quelle parti, tornare a casa passando su una strada liscia, senza rischiare di morire in Vespa è già una bella notizia».
Anche suo padre si era cimentato in Questi fantasmi, con Sophia Loren. Cosa direbbe della versione firmata da lei?
«Nei giudizi mio padre era diretto, impattante, ma credo che gli sarebbe piaciuta, perché avrebbe riconosciuto il lavoro onesto degli attori».
Ha mai desiderato essere un fantasma?
«Ho una vita molto bella, non soffro d’invidia, no, non credo…forse, a volte, mi piacerebbe essere invisibile per capire che cosa il pubblico pensa di un mio lavoro, entrare in una sala e osservare le reazioni».
Cosa si augura per il 2025?
«La pace. Dobbiamo trovarla, dobbiamo fare di tutto per riconquistare la pace».