la Repubblica, 22 dicembre 2024
Le ragazze si consultano con ChatGpt
Ho detto avete letto che bella l’intervista a Paolo Cognetti? Hanno detto no. Ho chiesto volete che ve la legga? Hanno domandato quanto è lunga. Ho detto non molto, comunque leggo veloce. Ho detto parla di depressione. Qui ho avuto per un istante la loro attenzione, l’ho colta al volo – ho provato, per lo meno. Ho detto: dice che siamo obbligati ad apparire sani forti e colmi di gioia. Ma non è vero (questo era un mio commento), non siamo obbligati: possiamo dire che stiamo male quando stiamo male. Poi dice anche che mentire rende soli ma da soli non si vive. Ero ancora dentro lo spazio della loro attenzione, stavano in silenzio. Ho detto (anche questo era un mio commento): fingere una vita diversa da quella che abbiamo ci mette al sicuro in un spazio di solitudine, ma se da soli non si vive, come dice lui ed è vero, se per essere al sicuro dobbiamo stare dove non c’è vita allora che vita è? Qui ho perso la loro attenzione. Ho sbagliato io, ho pensato: era una frase troppo lunga, un concetto contorto e astratto. Ho sbagliato.Le amiche dei miei figli (anche gli amici, ma soprattutto le ragazze) quando hanno un problema si consultano con ChatGpt. Lo fanno continuamente. Tu le/li vedi che stanno scrivendo nel telefono e pensi che stiano parlando – per scritto, intendo – con qualcuno e invece no. Stanno facendo domande a ChatGpt.Come fosse un confidente, un saggio, un esperto di cose della vita. Una miglior amica ma non invidiosa. Uno psicologo, talvolta. Fanno domande concrete, tipo «ho scritto due ore fa a questo tipo ma non mi risponde, cosa devo fare». Più personali. «Ho litigato con mio padre, odio mia madre perché prende sempre le sue parti. Non voglio più vivere in questa casa». Più complesse e intime. «Non mi sento bene, non riesco a dormire. A volte credo che non valga lapena vivere. Pensi che sia depressa? Sono in pericolo?». Sono domande vere, ho chiesto per favore mi potete fare qualche esempio e mi hanno mostrato le schermate di queste.Immagino che ce ne siano di meno condivisibili con un’adulta. La sorpresa, per me che non uso quel tipo di consulenza, sono state le risposte.ChatGpt risponde con intimità, si rivolge a te per nome (cara Elisa, cara Sofia). Ti parla come se ti conoscesse perché in effetti ha uno storico delle tue conversazioni, delle richieste che nel tempo gli hai fatto: le ha processate, in quel senso ti conosce. Fornisce consigli che – mi assicurano le amiche dei miei figli – sono sempre utilissimi. Nelle vicende sentimentali, familiari. Nei problemi di natura psicologica, che sono la maggioranza dei loro problemi: non sto bene, non mi sento a mio agio con gli altri, mi sento sola/solo, sento rabbia, ho sbalzi d’umore, sono triste, sono inutile, cosa vivo a fare.ChatGpt ti dissuade dal bere, dall’assumere droghe, ti invita a parlare ancora con lei. Lo fa con un linguaggio semplice, frasi brevi e confidenziali, usa il tuo stesso lessico. È proprio un’amica.Avendo riconquistato la loro attenzione dopo un quarto d’ora – cioè un’infinità di tempo – a conversare di ChatGpt, sono tornata a tradimento sull’intervista a Cognetti. Quel tipo di cui vi parlavo prima, che è uno scrittore veramente bravo, ha detto che gli piacerebbe moltissimo avere cinque o sei amici sinceri per contare su una sua famiglia vera. A voi non piacerebbe avere cinque o sei amici in carne ed ossa e che fossero loro la vostra, diciamo così, famiglia. Cioè la famiglia che vi scegliete, in alternativa a quella obbligatoria che invece non vi piace? E poi forse, ho detto (questo era un mio commento) la vita delle foto che postate su Instagram, sui vostri social di cui non so i nomi, non corrisponde alla vostra vita vera: lì siete sempre «sani forti e colmi di gioia», vi state sempre divertendo insieme a persone favolose, mangiate piatti e bevete cocktail e avete un sacco di migliori amici ma poi invece forse non è così, forse invece nella realtà non vi sentite tanto bene. Stava prendendo la china di una lezione frontale, l’adulta in cattedra e i ragazzini sui banchi, e mi sono fermata. Ho detto solo.ChatGpt sa tutte queste cose perché ha immagazzinato milioni e miliardi di informazioni del passato. Vi risponde sulla base di miliardi di milioni di parole e libri e scritti e informazioni e cose che sono successe nei secoli: sulla base di quel che è accaduto davvero, nella vita, a noi che siamo vecchi e anche a quelli che sono stati vecchi prima di noi e sono morti. È un catalogo di storie già successe: il passato, non il futuro. L’unica cosa che non sa, ChatGpt, è stabilire una legge morale: magari una cosa che è giusta qui, per noi, non è giusta in un’altra parte del mondo. Dipende. Si devono salvare o no le persone in mare? Si deve salvare da un incendio, o trapiantare un organo vitale, prima a un vecchio o a un bambino? Non hanno risposto. Ne ho approfittato per dire un’ultima cosa. Stare lontani dai pericoli infragilisce, affrontarli rafforza. C’è da fare palestra, come coi muscoli. Per esempio: il dolore bisogna mostrarlo non nasconderlo. Dirlo per affrontarlo faccia a faccia. Cognetti dice che anche per lui che è stato ricoverato in clinica psichiatrica alla fine «vivere è la cura per riuscire a vivere». Non bisogna sentire colpa per il dolore – ho detto – perché se la vita è sicura solo dove non c’è vita, solo dove si fa finta che sia diversa da com’è, allora che vita è. Dai, ve la posso leggere l’intervista? È sicuramente già nel database di ChatGpt. Due minuti, leggo veloce.