Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  dicembre 22 Domenica calendario

La cognata di Bertolucci risponde a Gramellini

Caro direttore,
ho visto Ultimo tango a Parigi per la prima volta proprio a Parigi, nel 1972. Ne sono rimasta incantata: per la bellezza e la composizione delle inquadrature, per la luce e il colore (Vittorio Storaro), per la forza e la profondità dei sentimenti e, certo, per quella storia d’amore e di sesso così travolgente, tragica e inedita, come non avevo mai visto al cinema. Quella sera (avevo 24 anni ed ero da poco laureata), non avrei mai potuto immaginare che non solo sarei diventata una studiosa di cinema, docente all’Università, ma che quel grande regista che mi aveva così fortemente ed esteticamente emozionata, sarebbe diventato il mio beau-frère, mio cognato, avendo poi, nel 1982, sposato Giuseppe, suo fratello minore.
Mi dispiace quindi moltissimo che Gramellini, il 18 dicembre nella sua rubrica sul Corriere della sera, abbia scritto un articolo così infamante per Ultimo tango a Parigi, per Marlon Brando e per Bernardo Bertolucci.
Mi dispiace soprattutto che Gramellini non si sia documentato e abbia affermato il falso. Bertolucci non ha mai detto di aver fatto violentare Maria Schneider da Brando, ma solo di aver improvvisato, insieme a Brando, la presenza del burro, e di non averlo detto a Maria per poter avere una reazione spontanea, non preparata, da parte sua.
Non è mai stata violentata perché è una scena finta, recitata, come tutto il cinema da quando esiste (altrimenti pensate a quanti attori e attrici uccisi, feriti, torturati e violentati); la scena era scritta nella sceneggiatura (senza il burro ovviamente) e Maria sapeva della scena dalla prima volta che l’ha letta e ha accettato di fare il film. Come dice in un’intervista, che si sia poi «sentita violentata da Brando», non che sia stata violentata, è un problema che ha riguardato Maria e la sua fragilità, non la posizione etica e morale di Brando o di Bertolucci. D’altronde lei stessa non ha mai sostenuto che la scena fosse «vera». Non avrebbe mai potuto esserlo. Ma l’avete rivista questa scena? Gramellini se la ricorda? Lei in parte vestita e lui sopra di lei, con pantaloni belli stretti e maglione, niente di più finto e anche un po’ inverosimile. Sicuramente la scena meno erotica del film.
Per ultimo, questione che forse non tutti conoscono, è l’importanza dell’improvvisazione durante le riprese di un film, fondamentale nozione per comprendere le caratteristiche peculiari della regia e che accompagna l’arco dell’intera storia del cinema. L’improvvisazione infatti è l’unico modo che ha il regista, serrato dentro una programmazione ferrea, di esprimere la propria ispirazione, uno stato «fisico e interiore» favorevole alla creatività. Il tempo delle riprese infatti spesso non coincide con il tempo della creazione: la possibilità di cogliere una particolare emozione, turbamento o verità, è un momento fondamentale e imprescindibile del proprio lavoro. Quello che permette al regista di essere più vicino alla libertà espressiva degli altri artisti, scrittori, poeti, pittori. Ed è quello che cercava di cogliere Bernardo nell’espressione e nella reazione della sua attrice. Quel «burro» così tanto incriminato, è proprio quel momento di ispirazione e di improvvisazione che ha avuto Bernardo per girare quella scena.
Difficile per tutti, per Maria, per Brando e soprattutto per Bertolucci, scritta sulla carta in modo approssimativo, ma che doveva diventare cinema.