il Fatto Quotidiano, 20 dicembre 2024
Mit, troppo pochi per rispondere ai sindaci
“Siamo in tre a smaltire circa cinquemila richieste a trimestre”. È la risposta che un funzionario del ministero dei Trasporti, nei mesi scorsi, ha inviato a un sindaco disperato. Il Fatto ha potuto leggere il carteggio mail tra i due. Il sindaco chiede lumi per i ritardi. Da mesi attende i soldi dal dicastero guidato da Matteo Salvini: decine di migliaia d’euro previsti dal Fondo adeguamento prezzi. Nel frattempo il bilancio comunale langue. Il funzionario, più stremato del sindaco, replica così: “Se vuole accelerare la sua pratica, faccia pressioni sui referenti politici”. E il sindaco segue il consiglio: senza maniglie politiche, e con l’acqua quasi alla gola, contatta Matteo Salvini e i vertici del Mef, sperando nella fama dei ministri leghisti come alfieri dei territori. Gli risponde un dipartimento del Mit, che invita il sindaco a contattarlo, per evitare di gravare sugli uffici apicali.
Il primo cittadino (che preferisce restare anonimo) nel carteggio ammette di aver lambito lo stalking con il funzionario ministeriale. Ma non ha alternative: l’impennata dei costi e i ritardi nei pagamenti del Pnrr ha messo il suo comune in gravi difficoltà con le imprese nei cantieri. I soldi gli servono per pagare le ditte impegnate nella ristrutturazione di edifici comunali, incluso un ambulatorio.
Mentre scrive attende i rimborsi del primo trimestre 2024, ben oltre 100 mila euro, previsti a maggio e giunti appena pochi giorni fa, grazie, sostiene il Mit, ai fondi ricevuti dal Mef il 5 dicembre. Per un caso curioso, lo stesso giorno il Fatto ha interpellato l’ufficio stampa proprio sui ritardi nei rimborsi ai comuni. Non sappiamo quanti soldi il Mef abbia girato al Mit in quella data. Di certo c’è che, oltre alle domande presentate ad aprile, la somma serve a saldare le richieste inevase per l’ultimo trimestre ’23 presentate a gennaio. Quelle di luglio e ottobre saranno sbrigate entro Natale o nel 2025, insieme a metà dei rimborsi chiesti nel ’22.
Ma ora torniamo al principio: i 3 funzionari per circa cinquemila richieste a trimestre per il Fondo adeguamento prezzi. Siamo dinanzi all’esagerazione di un impiegato zelante, che per accelerare le pratiche invoca rinforzi, dipingendo un quadro troppo fosco? Abbiamo chiesto al Mit quanti siano gli addetti al vaglio delle domande: nessuna risposta. Contando le richieste esaminate, invece, la cifra del funzionario pare sovrastimata ma nemmeno troppo. Quelle del ’24 sono in lavorazione, dunque il dicastero non rilascia dati. Andiamo a spanne: le istanze di gennaio sono 2.649, quelle di aprile 1.623, a luglio salgono a 2.345. Aggiungiamo 1.617 domande incluse nel decreto del 17 aprile, più 606 nei decreti del 6 agosto e 23 aprile. Totale provvisorio: 7.223 richieste.
A cosa serve il fondo? Contiene le risorse per fronteggiare i rincari energetici e dei materiali (in virtù dei decreti n. 73 del 25 maggio 2021 e il n. 50 del 17 maggio 2022). Bottino di partenza: 12,1 miliardi. Ma gli enti locali hanno atteso i soldi per mesi. E dopo la gimcana burocratica (prima dello sblocco di pochi giorni fa) spunta pure la beffa ministeriale: “La richiesta è accordata, ma non ci sono i soldi in cassa”. L’avviso è in due decreti del dicastero dei Trasporti (il 418 del 26 settembre 2024 e il 453 del 28 ottobre). Sarebbero dovuti arrivare a maggio e agosto – entro un mese dalla scadenza per presentare la richiesta – insieme con i rimborsi per i comuni. Invece la coppia di provvedimenti giunge tardi, congelando 714 milioni: la somma prevista per i rimborsi del primo e secondo trimestre dell’anno, da gennaio a giugno. E solo da metà dicembre, come abbiamo visto, il malloppo ha fatto capolino nelle casse comunali. Risultato? Molti sindaci tardano a pagare le aziende impegnate nei cantieri per asili, ristrutturare edifici fatiscenti, installare pannelli solari, migliorare l’efficientamento energetico.
Alex Severgnini, sindaco di Capergnanica, a luglio presenta la domanda per incassare 220 mila euro: “Alla fine i soldi li abbiamo presi dalle nostre casse perché il prestito della banca non è gratis”. I soldi servono per la realizzazione di un asilo nido previsto dal Pnrr. Il costo è di 2,1 milioni: 1,9 li ha messi il comune. Al sindaco è balenata l’idea di fermare il cantiere, per tutelare le casse del paese. Poi ha pensato ai genitori di Capergnanica: “Dovevamo garantire i posti alle famiglie e il nido doveva essere pronto per l’anno scolastico, ma molti comuni non possono andare avanti e fermano i lavori”.
Nelle more dei ritardi ministeriali, i comuni anticipano soldi fino all’orlo del dissesto. Alcuni sono al bivio: fermare i cantieri o rischiare il fallimento anticipando il denaro? È il dilemma di Marzabotto, dove i ritardi per i rimborsi del Pnrr hanno messo in ginocchio il paese dell’eccidio nazifascista, costretto a pagare di tasca propria. La terza via: proseguire i lavori posticipando (a malincuore) i pagamenti all’impresa. Problema: le fatture si pagano entro 30 giorni, sennò scatta la penale con interessi fino al 12,25%. Le sanzioni però colpiscono solo i ritardi dei comuni, mai i ministeri.
Alla fine del 2023, secondo l’Anci, i mancati trasferimenti dello Stato verso gli enti locali sono esplosi a 12,5 miliardi. Nel 2018 valevano 2,5. Quintuplicati. Se si divide la somma (la metà di una finanziaria) per i 7.896 comuni italiani, il risultato supera il milione e mezzo: il debito dello Stato, in media, verso ciascun sindaco. Nessun dubbio che il “credito” si sia impennato soprattutto per i ritardi nei rimborsi del Pnrr, dice l’Anci.
“Ma il Piano di ripresa e resilienza è legato al Fondo adeguamento prezzi attraverso un paradosso”, spiega Lupo Stanghellini, sindaco di Monte Cremasco. Per richiedere il rimborso al Fondo adeguamento prezzi, il Comune dovrebbe anticipare il pagamento all’impresa. Ma siccome lo Stato non rimborsa i lavori del Pnnr, il primo cittadino non ha i soldi per l’anticipo alla ditta. E senza fattura, non può presentare la richiesta per il “caro materiali”. “È assurdo, ma una cosa è legata all’altra”, sostiene Stanghellini, che con 770 mila euro ha costruito un asilo nido previsto dal Pnrr: il Comune ha sborsato 620 mila euro, il ministero appena 150 mila. E ora tarda nel rimborso. Intanto, il Comune è in sofferenza.
L’ultima scialuppa per i comuni è il decreto Mef del 7 dicembre: autorizza i ministeri a rimborsare i comuni con una semplice autocertificazione, fino al 90% del costo dell’opera Pnrr, entro 30 giorni. Le verifiche ministeriali arriveranno con il saldo finale. Alcuni sindaci storcono il naso sospettando il via libera senza vincoli. E domandano: fare i controlli nei tempi giusti è davvero impossibile? Sì, se sono in tre a spulciare migliaia di faldoni.