Il Messaggero, 20 dicembre 2024
Susanna Tamaro: «Vittima del mio successo»
La strada che ci porta a casa è il nuovo, personalissimo libro per ragazzi di Susanna Tamaro, sequel di Tutti abbiamo una stella. Un vero romanzo di formazione in cui il piccolo protagonista, Sam, dopo essere stato abbandonato in un autogrill nel primo volume, impara che nella vita si deve combattere. «I bambini hanno bisogno di libri che li induriscano: in tutte le fiabe c’è un eroe un po’ disgraziato che scopre il male e capisce di essere capace di lottare. Io stessa ho fatto arti marziali per quarant’anni. I tempi, d’altronde, sono abbastanza inquietanti, bisogna far capire ai bambini cosa succede intorno a loro».Tamaro, che ci tiene a sottolineare di essere abbonata al Messaggero – «ho vissuto tanti anni a Roma, è un giornale equilibrato e pieno di articoli interessanti» – dice che scrivere un libro per bambini è «una cosa che dura per sempre».Cosa vuole dire?«Scrivo libri per bambini dal 1991, e mi capita ogni tanto di incontrare persone ultra trentenni, che mi canticchiano un brano dei miei libri, o mi parlano di un personaggio».Quali difficoltà affrontano i ragazzi di oggi?«Nel mio libro Il cerchio magico (1994) un orco prendeva il potere attraverso i teleschermi e il suo motto era: un mondo pulito e obbediente, pancia piena e in testa niente. Oggi i bambini vivono in un mondo virtuale, hanno perso il contatto con la realtà, la fisicità. In questo libro volevo infondere loro coraggio: la vita è piena di complicazioni, ma noi abbiamo le risorse per affrontarle».Si è ripresa dall’incidente domestico, dalla caduta “da sonnambula” di un anno fa?«Non del tutto, mi prenderò un periodo di riposo. A 67 anni, voglio fermarmi un po’. Non so se vivrò ancora molto, i miei genitori sono morti a 70 anni».Ha trovato l’armonia in campagna?«Io sto benissimo con la natura, con gli animali. Ci sono asini, pecore, cani, galline. Soffro della malattia di Asperger, sono solitaria e ho bisogno di un ritmo lento. È una fattoria. Da piccola il mio mito era Nonna Papera».La fede ha ancora un ruolo importante nella sua vita?«Sì, ho sempre avuto l’esigenza di cercare un senso profondo nella vita, e soprattutto di interrogarmi sulla morte. È una costante di tutti i miei libri».Sono passati trent’anni da "Va’ dove ti porta il cuore", il suo libro più celebre. Ma lei è uno dei rari casi di grande autore messo da parte dal mainstream, per ragioni politiche.«Totalmente, è una cosa che mi ha stupito molto. Anche perché mi sono sempre ritenuta una persona di sinistra. Mi hanno perseguitato per dieci anni. La Fallaci mi disse: “Se mi avessero fatto un quarto di quello che hanno fatto a te, io sarei morta"».Cosa le hanno fatto?«Persecuzioni continue, odio, minacce, cose spaventose. E ne sono uscita. Tu non sei una scrittrice, sei un fenomeno sociale, mi hanno detto una volta. Ho venduto 20 milioni di copie dei miei libri, tradotti in 46 lingue. Un po’ di stima potrei meritarla».E invece?«Sono Asperger e non so relazionarmi con le persone, la socialità, la mondanità. Sono ingenua, dico le cose che penso, senza pensare ai danni che posso provocare. Non sono mai entrata in un premio letterario...»Mai?«Ho vinto il Premio Strega Ragazze e Ragazzi (nel 2016 con Salta, Bart!, ndr), ma non se ne ricorda nessuno. Se vinci lo Strega per adulti, sei Premio Strega tutta la vita. Come un nobile, praticamente. Come Veronesi».Prova ancora rabbia nei confronti di Daniele Luttazzi, che fece la parodia di "Va’ dove ti porta il cuore"?«No, mi sono dimenticata la sua esistenza, già da molto tempo».I movimenti LGBT hanno preso male che lei si definisca eterosessuale. Come mai?«Non sapevo di essere Asperger quando ero piccola, ma mi legavo sempre a una bambina, una ragazza della mia classe, che seguivo per capire come comportarmi. Una sorta di guida. Sono stata perseguitata per questo per tutta l’infanzia e l’adolescenza. Ma come, non si può vivere con un’amica e non essere interessati a quello? Ci sono tanti tipi di rapporti nella vita. Oggi c’è il bisogno assoluto di etichettare tutto. Di chiuderti in una gabbia».Anche con la destra non ha mai legato. Forse perché lei è favorevole all’adozione da parte dei gay?«Certamente. Io mi baso sempre sul buon senso. Non sono mai stata da una parte o dall’altra. Penso sempre con la mia testa».Anche quando parla degli eccessi della tecnologia. Ha mai usato l’intelligenza artificiale?«Solo quando ho scritto il mio testo per presentare l’Italia alla Fiera di Francoforte e ho voluto mettere alla prova l’IA, per vedere la differenza».Cosa ha notato?«Che sono sempre meglio io dell’intelligenza artificiale».