Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  dicembre 19 Giovedì calendario

Il boom del film sui Pantaloni rosa

“Roberto Proia, sta contand i soldi?” (Ride) “Gli spettatori, preferisco”. Da lui ideato, scritto e prodotto, Il ragazzo dai pantaloni rosa, per la regia di Margherita Ferri, è il campione di incassi italiano dell’anno: oltre 8 milioni e mezzo di euro, e alla settima settimana di programmazione di nuovo la testa del box office. E pensare che la sceneggiatura, per Proia, è un secondo lavoro: il primo è direttore area cinema e produzione della Eagle Pictures, la società di Tarak Ben Ammar.
Qual è il budget de Il ragazzo dai pantaloni rosa?
Quattro milioni lordi, col tax credit del 40%. Il resto sono soldi cash di Eagle Pictures e per il 10% di Weekend Films, la mia società.
Un milione e trecentomila ingressi: come se li spiega?
Se non avessimo avuto il fenomeno Cortellesi, sarei più sorpreso. C’è ancora domani ci ha detto che le persone cercano uno spunto dai 9 euro del biglietto, non soltanto intrattenimento. Lo stesso Zalone, che a noi fa tanto ridere, dentro i suoi film aveva un mondo, e così Benigni.
Siani, Milani e Sorrentino: ha goduto di più a mettersi dietro chi?
Parthenope mi è piaciuto, anche se non è il migliore di Sorrentino – e hanno fatto un ottimo lavoro nel promuoverlo. Piuttosto, mi ha fatto piacere vedere come un certo tipo di commedia proprio non decollasse: trovo giusto che la pigrizia di scrittura venga penalizzata.
L’asticella a Il ragazzo dai pantaloni rosa dove l’aveva messa?
Per dare luce verde al film ho detto, ed era già ambizioso, 2 milioni e mezzo. Ma confidavo in uno e otto.
Qualche big de ’noantri l’ha chiamata?
È stato incredibile, li ho sentiti genuinamente contenti. Su tutti, Federica Lucisano.
I soliti stronzi e gli ancor più soliti rosiconi, invece?
Di faccia nessuno, però quando i complimenti sono forzati te ne rendi conto. Parliamo di un 2%, ma ci sono stati.
Il successo: merito delle proiezioni a scuola o il bullismo non conosce età?
Come dicono i giovani, sblocca un ricordo, anche uno di quarant’anni fa. Il mio bullo si chiamava Cristian come quello del film – e così pure nella mia prima sceneggiatura, Come non detto. Quando vado a parlare nelle scuole, devo fare coraggio agli studenti, ma un bullo l’abbiamo avuto tutti.
Che cosa ha chiesto alla sua penna?
Il mio obiettivo era che lo vedesse il maggior numero di persone, sicché ho chiesto al distributore, produttore e sceneggiatore, cioè me stesso, una cosa leggera, complice la voce fuoricampo, ironica e divertita. Non dovevo fare In the Bedroom, ma Wonder; non dovevo respingere il pubblico, portandolo a pensare “Oddio, vado lì e mi ammazzo di lacrime”. In realtà, si piange negli ultimi venti minuti, però Il ragazzo dai pantaloni rosa non è insistito né pornografico.
E i bulli?
Non credo nei cattivi bianco e nero o nel fare la lezione, ho preferito farglielo sentire, che sbagliano. C’è gente che ha visto il film cinque volte, e nel novero pure i bulli, perché alla fine qualche domanda se la fanno.
Dodici sceneggiature in cinque anni, comprese la franchise Sul più bello e la serie Gloria con la Ferilli: il leitmotiv?
La volontà di stupire, non voglio che il pubblico dica “massì, boh”. Intendiamoci, ci sono delle storie che non saprei raccontare, anche se avessi l’idea: penso a Io capitano di Garrone, che è una sceneggiatura stupenda.
Quando e dove scrive?
Al pub, il Pimm’s Good di Trastevere, il sabato e la domenica. C’è tanto rumore, passa un sacco di gente: anziché smontarmi, la situazione mi piace.
Che ci beve sopra?
Ci mangio: una bella colazione all’inglese, uova, pane e baked beans.
Il suo modello?
All’estero: Fox Searchlight.
Torniamo in patria, i problemi del nostro cinema?
Primo, le storie che funzionavano non funzionano più. Secondo, la paura da parte degli autori dell’aggettivo commerciale, che in America non ha senso: c’è qualcosa di male nello staccare tanti biglietti? Terzo, che il regista debba essere anche sceneggiatore, e viceversa: Spielberg non mi pare che giri suoi script, o sbaglio?
Sul podio del box office delle feste chi ritroveremo?
Mufasa in vetta, secondi a pari merito il nostro Conclave e Diamanti di Ozpetek.
Per l’anno nuovo che ha in serbo Eagle?
40 secondi, la storia di Willy Monteiro: dal libro di Federica Angeli, una sinergia di punti di vista, alla Elephant di Gus Van Sant.
Proia, che sta scrivendo?
La seconda stagione di Gloria con Cristiana Farina, e una commedia romantica: molto divertente, secondo me.