il Giornale, 19 dicembre 2024
Il coreografo di X Factor: «I miei balli a casa della Carrà»
La maestra di danza (Marisa Ragazzo) si arrabbiò da matti: lui era in ritardo, fuori posto e aveva quei pantaloni pieni di lacci che pendevano da tutte le parti... Il soprannome sgorgò spontaneo dall’ugola irritata dell’insegnante che lo rimise in fila. E gli portò un gran bene. Da quel giorno di ventisei anni fa, Emanuele Cristofoli è Laccio. Con la sua testa piena di ricci e di «santa inquietudine», per dirla con Mirò, è diventato un coreografo di fama mondiale. Oggi direttore creativo guida scenografi, costumisti, danzatori... Nato in provincia di Latina nel 1981, sposato, un figlio, da bambino avrebbe voluto fare il veterinario, poi sua madre lo avvisò «guarda che devi far partorire le mucche», allora pensò di diventare architetto. Ma per lui c’era pronta tutta un’altra storia: gli spettacoli di Tiziano Ferro, Laura Pausini, Raffaella Carrà, XFactor, l’apertura dei Mondiali in Qatar, The New Pope di Paolo Sorrentino...
Uomo, negli anni Novanta e a Latina. È stato difficile decidere di danzare?
«Se si riferisce ai bulli, avevo già diciassette anni quando ho scelto la danza ed ero fuori da certe dinamiche. Poi non mi sono mai lasciato condizionare. Avevo un mio look influenzato dall’arte, dal design, dall’America, dal Giappone... Ero bizzarro anche quando andavo a prendere il treno».
Poi però è diventato coreografo.
«I primi spettacoli sono stati quelli di Tiziano Ferro, che è di Latina, come me. Il suo show live mi ha cambiato la vita: è lì che ho provato l’energia del pubblico, ed è diventata una dipendenza».
A X Factor costruisce incredibili messe in scena in una settimana. Come si fa a vestire una canzone?
«Partiamo dalla lista dei brani, che sono solo un’ipotesi vista la struttura del programma. Si cerca un mood, si prova a interpretarlo e poi si lavora tanto con il giudice dei vari concorrenti e con tutte le altre maestranze che a X Factor sono veramente di altissima qualità».
Ha lavorato anche con Raffaella Carrà, un monumento della tv.
«Solo anni dopo, quando entrammo in confidenza, mi confessò che quando vide il mio nome come direttore artistico e coreografo di The Voice si chiese ma chi è questo che fa tutte queste cose così veloci?!. Fu un’esperienza stupenda. Ero con Raffaella a provare le coreografie a casa sua, in una stanza con uno specchio, creando insieme i movimenti prima di portarli sul palco. Era un momento di pura creatività, lontano dalle luci e dal pubblico. Poi, quando siamo arrivati all’Arena di Verona per lo show, mi sono trovato in sala prove con Gianni Morandi e Riccardo Cocciante che ci osservavano. Un’esperienza incredibile. Avrei voluto che mia madre e mio padre fossero lì a vederci».
E sul set di The New Pope, con Paolo Sorrentino?
«Mi presentai convinto di dover essere provinato, invece a un certo punto arrivò Paolo e mi diede la lista delle cose da fare. Lui era capace di creare da una scena simmetrica, misurata, calcolata e poi di piazzare nell’inquadratura un soggetto dove apparentemente non c’entrava nulla. Anche questa è la sua grandezza: crea uno schema e poi sbilancia completamente l’equilibrio. E il risultato è perfetto».
L’artista con la quale è più in sintonia?
«Ho un feeling particolare con Virginia Raffaele. Io doso sempre l’amicizia e il distacco quando lavoro. Ma lei è come se fosse mia sorella. È nostalgica, poetica, fa ridere e fa riflettere e sa essere struggente».
Dice che essere un creativo vuol dire essere una soluzione.
«La creatività risolve sempre i problemi, in ogni circostanza. Specie oggi che l’arte dev’essere abbinata all’organizzazione. Io poi, non sono completamente libero come uno stilista, ho sempre un committente, devo sempre partire da una richiesta. E devo saper esporre le mie idee in modo chiaro».
Come fa a capire cosa creare per ogni artista?
«Bisogna un po’ leggergli l’anima. Ci sono tanti modi per capire una persona: da come si veste, da cosa mangia, da come si muove...».
In casa sua come si comporta, ha la tentazione di cambiare lampade e sistemare poltrone ogni volta che rientra?
«Monto la direzione artistica (Ride). Spengo luci, sposto mobili... Lo faccio anche nelle case delle persone con cui sono in confidenza. Sono molto invadente».
Torniamo al pubblico: nuovi lavori?
«Ho dei progetti in Riviera...».
Sempre che il Festival rimanga a Sanremo...
«Se si spostasse di lì perderebbe la sua identità».