La Stampa, 19 dicembre 2024
Lord Byron e il suo grande amore a Ravenna
Se queste mura potessero parlare, racconterebbero del poeta simbolo dell’epoca romantica e della sua storia d’amore con la padrona di casa, la contessa Teresa Gamba Guiccioli: proprio qui, nel palazzo che oggi ospita il museo dedicatogli a Ravenna, George Gordon Byron visse fra il 1819 e il 1821. Prende corpo così quella comunione fra arte e vita vissuta che è anche punto focale del romanticismo: un percorso fra oggetti, narrazione multimediale, edizioni pregiate, ma anche i riccioli di capelli dell’amata e il cestino dove la contessina ventenne conservava le lettere del poeta.Tenendo fede alla sua fama di libertino, Lord Byron non si curò minimamente del fatto che Teresa fosse anche la giovane sposa del padrone di casa, come ricordano i tre “più” apposti a una delle missive che le inviò, un codice segreto a testimoniare il carattere clandestino della passione. A Ravenna poi, i palpiti del cuore del poeta inglese andavano di pari passo con un altro genere di passione, quella politica, e sempre grazie all’amante: furono Ruggero e Pietro Gamba, il padre e il fratello di Teresa, a metterlo in contatto con la Carboneria. E sempre nella città romagnola, Byron compose le opere che ne segnano la maturità letteraria: i primi canti del Don Juan, Ravenna Journal, Marino Faliero, La profezia di Dante, I due Foscari, Caino e Sardanapalo.Tutti buoni motivi, nel bicentenario della morte del poeta, per scegliere Palazzo Guiccioli come sede italiana della Byron Society oltre che per quella del museo, in un edificio completamente restaurato e ristrutturato per l’occasione. Per inciso, lo stesso palazzo ospita anche il Museo del Risorgimento, arricchito del materiale proveniente dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia e dalla Fondazione Bettino Craxi.Donatino Domini, curatore del Museo Byron, ne spiega lo spirito mentre ci fa da guida nelle stanze del palazzo dove l’artista prese in affitto cinque locali per stare più vicino che poteva alla sua amante: «È molto legato alla biografia e alla produzione letteraria del poeta. Qui Byron ha vissuto una storia emblematica dell’amore romantico che viene presentata attraverso narrazioni intermediali realizzate da Studio Azzurro. Naturalmente ci sono anche gli oggetti, che sono molto importanti, quasi dei feticci legati alla sua relazione amorosa». Il medaglione con i capelli di lei, le lettere di lui scritte tutte in italiano e concluse con «amore mio» oppure con segnali in codice, a seconda delle esigenze di segretezza: «Teresa era pur sempre una ragazza sposata...». Oggetti a parte, nel coinvolgimento di chi entra a Palazzo Guiccioli gioca un ruolo decisivo l’ausilio digitale: aprendo uno scrigno si accede alle lettere custodite nel famoso cestino (esposto anche in originale), poi un busto del poeta si accende e descrive il suo primo incontro con la contessina ravennate a Venezia, una scena filmata nel salotto di Casa Benzoni, dove i due si conobbero, e riproposta in una stanza del museo per dare la sensazione al visitatore di immergersi fisicamente nella situazione. «Il nostro sforzo – aggiunge il curatore – è fare conoscere Byron nella sua totalità, riportandolo come poeta, ma anche con la sua insolenza, l’atteggiamento a volte aggressivo verso la società inglese del tempo, il modo in cui viveva la sua omosessualità e lo scandalo dell’incesto con la sorella. È il poeta che racconta sé stesso anche nei fatti più scabrosi».Messo all’indice in patria per la sua immoralità prima di partire per il suo esilio volontario e il grand tour che lo avrebbe portato anche in Italia, destinato a morire in Grecia di lì a poco come combattente per l’indipendenza, il poeta divenne l’archetipo del ribelle romantico. Il museo di Ravenna documenta le sue controverse vicende sentimentali con un video dedicato alla sua componente omosessuale, con i brani di lettere ad amici sull’argomento e con la poesia dedicata al corista di Cambridge di cui si innamorò, intitolata a Thirza. «È un Ottocento rivisitato sul piano della contemporaneità – commenta Domini -, un museo narrante e rivolto a un pubblico eterogeneo. Sul piano museografico dobbiamo accogliere i cambiamenti».Andando per ordine, la prima sala ospita le edizioni originali dei libri, dopodiché sta al visitatore scegliere all’interno del racconto audiovisivo la tappa del grand tour byroniano: come la villa sul Lago di Ginevra dove vide la luce, in una notte di racconti allucinati, il Frankenstein di Mary Shelley. Seguono la sala veneziana (quella dell’incontro fra il lord e la contessina), quella di Ravenna con i ricordi conservati da Teresa, compreso un frammento della pelle del poeta raccolto... Nella quarta sala rivive la creazione del Don Juan, nella quinta si dà spazio alla “byronmania” con ritratti, gioielli e piatti che presentano il letterato come l’oggetto di culto che è stato. Nella parte riservata al Byron politico, l’ottavo ambiente del museo ospita una testimonianza emozionante che salda le sue passioni principali: è l’ultima lettera a Teresa, il 17 marzo 1824 da Missolungi in Grecia, dove morirà di lì a qualche settimana, dopo che si era votato alla causa dell’indipendenza.