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 2024  dicembre 19 Giovedì calendario

A Pompei meno inaugurazioni e più manutenzione

Quando l’archeologo scava trova di norma secolari rovine: nessun soffitto, muri bassi del piano terreno privi di decorazioni e pavimenti di vario genere. Quando l’archeologo scava a Pompei trova le rovine del piano superiore e il piano inferiore intatto – protetto dai lapilli – in una «istantanea» del 24 agosto del 79 d.C. (una data da confermare).
Dal 1748 a oggi sono stati scavati 13 mila ambienti al piano terra, che occupano 45 ettari, solo 800 dei quali – il 5 per cento – sono protetti da coperture e quindi con l’istantanea preservata. Ne consegue che in 12.200 ambienti l’istantanea gradualmente è andata perdendosi per le intemperie: immane rovina! È questo il più grave delitto archeologico che si conosca e per lo più ignorato! Restano per fortuna i 21 ettari non scavati: un tratto intatto di campagna di suprema bellezza, un Eden da preservare nella sua intatta selvaticità, popolata da grandi uccelli, con ai margini la città scavata: il più bel parco del mondo!
Sono tornato a Pompei dopo tanti anni e altrettante delusioni: mi erano giunte notizie promettenti e avevo incontrato il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel, che cortesemente mi ha ricevuto nell’auditorium dove ha esposto la sua visione riguardo alla «manutenzione programmata» della città davanti alle persone che lavorano nel sito. A tutti ho rivolto un plauso e un incoraggiamento.
Durante il «Grande progetto Pompei» (105 milioni di euro negli anni 2014-2020) era stato realizzato un nuovo rilievo con «ortofoto» di pavimenti e pareti – il cosiddetto «Piano della conoscenza» —, ma la piattaforma digitale in cui i dati erano stati versati era talmente pesante e macchinosa che è rimasta inutilizzata; quando poi nel 2018 il progetto si è concluso non è stato più aggiornato. «Così nessuno sapeva cosa stava succedendo nei 13 mila ambienti della città» ha detto il direttore. Nel 2015 era stato avviato anche un «Progetto di manutenzione programmata»: un esperimento che ha riguardato tra i 30 e gli 80 edifici, ma le abitazioni di Pompei sono più di mille!
Nel 2023 Zuchtriegel finalmente ha messo in campo un progetto sistematico di monitoraggio, un modello di gestione sostenibile che ha chiamato «Operazione verità». Bisognava conoscere lo stato reale delle cose in tutti i 13 mila ambienti, non già in un momento determinato ma costantemente, grazie a ricognizioni periodiche e sistematiche. A questo scopo il Parco ha sviluppato, con l’Università di Salerno e con la società Visivalab, una web App interattiva – non un contenitore —, atta a raccogliere stati di conservazione, gradi di urgenza e stime preliminari di entità e costi delle criticità. La web App, scaricabile su tablet e cellulare, è stata concepita per essere consultabile da funzionari, custodi e collaboratori che in tempo reale possono incrementare e modificare le segnalazioni e valutazioni precedenti, tenendo il monitoraggio sempre aggiornato.
I degradi di Pompei – infiltrazioni d’acqua, sgretolamenti di malta, micro-cedimenti di murature, vegetazioni su creste murarie e pavimenti, gonfiamenti di intonaci e mosaici – sono troppo complessi e diffusi per essere risolti sia dai manutentori di Ales (società in-house del ministero della Cultura), sia dai grandi progetti di restauro (sui quali finora ci si è concentrati). Così il direttore ha previsto lavori «in accordo quadro» con società specializzate nel restauro archeologico per una certa quantità nei vari tipi di intervento – sopra ricordati —, senza dover stabilire a monte dove si interverrà, in modo da rispettare le urgenze aggiornate dal monitoraggio.
È questo un procedimento rivelatosi ideale per affrontare una manutenzione programmata, già sperimentato con promettenti risultati nel ’23-’24 riguardo a un contratto di 1 milione e 300 mila euro; poi il ministero ha stanziato 12 milioni di euro per i prossimi tre anni. Finiremo così per conoscere con esattezza quanto occorre investire ogni anno per conservare Pompei, cifra che al momento è ignota. Avendo varato il progetto di manutenzione programmata di Pompei nel 2011 come presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, grazie all’alta competenza di Roberto Cecchi, non mi resta ora che gioire, sperando che il pragmatico modello possa ispirare altri parchi archeologici del Paese, come quello da me molto amato di Ostia.
Appreso ciò all’auditorium, ho visitato gli scavi, da tempo aperti nel sito e da portare a termine con le lacrime agli occhi: tutto intatto, perfino i disegnetti dei bambini sulle pareti di casa: schematici omini, il calco di una mano… «Devono essere gli ultimi» ha affermato perentorio il direttore. Non vi è nulla di più tentante che scavare a Pompei, perché senza accorgersene si attraversano quasi duemila anni, come se il tempo non esistesse, ma la buona educazione non si piega alla seduzione. Ci voleva un virtuoso studioso d’Oltralpe – interessato al tutto contestuale come architetture, arredi e giardini e non solo alle bellurie della Kunstarchaeologie – per fare un’affermazione così saggia. Manutenzioni quindi, non inaugurazioni (per dar lustro ai ministri).
Zuchtriegel si sta anche occupando di risarcire le perdite dovute ai 276 anni di irresponsabili scavi tramite lo studio e la pubblicazione delle regioni di Pompei: tutte inedite! Così, tramite la vasta documentazione e il plastico del Museo di Napoli, si potranno ridecorare conoscitivamente gli oltre 12 mila ambienti finiti in rovina e si potranno graficamente ricostruire i secondi piani perduti, così restituendo al mondo un quartiere integralmente capito nei principali periodi dell’abitato. Il direttore ha affidato a Maria Teresa D’Alessio dell’Università di Roma La Sapienza lo studio e la pubblicazione della regione VII: quella del Foro. Altre potranno seguire avvalendosi di questo primo esperimento. Inoltre il direttore sta ricollegando Pompei al suo agro, dove invece alcuni scavi possono rendersi necessari.
Insomma, Pompei non è più feticcio «pompeianistico» di un tempo: si è aperta decisamente alla contemporaneità archeologica europea più avanzata, come già è avvenuto per il Palatino e il Foro a Roma grazie alla perspicacia e pervicacia del direttore Alfonsina Russo. Ma questo è un altro discorso, altrettanto felice.