la Repubblica, 17 dicembre 2024
La vita in corsi a di Alberto Moretti, un infermiere
Un lavoro pesante, anche se finalmente stabile dopo anni di precariato, una famiglia da mandare avanti con due stipendi non certo alti. Alberto Moretti ha 37 anni ed è un infermiere della rianimazione dell’Umberto I di Roma. Sua moglie è una collega, impiegata nel reparto di oncologia dello stesso ospedale. «Con i bambini così piccoli, dobbiamo alternarci con i turni. Non siamo praticamente mai a casa contemporaneamente. Ci passiamo le consegne tramite bigliettini e messaggi. Ma non basterebbe se i nonni non ci dessero una mano», racconta Alberto, iscritto alla Cgil, che ieri era di turno in ospedale.
Nelle bozze della manovra sono previsti un paio di interventi per alzare lo stipendio degli infermieri. «Sì – commenta il professionista sanitario – ma si tratta di pochi spiccioli, non bastano di certo». Lui guadagna abbastanza bene, rispetto ad altri colleghi. «Arrivo a 1,700-1.800 euro al mese per 144 ore, cioè 36 alla settimana. Nei reparti come il nostro gli stipendi sono un po’ migliori perché abbiamo indennità notturne, festive e di area critica. Altrove ci si ferma a 1.600 euro. E poi sono stato fortunato perché mi hanno assunto». Fino al 2019, infatti, lavorava per una cooperativa sociale. Contratti precari, diffusissimi nella sanità del Lazio in piano di rientro, dove per molto tempo c’è stato il blocco del turn over e il sistema si è retto sui lavoratori esterni. «Sono stati sette anni di schiavitù, prendevo 1.100 euro al mese».
Uno degli interventi prospettatidal governo in questi giorni è quello sugli straordinari. L’idea sarebbe di detassarli, facendo passare l’aliquota dal 15 al 5%. «Sono pochi soldi – racconta ancora l’infermiere romano – Un’ora di straordinario ce la pagano 18-20 euro, con l’abbassamento delle tasse previsto significano 1,8-2 euro in più. Il punto è che ci vogliono dare un piccolissimo aumento ma legato a un incremento di impegno per un lavoro già pesante. Se è così, preferisco prendere qualche decina di euro in meno ma passare più tempo di qualità con la mia famiglia». E infatti Alberto non fa tante ore extra, al contrario di colleghi che, racconta, arrivano anche a 250 in più all’anno. «Per me sarebbe troppo pesante a livello di organizzazione familiare. Preferisco stare a casa». Agli infermieri capita raramente, come succede invece ad altri professionisti, di fare una o due ore di straordinario prima di tornare a casa. È comune, invece, che ci si trovi a coprire interi turni, finendo magari per lavorare dalle 13 di un giorno alle 7 di quello dopo. «Dovrebbero pagarci di più per quelloche già facciamo, non per gli straordinari. Cercano di salvare così i problemi legati alle mancate assunzioni ma non possono continuare a spremere il personale che è già al lavoro», riflette Alberto. La manovra prevede anche un intervento sulla quota fissa dello stipendio, l’indennità di specificità, che verrebbe aumentata. Anche in questo caso, spiega l’infermiere, «si tratta di spiccioli, di pochi euro che non servono a nulla. La loro politica si comprende da quello che vogliono fare con il rinnovo del contratto, che prevederebbe un aumento ben inferiore all’inflazione».
A rendere più amara la situazione c’è quello che è accaduto pochi anni fa. «Pensare che durante il Covid dicevano che eravamo eroi, che avrebbero riconosciuto il nostro impegno. Ma passata la pandemia la professione è peggiorata. Sono tornate le aggressioni ed è sparita la considerazione da parte della popolazione e soprattutto del governo». Considerazione: anche questo è un punto dolente per chi svolge un lavoro duro, che fa incontrare ogni giorno la sofferenza dei malati. «Sì – si congeda Alberto – pesa anche il mancato riconoscimento sociale ed economico di quello che facciamo. Ci dicono che la nostra è una missione, ma quando vado nei negozi non è che mi fanno lo sconto. Il mio lavoro sarà anche una missione, ma comunque quando torno a casa devo comprare da mangiare per la mia famiglia come tutti gli altri. E la spesa si paga».