Linkiesta, 17 dicembre 2024
Sul caffè vietnamita
Se vi è capitato di visitare Hanoi, se ne avete sentito parlare o se avete in programma di andare in Vietnam a breve, sarete certamente incappati nelle tante leggende, storie e dicerie sul caffè. In un momento storico in cui anche in Italia l’attenzione per questa bevanda sta portando a un livello successivo l’esperienza di consumo, è inevitabile essere sensibili al tema. Non a caso, infatti, il Vietnam è attualmente il secondo più grande esportatore di caffè al mondo, dietro solo al Brasile. Questo prodotto, secondo solo dopo il riso, viene per il novanta per cento esportato, svolgendo così un ruolo determinante per l’economia del Paese.
Leggendo i dati forniti dal General Department of Customs del Vietnam (GSO) ovvero il Dipartimento Nazionale delle Dogane, le esportazioni di caffè hanno superato i tre miliardi di dollari nei soli primi sei mesi del 2024. Nonostante un calo progressivo in volumi rispetto al 2023, il prezzo medio di esportazione ha raggiunto i 4,275 dollari per tonnellata (dati di maggio 2024) con un aumento del 66 per cento rispetto all’anno precedente. Quali sono le cause?
Secondo il Ministero dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale, attualmente le scorte di caffè sul mercato nazionale sono molto scarse, tanto che è prevista una diminuzione complessiva del raccolto delle prossime annate, per via del caldo prolungato e dell’eccessiva siccità sugli altipiani centrali.
È qui infatti che si concentrano le aree di produzione. Mentre la coltivazione di caffè Robusta avviene principalmente nelle province dell’altopiano centrale di Dak Lak, Dong Nay, Lam Dong e Gialai Kontum, quella di Arabica ha invece trovato condizioni geografiche e climatiche migliori nelle regioni settentrionali di Lanson, Coaban, Hoabinh, Sonla, Laichan, Nghean e Quangtri. Nonostante si trovi caffè a qualsiasi angolo delle strade, in chicchi e macinato, e la gente sia abituata a farne uso in ogni momento della giornata, questa pianta non è autoctona di queste latitudini e anzi, ne è diventata tardi una protagonista.
Sembra infatti che il caffè sia arrivato in Vietnam a seguito dell’invasione francese di metà Ottocento, voluta da Napoleone III e lanciata, di fatto, nel 1858. Furono i coloni a implementarne la coltivazione e a farne una produzione massiva e di spicco. A seguito della liberazione – avvenuta dopo quasi un secolo – a parte il pane e l’arte di confezionare paté di fegatini iper cremosi, il caffè è senza ombra di dubbio il patrimonio più grande ereditato dagli europei. La cultura sviluppatasi intorno al suo consumo è diventata oltremodo popolare anche nei confronti delle migliaia di visitatori che ogni anno atterrano sul suolo vietnamita.
Ne abbiamo parlato con Luciano Bramante, co-fownder di Nowhere Coffee Roasters a Milano nonché assaggiatore seriale: «Nonostante uno storytelling ricco di elementi, e un appiglio storico concreto, la qualità del caffè vietnamita non è qualcosa su cui vi conviene investire. La prevalenza di Robusta lo rende un liquido amaro, inteso, a volte terroso oltre che privo di sfumature e complessità aromatiche. La sua produzione è ahimè guidata dalle esigenze di consumo ed esportazione (alla quale vengono spesso destinati i raccolti migliori), oltre che da una richiesta di quantitativi ingenti e lavorazioni industriali per miscele solubili e affini». Per ogni negozio di oggettistica su strada, si incontrano almeno una caffetteria e un negozio che vende caffè in grani o macinato.
Forse avrete sentito parlare del Civet coffee, ovvero il caffè mangiato e defecato dagli zibetti. Si tratta di uno dei prodotti più altamente prezzati nella categoria e, udite udite, non è affatto un buon caffè! «Prendiamo questa occasione per imparare una cosa nuova: tutti i caffè che derivano dall’intestino di un animale (o di qualsiasi altro essere vivente) sono (possiamo dirlo?) una porcheria. Sono una trovata di marketing e non hanno alcun iter che ne determini la qualità. Senza contare lo sfruttamento di questi poveri animali» sostiene Luciano.
Al di là dei classici espressi e americano, qui sono più che altro le varianti dolcificate a riscuotere maggiore successo. Primo tra tutti, il cà phe sua, tradotto come caffè latte o marrone per il suo evidente color nocciola, realizzato con ghiaccio e latte condensato. Al secondo posto il coconut coffee, ovvero cà phe cot dua preparato con latte di cocco, latte condensato e servito freddo o caldo. Specialità assoluta di Hanoi, per la quale vedrete i tanti indirizzi contendersi il primato per la ricetta migliore, l’egg coffee o cà phe trung. Avete capito bene, il tuorlo d’uovo viene montato insieme al latte condensato per creare una miscela densa, estremamente spumosa e ricchissima in sapore (oltre che in calorie!). Una sorta di bombardino che non ce l’ha fatta, senza kick alcolico e che si tiene stretta una dolcezza compensativa cui pochi sanno resistere.
Infatti, questa combinazione è tra le più richieste anche da tanti turisti, affascinati dai racconti e delle pubblicità di questo soffice caffè. «Una tendenza che in qualche modo sembra avere presa sui consumatori seguendo una logica di mercato e un modello stile Starbucks» ha aggiunto Bramante. «Il colosso americano, infatti, ha puntato sin da subito sul ventaglio variegato di bevande a base caffè, dove più che sulla tipologia di materia prima si fa leva sul carattere piacione e comfort della maggior parte delle ricette».
In effetti, nonostante negli ultimi anni la multinazionale abbia iniziato ad abbracciare temi quali origine, provenienza e modalità di produzione, è indubbio che il motore verso il marchio resti altro. A contendersi la partita sono prevalentemente spume, panne montante, sapori pop, edizioni limitate, speziature e colori instagrammabili, che facilitano l’avvicinamento a pubblici sempre più vasti anche se sempre più distanti (e forse disinteressati) dal vivere il caffè come esperienza sensoriale pura.
Tutto questo per non farvi demordere comunque dall’identificare in suolo vietnamita la vostra variante preferita, ghiacciata o calda, con caffè, mettendo la giusta dose di attenzione e consapevolezza sul fenomeno. Occhio al lasciarvi persuadere dall’acquistare blend improbabili a prezzi per turisti!
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