Corriere della Sera, 15 dicembre 2024
Intervista a Edoardo Vianello
«La colonna sonora sonora di Atreju?». Non perde un secondo e attacca: «Nel continente nero, paraponziponzipò… Alle falde del Kilimangiaro, ci sta un popolo di… Arrivederci». È tarda sera quando ironico e trascinatore da par suo, Edoardo Vianello, 86 anni, 65 milioni di dischi venduti, incassa la standing ovation del Circo Massimo.
Per lei il premio Atreju arriva dalla destra.
«Sono stato sempre di destra e sono contento che la mia parte politica riconosca il mio talento».
Cosa pensa di Giorgia Meloni?
«Una donna attiva e volitiva, ostacolata in tutti i modi ma gliela farà a imporsi».
A una premier donna aveva mai pensato?
«Sì, credevo che l’avrebbe proposta la sinistra. Ma che ci riuscisse la destra… Beh, un gran colpo».
Se Meloni fosse una canzone?
«Vorrei aver scritto io Sei diventata nera... Io mi fermerei ad Abbronzatissima».
Anche la sua famiglia era di destra?
«Mio padre, Alberto, era fascista. Ogni tanto guardo le sue foto in camicia nera, è stato un grande poeta futurista, pubblicato da Marinetti. Dopo la sua morte abbiamo scoperto le sue opere. Ero in classifica con Guarda come dondolo e ancora mi rimproverava: “Ma che strada hai preso? Ma pensa a lavorare”».
Mio padre Alberto era fascista, io no, sono un liberale
Ma chiedere a qualcuno di definirsi antifascista
è un tentativo di demoniz- zazione
Anche lei pensa che il mondo dello spettacolo sia schierato a sinistra?
«Una buona parte, ma per convenienza. Ora, prudenti, fanno vedere che sono simpatizzanti di destra perché le cose cambiano. Io non ho mai avuto ostacoli ma neanche favori per le mie idee».
Chi ha votato in vita sua?
«Sempre Berlusconi. Mi piacevano De Gasperi, Malagodi ma anche Berlinguer. Apprezzavo l’ironia e il sarcasmo di Andreotti. Almirante era un abile oratore ma troppo di destra per me. Io non sono fascista, sono un liberale, ma chiedere a qualcuno di definirsi antifascista è un tentativo di demonizzazione. Conta il comportamento. Una volta gli si diceva “testa di…” ora gli si urla “fascista”».
L’esegesi de «I Watussi»?
«Nascono dal film Le miniere di re Salomone, dove per la prima volta si sono visti questi spilungoni».
Ma la parola «n…»?
«Non si tocca. Anche nei film accade ma non si può cambiare. Dirlo gratuitamente non è corretto ma in una canzone che è nata così, così deve rimanere. Che facciamo, cancelliamo il Colosseo perché ammazzavano i cristiani? Sarebbe inconcepibile».
Anche a sinistra cantano i suoi tormentoni.
«Ho fatto un’infinità di feste dell’Unità. Il mio messaggio non è mai politico, mai usato le canzoni al di fuori del divertimento. Le idee politiche sono personali e mai le ho inserite in repertorio».