Corriere della Sera, 17 dicembre 2024
Starsene a casa propria
pro a caso il nuovo libro di Franco Marcoaldi, I cani sciolti (Einaudi), e leggo la frase con cui il filosofo russo Aleksandr Herzen rispose a chi gli chiedeva se fosse meglio Luigi Bonaparte o il generale Cavaignac: «Sono peggio tutti e due». Un buon suggerimento, aggiunge Marcoaldi, se qualcuno chiedesse di schierarsi dalla parte di Hamas o del governo Netanyahu. Il libro di Marcoaldi, un elogio della solitudine solidale, vigile, attiva, un memoriale intellettuale inevitabilmente innervato di autobiografia (con la bella figura paterna), sta dalla parte di chi non sta da nessuna parte per partito preso. Di chi si chiama fuori e fa un passo indietro: «Di chi non riconosce più un legame forte con i valori predominanti della società in cui vive; con quella spettacolarizzazione del nulla, quella smaniosa inerzia, quella sfibrata fatuità da danza macabra...». Nulla a che vedere, credo, con lo snobismo elitario, con l’apotismo prezzoliniano o con l’astensionismo trionfante, anzi. Fare un passo indietro può essere un ottimo punto di (ri)partenza; sempre meglio che farne uno avanti e trovarsi intruppati tra tutti quelli che fanno un passo avanti per smania di arrivare primi. Per Virginia Woolf è la figura dell’outsider la più matura e plausibile. Lo spirito migliore «non fa banda», diceva Parise pensando al suo cane, ma va piuttosto alla ricerca di altri outsider. Così Camus, come il suo amico Chiaromonte, si avvicina a Simone Weil, e la solitaria Woolf incontra il solitario protoambientalista Thoreau, ammirandone l’«autentico talento nel restarsene a casa». Ecco la comunità dei solitari solidali, necessariamente forniti di umorismo. È l’umorismo a tener lontano il fanatismo, ha scritto un altro outsider, Amos Oz, in una lezione del 2002 Contro il fanatismo. Dove si legge: «Nel conflitto tra ebrei e arabi palestinesi non ci sono “buoni” e “cattivi” (…). Non è una lotta tra bene e male, la considero piuttosto una tragedia antica (…): lo scontro tra un diritto e un altro, fra una rivendicazione profonda, pregnante, convincente, e un’altra assai diversa ma non meno convincente, pregnante, non meno umana». L’outsider può dunque stare con gli uni e con gli altri; ma è più difficile, perché stare con gli uni e con gli altri significa cercare il punto di mediazione e magari «combattere per la pace».