Il Messaggero, 14 dicembre 2024
Carlo Verdone fotografo di tramonti
Attore, regista di film e serie tv, sceneggiatore, musicofilo, scrittore. Carlo Verdone è sempre stato un artista poliedrico, ma ora i romani lo conosceranno in una veste ulteriore: quella di fotografo. L’attore inaugurererà oggi alle 15.30 nello spazio AuditoriumArte all’Auditorium Parco della Musica – Ennio Morricone la mostra Il colore del silenzio da lui firmata. In programma fino al 2 marzo, realizzata in collaborazione con la Fondazione Elisabetta Sgarbi e la Milanesiana, l’esposizione è approdata nella capitale in seguito alla proposta scaturita dal convegno del Messaggero di giugno scorso in Campidoglio. La mostra è composta da 50 immagini del cielo ripreso in diverse stagioni dell’anno e momenti diversi della giornata con un effetto ogni volta sorprendente che richiama la pittura astratta: nuvole accese di rosso dal sole calante, o livide dopo un temporale, distese azzurre striate di bianco, albe, tramonti. C’è molta poesia negli scatti di Carlo che si è lasciato ispirare da maestri come Tiepolo, Monet, Turner, Constable e dalla musica di Brian Eno, Philip Glass, David Sylvian, Robert Fripp. «Siamo orgogliosi di ospitare la mostra che rappresenta per noi e per Roma un regalo, un viaggio intimo e sorprendente nell’universo creativo di Verdone», spiega Raffaele Ranucci, ad dell’Auditorium, «la nostra missione è celebrare e promuovere la cultura in tutte le sue forme. Il colore del silenzio è un esempio perfetto di come l’arte possa creare connessioni profonde, stimolare la curiosità e, al tempo stesso, valorizzare il talento straordinario di un artista come Carlo».Quando ha cominciato, Verdone, a fotografare il cielo?«Nel 1998, ma non avevo mai mostrato a nessuno i miei scatti. Era un hobby di cui quasi mi vergognavo...Ne parlai in un’intervista e mi chiamò subito Elisabetta Sgarbi, chiedendomi di vedere qualche foto. Un po’ riluttante, gliene mandai una decina e lei, entusiasta anche dopo aver avuto il parere di illustri critici, decise di organizzare la mostra che dopo Napoli, Ascoli Piceno e Torino finalmente approda a Roma nella magnifica cornice dell’Auditorium».Perché ha scelto di riprendere il cielo?«Guardare in alto rappresenta la mia preghiera senza parole. È il mio momento mistico, l’unico che mi permette di estraniarmi da una vita sempre affolata di persone, incontri e parole per ritrovare il contatto con il silenzio e con me stesso. Quando fotografo, spesso spingendomi in campagna nella mia amata Sabina o cercando i cieli di Roma dal terrazzo del mio attico al Gianicolo, non voglio accanto nessuno. È un rito solo mio».Che cosa intende?«Io e il cielo, un albero, una lontana montagna, una vallata. All’alba o al tramonto, prima o dopo una tempesta. Io e la natura nel corso delle stagioni, dove tutto è immobile. Senza alcuna traccia di umanità. Nelle mie foto una persona c’è, un uomo in contemplazione del mare in tempesta su un pontile di Ostia. Ma mi sono accorto della sua presenza, appena un puntino, solo dopo aver stampato l’immagine».Usa il cellulare o la macchina fotografica?«Sebbene gli smartphone garantiscano scatti sempre più perfetti, certe immagini puoi catturarle solo con la fotocamera. E io, armato delle mie tre macchine, amo andare a caccia dell’attimo fuggente che, in appena una manciata di secondi, mi permette di catturare la rappresentazione migliore del “soffitto divino” prima che la luce cambi».Quali momenti dell’anno preferisce?«L’autunno, l’inverno e la primavera perché il cielo offre una grande varietà di colori. La svolta avvenne quando, da ragazzo, sfogliai un libro di mio padre Mario e scoprii un dipinto del pittore futurista Luigi Russolo, intitolato Lampi. D’estate non fotografo perché ci sono pochi contrasti».Che obiettivi usa?«Ho cominciato con quelli che assicurano l’immagine più larga possibile: 24 millimetri, 42, 44...Ma negli ultimi tempi ho preso ad andare sempre più del dettaglio. Mi sto specializzando nel riprendere da vicino degli oggetti di metallo che, a seconda della luce, offrono bellissimi effetti astratti. Intendo continuare su questa strada».La fotografia rischia di distoglierla dal suo lavoro di attore e regista?«No di certo. Sono in piena lavorazione della quarta stagione della serie Vita da Carlo per Paramount+. Sarà l’ultima: subito dopo conto di tornare al cinema».